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Furto energia elettrica: quando è procedibile d’ufficio

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che aveva dichiarato l’improcedibilità per mancanza di querela in un caso di furto energia elettrica. La Suprema Corte ha stabilito che l’allaccio abusivo alla rete pubblica integra l’aggravante del furto su cose destinate a pubblico servizio, rendendo il reato procedibile d’ufficio, anche se la contestazione non è formalmente perfetta ma descrive chiaramente la condotta.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto energia elettrica: la Cassazione conferma la procedibilità d’ufficio

Il furto di energia elettrica tramite allaccio abusivo alla rete pubblica è un reato che lede non solo il patrimonio della società erogatrice, ma anche un servizio essenziale per la collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: questo tipo di reato è procedibile d’ufficio, non essendo necessaria la querela della persona offesa. La decisione chiarisce come l’aggravante del furto su cose destinate a pubblico servizio sia determinante per l’azione penale.

I fatti di causa

Il caso ha origine da una decisione del Tribunale di Avezzano, che aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti di un imputato per il reato di furto aggravato di energia elettrica. La motivazione del Tribunale si basava sulla mancanza di una querela da parte della società fornitrice del servizio. Secondo il giudice di primo grado, in assenza di tale atto, l’azione penale non poteva essere proseguita.

Contro questa sentenza, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto. L’accusa, infatti, era fondata sulla presenza di un’aggravante specifica: quella di aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio, come previsto dall’articolo 625, comma 1, n. 7 del codice penale. Tale circostanza, secondo il ricorrente, rende il reato procedibile d’ufficio, superando la necessità della querela.

La contestazione dell’aggravante nel furto di energia elettrica

Il fulcro della questione legale ruota attorno alla corretta interpretazione e contestazione dell’aggravante. La difesa dell’imputato aveva sollevato un’eccezione procedurale sull’ammissibilità del ricorso, ma la Corte l’ha respinta, entrando nel merito della questione principale.

Il Procuratore Generale ha argomentato che l’editto accusatorio, pur non essendo formalmente perfetto, descriveva in modo inequivocabile la condotta illecita: un allaccio fraudolento e diretto alla rete di distribuzione pubblica. L’accusa specificava che il furto era avvenuto “sulla rete pubblica di energia”, un’espressione che, secondo la Procura, era sufficiente a contestare implicitamente ma chiaramente la destinazione a pubblico servizio del bene sottratto (l’energia) e dell’infrastruttura manomessa (la rete).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, annullando la sentenza del Tribunale e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Innanzitutto, la Corte ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 624, comma 3, del codice penale (come modificato dalla Riforma Cartabia), il delitto di furto è procedibile d’ufficio quando ricorre l’aggravante di cui all’articolo 625, n. 7, ovvero quando il fatto è commesso su cose destinate a pubblico servizio.

In secondo luogo, la Cassazione ha precisato che l’aggravante in questione è “idoneamente contestata” anche quando l’atto di accusa utilizza perifrasi o descrizioni fattuali che rendono manifesta, per l’imputato, la natura del bene sottratto. Nel caso di specie, la descrizione dell’allaccio diretto alla “rete di distribuzione dell’Energia Elettrica” e il riferimento all’aver commesso il fatto “sulla rete pubblica di energia” sono stati ritenuti sufficienti a rendere palese all’imputato l’accusa di aver sottratto un bene destinato a un interesse dell’intera collettività. Questo tipo di contestazione, seppur non formale, è indicativa della finalità del bene e permette all’imputato di difendersi adeguatamente.

Conclusioni

La sentenza rafforza un principio di tutela collettiva: l’energia elettrica distribuita attraverso la rete pubblica è un bene destinato a un servizio pubblico essenziale. Di conseguenza, il suo furto non è un semplice danno patrimoniale a un’azienda, ma un’offesa a un interesse della comunità. Per questa ragione, lo Stato può e deve perseguire il reato autonomamente, senza attendere l’iniziativa della società erogatrice. La decisione sottolinea inoltre che, ai fini della validità dell’accusa, la sostanza prevale sulla forma: una descrizione chiara dei fatti che evidenzi la natura pubblica del servizio è sufficiente a integrare e contestare l’aggravante che rende il furto di energia elettrica procedibile d’ufficio.

Il furto di energia elettrica richiede sempre la querela per essere perseguito?
No. Se il furto avviene tramite allaccio abusivo alla rete di distribuzione pubblica, si configura l’aggravante delle cose destinate a pubblico servizio. In questo caso, il reato è procedibile d’ufficio e non è necessaria la querela della società elettrica.

Cosa rende il furto di energia elettrica un reato procedibile d’ufficio?
Lo rende procedibile d’ufficio la presenza dell’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, del codice penale, ovvero l’aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio. La rete elettrica pubblica e l’energia che vi transita sono considerate tali.

Come deve essere descritta l’aggravante nell’atto di accusa?
Secondo la Corte, non è necessaria una menzione formale e pedissequa dell’articolo di legge. È sufficiente che la descrizione dei fatti nell’atto di accusa, ad esempio menzionando un “allaccio fraudolento alla rete di distribuzione” o alla “rete pubblica di energia”, renda in modo univoco e chiaro all’imputato che l’accusa riguarda la sottrazione di un bene destinato a un servizio pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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