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Furto di energia: l’aggravante del pubblico servizio

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per furto di energia elettrica, specificando che l’aggravante della destinazione a pubblico servizio si considera validamente contestata anche se non esplicitamente menzionata per articolo di legge, purché i fatti descritti nell’imputazione, come l’allaccio diretto alla rete pubblica, la rendano evidente. La Corte ha ritenuto che la descrizione del collegamento fraudolento alla rete di distribuzione fosse sufficiente a informare l’imputato della natura pubblica del bene sottratto, garantendo così il suo diritto di difesa.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto di energia: l’aggravante del pubblico servizio è valida anche senza citazione esplicita

Il furto di energia elettrica tramite allacci abusivi è un reato che presenta implicazioni legali complesse, soprattutto riguardo alle circostanze aggravanti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 23178/2025) ha fornito chiarimenti cruciali su come debba essere contestata l’aggravante del furto commesso su cose destinate a pubblico servizio. La Corte ha stabilito che la descrizione fattuale dell’illecito può essere sufficiente a rendere manifesta l’aggravante, anche in assenza di un richiamo esplicito all’articolo di legge.

I Fatti del Caso

Un individuo è stato condannato in primo grado e in appello per il reato di furto aggravato. L’accusa era di essersi impossessato, in concorso con un’altra persona (poi assolta in appello), di un ingente quantitativo di energia elettrica, pari a 7010 kW. Il furto era stato perpetrato attraverso un allaccio diretto alla rete di una nota società di distribuzione, bypassando completamente il contatore. Questa condotta fraudolenta era stata accertata in due diverse occasioni.
Il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avevano ritenuto sussistenti due aggravanti: l’uso del mezzo fraudolento (art. 625, n. 2 c.p.) e il fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio (art. 625, n. 7 c.p.).

Il Ricorso in Cassazione e l’aggravante del furto di energia

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo: l’errata applicazione della legge penale in relazione al riconoscimento dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio. Secondo la difesa, tale aggravante non era stata formalmente contestata nell’atto di accusa, limitandosi questo a descrivere i fatti senza menzionare specificamente l’articolo 625, n. 7 del codice penale.
La tesi difensiva sosteneva che l’assenza di una contestazione formale avrebbe leso il diritto di difesa, impedendo all’imputato di argomentare specificamente su quel punto. Inoltre, veniva genericamente contestata la prova stessa del prelievo illecito di energia.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Il cuore della decisione risiede nel principio della “contestazione in fatto”. I giudici hanno aderito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’aggravante della destinazione a pubblico servizio, pur avendo una natura “valutativa” e non “autoevidente”, può ritenersi validamente contestata anche tramite perifrasi o descrizioni che ne rendano palese l’esistenza.
Nel caso specifico, la descrizione dell’azione come “un allaccio diretto alla rete della ‘società di distribuzione’ bypassando il misuratore” è stata considerata una esemplificazione univoca della natura del bene sottratto. L’energia elettrica prelevata direttamente dalla rete pubblica è, per sua stessa natura, un bene destinato a un servizio di interesse per l’intera collettività. Secondo la Corte, questa descrizione era sufficientemente chiara da rendere manifesto all’imputato che doveva difendersi non solo dall’accusa di furto, ma anche dalla specifica connotazione di aver sottratto un bene pubblico.
Inoltre, la Corte ha ribadito un altro importante principio relativo al furto di energia: si tratta di un delitto a consumazione prolungata o a condotta frazionata. L’evento lesivo continua a prodursi nel tempo, e le singole captazioni di energia costituiscono atti di un’unica azione furtiva. La consumazione del reato, pertanto, cessa solo con l’ultimo prelievo, che nel caso di specie era avvenuto il 14 marzo 2018.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: nel processo penale, la sostanza prevale sulla forma, a condizione che sia sempre garantito il diritto di difesa. Una contestazione non deve necessariamente essere un elenco di articoli di legge, ma deve descrivere i fatti in modo così chiaro e completo da permettere all’imputato di comprendere ogni aspetto dell’accusa mossa nei suoi confronti. Per chi è accusato di furto di energia, questo significa che non ci si può appellare alla mancanza di una citazione formale dell’aggravante se i fatti descritti, come l’allaccio diretto alla rete nazionale, ne rendono palese la natura di bene destinato a pubblico servizio.

Quando si considera validamente contestata l’aggravante del furto di un bene destinato a pubblico servizio?
Secondo la Corte di Cassazione, l’aggravante si considera validamente contestata anche quando, pur mancando il riferimento numerico all’articolo di legge, la descrizione dei fatti nell’imputazione (ad esempio, l’allaccio diretto alla rete elettrica pubblica) renda in modo inequivocabile la natura del bene sottratto e metta l’imputato in condizione di difendersi da tale specifica accusa.

È sempre necessario che l’atto di accusa citi esplicitamente l’articolo di legge relativo a un’aggravante?
No, non è sempre necessario. La giurisprudenza ammette una “contestazione in fatto”, secondo cui l’aggravante è ritenuta contestata se i fatti descritti sono una “univoca esemplificazione” della circostanza stessa, permettendo così all’imputato di comprenderla e di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.

Come viene classificato il reato di furto di energia elettrica?
Il furto di energia elettrica è classificato come un delitto a consumazione prolungata (o a condotta frazionata). Ciò significa che l’azione criminale si protrae nel tempo attraverso plurime captazioni di energia, e il reato si considera concluso solo al momento dell’ultimo prelievo illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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