Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4725 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4725 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LICATA il 27/02/1984
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di furto pluriaggravato;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che contesta la correttezza della motivazion posta a base della dichiarazione di responsabilità – non è deducibile in quanto fondato su mer doglianze in punto di fatto che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedott appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una crit argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6 n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838); per altro va evidenziato che la doglianz di violazione di legge in relazione agli artt. 192, 544 e 546 cod. proc. pen. risulta non consen infatti è inammissibile tale deduzione in relazione all’asserito malgoverno delle regole valutazione della prova contenute nell’art. 192 c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui a
à
533 dello stesso codice, non essendo l’inosservanza delle suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 606 lett. ai fini della deducibilità della violazione di legge processuale (ex nnultis Sez. 3, n. 44901 d ottobre 2012, F., Rv. 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 2641 Sez. 1, n. 42207/17 del 20 ottobre 2016, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 de 04/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027). Né vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 c.p.p., posto che tale disposizio consolidato insegnamento di questa Corte, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale, pena, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello articolo) della denunciabilità della violazione di norme processuali solo nel caso in cui determini una invalidità (ex nnultis Sez. 3, n. 8962 del 3 luglio 1997, COGNOME, Rv. 208446; Se 5, n. 47575 del 07/10/2016, P.M. in proc. COGNOME e altri, Rv. 268404); anche quanto al vizio motivazione la Corte territoriale argomenta senza aporie logiche manifeste su come l’imputato si sia avvantaggiato oggettivamente della sottrazione di energia elettrica;
Il primo motivo è anche manifestamente infondato con riferimento alla ritenuta insussistenza dell’aggravante ex art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen, in quanto in tema di fur di energia elettrica, l’aggravante della violenza sulle cose – prevista dall’art. 625, primo com n. 2), cod. pen. – è configurabile anche quando l’allacciamento abusivo alla rete di distribuzio venga materialmente compiuto da persona diversa dall’agente, che si limiti a fare uso dell’allaccio altrui, trattandosi di circostanza di natura oggettiva, valutabile a carico dell se conosciuta o ignorata per colpa, con la conseguenza che la distinzione tra l’autore del manomissione e il beneficiario dell’energia può rilevare, ai fini della configurabilità del r della circostanza aggravante, solo nel caso in cui incida sull’elemento soggettivo (Sez. 4, n. 59 del 05/02/2020, NOME, Rv. 278438 – 01; conf.: N. 32025 del 2014 Rv. 261745 – 01, N. 4853 del 2004 Rv. 229375 – 01, N. 19637 del 2011 Rv. 250192 – 01);
Considerato che il secondo motivo di ricorso – che denunzia vizi motivazionali in relazione all’elemento soggettivo del reato – ugualmente non è deducibile in sede di legittimità perch costituito da mere doglianze in punto di fatto che si risolvono nella pedissequa reiterazione quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito;
Il suddetto motivo, denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diver lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudi rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stant preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione dell risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’appara argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’estern (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260); il giudice di merito,
motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facend applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e sussistenza del reato; per altro il ricorso non si confronta con la circostanze che le sentenze merito – pur a fronte della documentazione difensiva allegata, non specificata dal ricorrente, che avrebbe dovuto attestare i consumi, con esclusione della consapevolezza dell’imputato hanno evidenziato come dall’istruttoria dibattimentale sia emerso che il consumo era irrisorio per una impresa, risultando corrispondente al più a quello di una abitazione privata, dal che consapevolezza dell’imputato in ordine al furto in atto; d’altro canto, il ricorso rileva come il Cambria avrebbe riferito di consumi cospicui, a differenza della prova di consumi significativ ma tale doglianza non viene formulata con deduzione di travisamento, cosicché in tale forma non è consentita, chiedendo a questa Corte una non consentita comparazione fra le fonti di prova;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e mentddella somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
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