Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4545 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4545 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 28/05/1987
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale conclude per il rigetto del ricorso.
upito – il dife ore
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 aprile 2024, la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Piacenza che aveva ritenuto NOME COGNOME agente di polizia penitenziaria, colpevole dei delitti ascrittigli:
al capo A, di furto aggravato di una carta di credito, sottratta al collega NOME COGNOME che la deteneva nell’armadietto a lui assegnato all’interno della Casa circondariale di Foggia;
al capo B, di uso indebito della medesima effettuando due acquisti di mazzi di fiori per euro 107 e per euro 168 (dal prevenuto inviati alla madre ed alla fidanzata);
reati consumati tutti il 9 agosto 2014.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte osservava quanto segue.
Era infondato l’unico motivo di appello argomentato sulla pretesa derubricazione del furto contestato al capo A nell’ipotesi del furto d’uso (il prevenuto, dopo i due utilizzi ricordati aveva riposto la carta di credito nell’armadietto ove era custodita) posto che la stessa era stata privata di parte del valore economico spendibile nel periodo.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME articolando le proprie censure in tre motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione per la mancata derubricazione della condotta contestata ai sensi degli artt. 624, 625 n. 7 e 61 n. 11 cod. pen. nell’ipotesi gradata del furto d’uso punita ai sensi dell’art. 626 n. 1 cod. pen.
Nella condotta consumata dal prevenuto ricorrevano infatti tutti gli elementi dell’ipotesi gradata, posto che l’imputato aveva sottratto la carta di credito con l’intento di restituirla non appena ne avesse fatto uso.
Peraltro, a fronte di un suo utilizzo per la somma complessiva di euro 275, il ricorrente aveva rifuso al collega il ben maggiore importo di euro 4.600,00.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato contestato ai sensi dell’art. 55, comma 9, d.lgs. n. 231/2007, intervenuta in data anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed in particolare dell’art. 84 cod. pen., per il mancato assorbimento del reato di uso indebito della carta di credito in quello relativo al furto della stessa, che già conteneva tutti g elementi essenziali del reato indicato.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato una memoria in cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato è inammissibile.
Preliminarmente si ribadisce il mancato riconoscimento del legittimo impedimento del difensore di cui all’ordinanza pronunciata in giudizio, comunque non smentita dall’invio di un certificato, giunto dopo la chiusura dell’udienza, dal cui contenuto peraltro si evince la smentita dell’improvviso sorgere delle ragioni dell’impedimento posto che il familiare risultava essere stato ricoverato giorni prima.
Il primo motivo, speso sull’invocata diversa qualificazione della condotta nell’ipotesi del furto d’uso contemplata dall’art. 626, comma 1 n. 1 (se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita), cod. pen., è manifestamente infondato.
Dalla stessa lettera della legge si evince, infatti, che l’ipotesi del furto d’uso s configura solo quando si faccia un uso ordinario, e del tutto transitorio, del bene sottratto, senza intaccarne il valore, e si provveda poi alla sua spontanea restituzione.
Si è così affermato che:
in tema di furto d’uso, l’uso momentaneo che caratterizza la fattispecie tipica deve essere conforme alla natura e alla destinazione della cosa sottratta (Sez. 5, n. 42048 del 26/06/2017, COGNOME, Rv. 271425 – 01),
per la configurabilità del furto d’uso occorrono due elementi essenziali: il primo caratterizzato dal fine esclusivo di fare uso momentaneo della “res” sottratta; l’altro ha carattere oggettivo e concerne la restituzione che, dopo l’uso, deve essere effettuata. tale restituzione deve essere volontaria, e ciò deve presentarsi come libera attuazione dell’iniziale intenzione di restituire. tutte l cause, pertanto, che determinano una coazione alla restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto, e così pure tutte le cause, anche indipendenti
dalla volontà del colpevole, che impediscono la restituzione (Sez. 2, n. 9090 del 07/03/1989, dep. 1990, Nicosia, Rv. 184695 – 01);
il furto d’uso presuppone una restituzione spontanea della refurtiva dopo l’uso momentaneo, con la conseguenza che tutte le cause, anche indipendenti dalla volontà del colpevole, che determinano una coazione o impediscono la restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto (Sez. 5, n. 6431 del 29/12/2014, dep. 2015, Belprati, Rv. 262664 – 01).
1.1. Alla luce di tali considerazioni risulta pertanto evidente come il furto di un bene per essere considerato un mero furto d’ uso non può comportare una diminuzione del valore economico che il bene sottratto esso stesso costituisce o, come per le carte di credito (o le carte di prelievo, i bancomat), rappresenta (per la sua funzione di accesso al credito bancario o finanziario sottostante).
Così che, nel caso di specie, l’utilizzo del bene sottratto, la carta di credito, in due diverse occasioni, prima della sua restituzione, non consente di concludere che se ne fosse fatto un mero uso, privo di pregiudizi economici per la persona offesa, in ordine, in questo caso, al credito a cui la carta si riferisce, che aveva subito una diminuzione pari alle somme spese.
Il secondo motivo, sulla prescrizione del delitto di uso indebito della carta di credito, è manifestamente infondato, posto che nessuno dei motivi di appello (che era stato argomentato solo sulla contestazione della corretta qualificazione del furto della carta), era riferibile al capo B della rubrica (l’utilizzo, appunto, del carta), né era stata avanzata censura alcuna al complessivo (e quindi riguardante anche tale imputazione) trattamento sanzionatorio.
E si deve ricordare come, con la pronuncia COGNOME (n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017), le Sezioni unite avevano precisato come in una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi pertanto più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno di essi possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili (o, come nel caso di specie, assenti), con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata.
Se ne deduce, in assenza di motivi di appello riguardanti il capo B, l’irrilevanza del trascorrere del tempo successivo alla pronuncia di prime cure rispetto al termine di prescrizione di tale delitto.
Il terzo motivo, speso sull’assorbimento del delitto sub B nel delitto sub A, è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., perché non proposto con i motivi di appello.
E’ anche manifestamente infondato (oltre che contraddittorio rispetto alla invocata derubricazione del capo A in furto d’uso) essendo pacificamente distinte le condotte di sottrazione della carta di credito, reato istantaneo consumato al momento dello spossessamento, e quello di uso indebito della stessa, reato parimenti istantaneo, consumato nelle due distinte occasioni successive al furto del mezzo di pagamento.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma il 12 novembre 2024.