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Furto e possesso: chi può sporgere querela?

Un individuo, condannato per furto aggravato, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la vittima non fosse la legittima proprietaria del bene e quindi non potesse sporgere querela. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale in materia di furto e possesso: il bene giuridico tutelato è anche la relazione di fatto con la cosa. Di conseguenza, chiunque abbia il possesso di un bene, anche se illegittimo, è considerato persona offesa e ha il diritto di presentare querela. Gli altri motivi di ricorso, miranti a una nuova valutazione dei fatti, sono stati respinti.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto e Possesso: La Cassazione Stabilisce Chi Può Denunciare

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di reati contro il patrimonio, chiarendo la relazione tra furto e possesso. La Suprema Corte ha stabilito che per sporgere querela per il reato di furto non è necessario essere il proprietario del bene sottratto, ma è sufficiente averne il possesso, inteso come una relazione di fatto con la cosa. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire la più ampia tutela possibile contro le aggressioni patrimoniali.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato in primo e secondo grado per i reati di furto aggravato, minaccia aggravata e lesioni. La Corte di Appello di Genova aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo l’imputato responsabile delle condotte ascrittegli. L’imputato ha quindi deciso di appellarsi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità sulla decisione dei giudici di merito.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su cinque motivi principali. Il più rilevante, dal punto di vista giuridico, riguardava la presunta violazione di legge in merito alla legittimazione della persona offesa a proporre querela. Secondo la difesa, la persona che aveva subito il furto non era la legittima proprietaria dei beni e, pertanto, non avrebbe avuto il diritto di attivare il procedimento penale.

Altri motivi includevano:
* La presunta mancanza assoluta di motivazione riguardo all’individuazione dell’autore del reato e all’intento criminoso.
* L’erronea applicazione della legge penale nella qualificazione del fatto come furto.
* L’illogicità della motivazione nella valutazione delle prove dichiarative.
* La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, a una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende e al risarcimento delle spese legali sostenute dalla parte civile.

Le Motivazioni: Analisi del Principio sul Furto e Possesso

La parte centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Corte ha definito la tesi difensiva “manifestamente infondata”, poiché basata su un’interpretazione errata e in contrasto con la giurisprudenza consolidata. I giudici hanno chiarito che il bene giuridico protetto dal delitto di furto non è solo la proprietà o altri diritti reali, ma anche il possesso.

Questo possesso è inteso come una mera relazione di fatto con il bene, una disponibilità materiale che non necessita di un titolo giuridico formale per essere tutelata. La Corte ha specificato che questa tutela sussiste anche quando il possesso si è costituito in modo “clandestino o illecito”. Di conseguenza, anche il titolare di questa posizione di fatto assume la qualifica di persona offesa dal reato e, pertanto, è pienamente legittimato a proporre querela.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte li ha ritenuti inammissibili perché tendevano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti. I giudici hanno ricordato che la Corte di Cassazione opera come giudice di legittimità e non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, del giudice di merito. La ricostruzione dei fatti, l’individuazione del colpevole e la valutazione delle prove sono attività riservate esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado, a meno che la loro motivazione non presenti vizi logici o giuridici evidenti, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie.

Anche la censura sulla mancata concessione delle attenuanti è stata respinta, in quanto la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale aveva adeguatamente motivato la sua decisione facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali del nostro ordinamento. Primo, la tutela penale contro il furto è ampia e protegge non solo il diritto di proprietà, ma qualsiasi relazione di fatto qualificabile come possesso. Questo significa che chiunque si veda sottrarre un bene di cui ha la disponibilità materiale può denunciare il fatto, indipendentemente dalla titolarità formale del bene. Secondo, viene riaffermato il confine invalicabile tra il giudizio di merito e quello di legittimità: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione i fatti già accertati.

Chi può sporgere querela per il reato di furto?
Non solo il proprietario del bene, ma chiunque ne abbia il possesso, inteso come relazione di fatto con la cosa. La tutela si estende anche a chi possiede un bene in modo clandestino o illecito, poiché anch’egli assume la qualifica di persona offesa dal reato.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo compito non è quello di ricostruire i fatti o valutare nuovamente le prove, ma di verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria per le loro decisioni.

La concessione delle attenuanti generiche da parte del giudice è un obbligo?
No, la concessione delle circostanze attenuanti e la determinazione della pena rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato fornendo una motivazione adeguata che tenga conto dei criteri stabiliti dalla legge, come la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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