Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34616 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34616 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CANICATTI’ il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/02/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo dei propri difensori, avverso la sentenza di cui in epigrafe con due distinti ricorsi.
Nel ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO deduce, con l’unico motivo, vizio motivazionale in relazione alla prescrizione del reato ed alla dichiarazione di responsabilità.
Nel ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO propone tre motivi: a. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art.192 cod. proc. pen., per travisamento di dati probatori decisivi; b. violazione di legge rispetto all’art.131 bis per mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto; c. violazione di legge ai sensi dell’art.133 cod. pen. per eccessività della pena inflitta.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In premessa, quanto alla denunzia di violazione dell’art 192 cod. proc. pen. di cui al primo motivo di ricorso dell’AVV_NOTAIO, va ricordato che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, la mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza solo in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità.
Le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse all motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04 che a pag. 29 richiama Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518; vedasi anche Sez. 6, n. 4119 del 30/05/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196; Sez. 4, n. 51525 del 4/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Pecorelli e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 8/1/2004, Meta ed altro, Rv. 229159-01; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, COGNOME, Rv. 195306).
Condivisibilmente, per Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, COGNOME Rv. 280027 (pag. 29) « GLYPH la specificità del motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), dettato
in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione, utilizzando la “violazione di legge” di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), e ciò sia perché la deducibilità per cassazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuali “stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. D’altro canto, la riconduzione dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “dal testo del provvedimento impugNOME ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” , laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in relazione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti. Queste Sezioni Unite (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) hanno, infatti, da tempo chiarito che, nei casi in cui sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pe .n., un error in procedendo, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può procedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, al contrario, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugNOME contenuto nella lett. e) del citato articolo (oltre che dal normativamente sopravvenuto riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame), quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione».
3. Quanto alla violazione dell’art. 27 Cost. di cui al terzo motivo di ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027, alle pagg. 30-31 della motivazione hanno ancora una volta ribadito che «non è consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU (Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019, dep. 2020, Leone, Rv. 279059; Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261551). Invero, l’inosservanza di disposizioni della Costituzione, non prevista tra i casi di ricorso dall’art. 606 cod. proc. pen., può soltanto costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale, nel caso di specie non proposta. Analoga sorte incontra la censura riguardante la presunta violazione di disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a sua volta proponibile in ricorso unicamente a sostegno di una questione di costituzionalità di una norma interna, poiché le norme della Convenzione EDU, così come interpretate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, rivestono il rango
di fonti interposte, integratrici del precetto di cui all’art. 117, comma 1, Cost. (sempre che siano conformi alla Costituzione e siano compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti)».
Deve, pertanto, ritenersi non consentito il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU, poiché la loro inosservanza non è prevista tra i casi di ricorso dall’art. 606 cod. proc. pen. e può soltanto costituire fondamento di una questione di legittimità costituzionale, nel caso che ci occupa non proposta.
Tutti i motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugNOME (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
5.1. Quanto alla doglianza in punto di affermazione di responsabilità risulta accertato oltre ogni ragionevole dubbio, anche per mezzo dell’intervento tecnico del personale RAGIONE_SOCIALE, che l’imputato si sia abusivamente allacciato alla rete elettrica pubblica al fine di approvvigionare la propria abitazione.
I giudici del gravame di merito hanno puntualmente rilevato la fondatezza dell’assunto accusatorio in quanto l’imputato è sopraggiunto sul luogo al momento dell’intervento degli operatori RAGIONE_SOCIALE, i quali accertavano l’indebito prelievo di energia elettrica da un contatore la cui erogazione avrebbe dovuto essere interrotta a seguito della cessazione del contratto di fornitura. Lo stesso ricorrente risultava utilizzatore della fornitura ed in tale qualità sottoscriveva il verbale di verifica.
La Corte di Appello di Palermo ha quindi fatto proprie le conclusioni del Tribunale di Agrigento, rilevando come il materiale probatorio acquisito dimostri la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato, il quale ha agito
con consapevolezza dell’altruità dell’energia elettrica e con la volontà di appropriarsene mediante la manomissione del contatore, traendone un indebito vantaggio patrimoniale.
Quanto all’eccezione difensiva sollevata in ordine all’intervenuta prescrizione del reato, dedotta in data 30 gennaio 2025, essa non può essere accolta, giacché, trttandosi di furto pluriaggravato, il termine prescrizionale più prossimo matura soltanto in data 8 maggio 2029.
5.2. Quanto al secondo motivo del secondo ricorso, i giudici del gravame del merito hanno motivatamente ritenuto che non sussistano i presupposti per l’applicabilità dell’invocata causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., dovendosi tenere in debita considerazione le modalità della condotta, realizzata con violenza sulle cose destinate a pubblico servizio, sintomatiche di spregiudicatezza e intensità del dolo, oltreché il protrarsi della condotta per un significativo lasso di tempo.
La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590). S.U. Tushai ricordano che «la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fa concretamente realizzati dall’agente».
Va peraltro ricordato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01 che ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01 che, in motivazione, ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle
attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del pr detto).
5.3. Quanto al terzo motivo, non è da rintracciarsi un’eccessività della pe inflitta. La Corte di appello ha chiarito che, proprio alla luce dei criteri all’art.133 cod. pen. correttamente valutati dal Tribunale, la pena appare congr e non suscettibile di riduzione in melius. Invero, le modalità d.2fla condotta descritta, l’intensità del dolo e i precedenti penali del ricorrente, non permetto discostare la pena dal medio edittale.
Invero, una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti giudice nella determinazione della pena si richiede solo nel caso in cui la sanzio sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la sc implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di irrogare disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 2712 01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 258356- 01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pe non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/10/2025