Furto di energia: l’aggravante si applica anche in proprietà privata
Il furto di energia elettrica tramite allaccio abusivo è una problematica diffusa che solleva importanti questioni legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla configurabilità della circostanza aggravante legata alla destinazione del bene a un pubblico servizio, anche quando la manomissione avviene all’interno di una proprietà privata. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici supremi.
I Fatti del Caso: L’Allaccio Abusivo e la Condanna
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto di energia elettrica, aggravato ai sensi dell’art. 625, nn. 2 e 7 del codice penale. In particolare, le aggravanti contestate erano la violenza sulle cose (la manomissione dei cavi) e il fatto che l’energia fosse destinata a un pubblico servizio.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva escluso un’altra aggravante (quella dell’art. 625, n. 7-bis) ma aveva confermato la condanna per il reato base e le altre due aggravanti, procedendo a una rideterminazione della pena. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza di secondo grado.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha basato il suo ricorso su quattro motivi principali:
1. Errata applicazione dell’aggravante: Sosteneva che l’aggravante del furto su cosa destinata a pubblico servizio (art. 625, n. 7 c.p.) non fosse applicabile, poiché l’allaccio abusivo era avvenuto su terminali collocati in una proprietà privata.
2. Violazione del principio di correlazione: Lamentava che la sentenza lo avesse condannato per un’aggravante non chiaramente contestata nel capo di imputazione.
3. Mancata concessione della sospensione condizionale: Contestava il vizio di motivazione per il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.
4. Mancata sostituzione della pena: Criticava la mancata sostituzione della pena detentiva con la misura della libertà controllata.
L’analisi della Corte sul furto di energia
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato in ogni suo punto, fornendo motivazioni precise e in linea con il suo orientamento consolidato.
Sul primo motivo, i giudici hanno ribadito che per configurare l’aggravante del furto di energia non rileva il luogo fisico dell’allaccio (pubblico o privato), ma la destinazione finale del bene sottratto. L’energia elettrica, anche quando transita in condutture private, rimane un bene destinato a un pubblico servizio. La sottrazione mediante allaccio abusivo distoglie questa energia dalla sua destinazione, integrando così pienamente l’aggravante prevista dalla legge.
Sul secondo motivo, la Corte ha semplicemente osservato che il capo di imputazione indicava espressamente che il fatto era aggravato perché commesso su “cosa destinata a pubblico servizio”, rendendo la doglianza manifestamente infondata.
Il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile. La giurisprudenza costante ritiene che, per negare la sospensione condizionale, sia sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento a elementi ostativi ritenuti decisivi (come precedenti penali o la gravità del fatto), cosa che era avvenuta nel caso di specie.
Infine, anche il quarto motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha chiarito che la “libertà controllata” non rientra nell’elenco tassativo delle pene sostitutive delle pene detentive brevi previsto dall’art. 20-bis del codice penale. Pertanto, la richiesta dell’imputato era in palese contrasto con il dato normativo.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda su principi giuridici consolidati. La ratio dell’aggravante ex art. 625, n. 7 c.p. è quella di tutelare beni e servizi essenziali per la collettività. L’energia elettrica rientra pienamente in questa categoria. Di conseguenza, qualsiasi azione che ne impedisca o ne alteri la fruizione pubblica, come un allaccio abusivo, merita una sanzione più severa, a prescindere dal fatto che l’azione materiale avvenga su suolo pubblico o all’interno di una proprietà privata. La Corte ha inoltre confermato la discrezionalità del giudice di merito nel valutare la concessione dei benefici di legge, purché la decisione sia sorretta da una motivazione congrua, anche se sintetica. Infine, ha sottolineato l’importanza del principio di legalità, escludendo l’applicazione di pene sostitutive non espressamente previste dalla legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un punto fermo nella giurisprudenza sul furto di energia: l’aggravante della destinazione a pubblico servizio è quasi sempre configurabile in caso di allaccio abusivo alla rete. La decisione serve da monito, chiarendo che la natura del bene sottratto prevale sulle modalità e sul luogo della sottrazione. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la difesa in casi simili difficilmente potrà fare leva sulla collocazione privata dei terminali manomessi. Per i cittadini, rafforza la consapevolezza che la manomissione della rete elettrica è un reato grave, le cui conseguenze penali non possono essere attenuate da tecnicismi relativi al luogo in cui avviene il fatto.
Perché il furto di energia è aggravato anche se l’allaccio abusivo avviene in una proprietà privata?
Perché, secondo la Cassazione, ciò che conta non è dove avviene materialmente l’allaccio, ma la destinazione del bene sottratto. L’energia elettrica è sempre considerata un bene destinato a un pubblico servizio, e l’allaccio abusivo la distoglie da tale finalità, integrando così la circostanza aggravante.
Si può essere condannati per un’aggravante se non è indicata nell’atto di accusa?
No, in base al principio di correlazione tra accusa e sentenza. Tuttavia, nel caso specifico, la Corte ha stabilito che l’aggravante era stata correttamente contestata, poiché l’atto di accusa menzionava espressamente che il furto era avvenuto su una “cosa destinata a pubblico servizio”.
È possibile sostituire una pena detentiva con la ‘libertà controllata’?
No. La Corte ha chiarito che la libertà controllata non è inclusa nell’elenco delle pene sostitutive previste dall’articolo 20-bis del codice penale, pertanto i giudici non possono disporre tale sostituzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13980 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13980 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a AGRIGENTO il 02/09/1964
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 7 bis cod. pen. e nuovo giudizio di comparazione tra circostanze, ha confermato la condanna del predetto imputato per il reato di furto di energia elettrica aggravato ai sensi dell’art. 625, nn. 2 e 7 cod. pen. (fatto commesso con violenza sulle cose e su cosa destinata a pubblico servizio), procedendo alla rideterminazione della pena;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che si duole dell’erroneo riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod. pen., è manifestamente infondato, in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui: «È configurabile l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. in caso di sottrazione mediante allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata, rilevando, non già l’esposizione alla pubblica fede dell’energia mentre transita nella rete, bensì la destinazione finale della stessa a un pubblico servizio dal quale viene distolta, destinazione che comunque permane anche nella ipotesi di una tale condotta.» (cfr. Sez. 5, n. 1094 del 03/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282543);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che deduce l’inosservanza del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza per essere stata riconosciuta una circostanza aggravante in difetto di contestazione, è manifestamente infondata, dato che il capo di imputazione indica espressamente che il fatto è aggravato per essere stato commesso su “cosa destinata pubblico servizio”;
Ritenuto che il terzo motivo di ricorso, che deduce vizio di motivazione relativamente alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, è inammissibile, perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ostativi ritenuti decisivi o rilevanti, come avvenuto nella specie (si veda pag. 7);
Ritenuto che il quarto motivo di ricorso, che deduce vizio di motivazione relativamente alla mancata sostituzione della pena detentiva con la libertà controllata, è manifestamente infondato poiché in palese contrasto con il dato normativo non integrando la libertà controllata non rientra nel novero delle pene sostitutive ai sensi dell’art. 20 bis cod. pen.;
i
Vista la memoria depositata dal difensore del ricorrente, che non aggiunge argomenti decisivi al fine di superare la causa di inammissibilità del ricorso;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 26/03/2025