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Furto di energia elettrica: quando è procedibile d’ufficio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37953/2024, ha stabilito che il furto di energia elettrica è procedibile d’ufficio, anche dopo la Riforma Cartabia, se la descrizione dei fatti nell’imputazione chiarisce in modo inequivocabile la destinazione del bene a un pubblico servizio. Nel caso specifico, l’allaccio abusivo alla rete di un fornitore nazionale è stato ritenuto sufficiente a configurare l’aggravante, rendendo irrilevante la mancata presentazione della querela. La Corte ha annullato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’improcedibilità.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto di energia elettrica: la Cassazione conferma la procedibilità d’ufficio

Il furto di energia elettrica è un tema di grande attualità, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, che ha trasformato questo reato, in via generale, in un illecito procedibile a querela di parte. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 37953/2024) ha chiarito un punto fondamentale: se l’energia viene sottratta da una rete destinata a un pubblico servizio, il reato rimane procedibile d’ufficio. La Corte ha stabilito che non è nemmeno necessario citare esplicitamente la norma sull’aggravante, purché la descrizione dei fatti sia sufficientemente chiara.

I Fatti del Caso

Il procedimento riguardava un imputato accusato di furto di energia elettrica per aver collegato abusivamente il proprio impianto alla rete di distribuzione di un importante fornitore nazionale. Il Tribunale di primo grado, in applicazione della Riforma Cartabia, aveva dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale a causa della mancanza di una querela da parte della società fornitrice. Secondo il giudice, il termine per presentare la querela era scaduto, e un successivo tentativo del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione aggiungendo l’aggravante del furto su beni destinati a pubblico servizio (art. 625, n. 7, c.p.) era da considerarsi tardivo e inefficace.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il furto di energia elettrica

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione. La tesi dell’accusa si basava sul potere, riconosciuto dall’art. 517 del codice di procedura penale, di modificare il capo d’imputazione in dibattimento. Tale potere, secondo il ricorrente, non ha limiti temporali e, una volta contestata l’aggravante, il reato sarebbe tornato ad essere procedibile d’ufficio, superando così l’ostacolo della querela mancante.

L’aggravante del pubblico servizio e la contestazione “in fatto”

La Corte di Cassazione ha affrontato la questione da una prospettiva diversa e logicamente preliminare. Invece di concentrarsi sulla tardività o meno della modifica dell’imputazione, ha analizzato se l’aggravante fosse, in realtà, già contenuta nella descrizione originaria dei fatti.

La giurisprudenza non è unanime sul punto. Un orientamento ritiene che, essendo l’energia elettrica un bene funzionalmente destinato a un pubblico servizio, l’aggravante sia implicita. Un altro orientamento, avallato dalle Sezioni Unite nella nota sentenza “Sorge”, sostiene che tale aggravante abbia una “natura valutativa” e non sia auto-evidente, richiedendo quindi una contestazione esplicita.

La Corte, pur aderendo a questo secondo approccio più rigoroso, ha specificato che la contestazione non deve necessariamente consistere nella citazione numerica dell’articolo di legge. È sufficiente che la narrazione del fatto reato contenga elementi descrittivi tali da rendere l’imputato pienamente consapevole di doversi difendere anche da quella specifica circostanza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, il capo d’imputazione originario fosse pienamente idoneo a questo scopo. Descrivendo il furto di energia elettrica come un “accesso diretto alla rete di distribuzione dell’ente erogatore” tramite un “allaccio abusivo”, il Pubblico Ministero aveva delineato una condotta che inequivocabilmente riguardava un bene destinato a un pubblico servizio. La rete di distribuzione nazionale, infatti, per sua stessa natura, fornisce un servizio a un numero indeterminato di utenti, soddisfacendo un’esigenza di rilevanza pubblica.

Di conseguenza, l’imputato era stato messo nelle condizioni di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa anche rispetto a tale aggravante, che rendeva il reato procedibile d’ufficio fin dall’inizio. L’errore del giudice di merito è stato quello di non aver correttamente valutato il contenuto del capo d’imputazione, dichiarando erroneamente un’improcedibilità che, in realtà, non sussisteva.

Le Conclusioni

La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. La decisione ribadisce un principio cruciale: la procedibilità di un reato dipende dalla sua corretta qualificazione giuridica, che a sua volta si fonda sulla descrizione fattuale contenuta nell’imputazione. Per il furto di energia elettrica commesso ai danni della rete nazionale, la natura di bene destinato a pubblico servizio è talmente palese nella descrizione della condotta che il reato resta procedibile d’ufficio, superando i nuovi limiti imposti dalla Riforma Cartabia e garantendo la tutela di interessi collettivi.

Il furto di energia elettrica è sempre procedibile d’ufficio dopo la Riforma Cartabia?
No, la regola generale introdotta dalla Riforma è la procedibilità a querela. Tuttavia, il reato rimane procedibile d’ufficio se è contestata una circostanza aggravante, come quella di aver sottratto un bene destinato a un pubblico servizio.

Perché il furto dalla rete di un fornitore nazionale è considerato un fatto aggravato?
Perché la rete di distribuzione dell’energia elettrica è un’infrastruttura che fornisce un servizio essenziale a una collettività indeterminata di persone, soddisfacendo un’esigenza di rilevanza pubblica. Sottrarre energia da tale rete lede un interesse che va oltre quello patrimoniale del singolo fornitore.

È necessario che l’atto di accusa citi esplicitamente l’articolo di legge sull’aggravante del pubblico servizio per renderla valida?
No. Secondo la sentenza, non è indispensabile la citazione numerica della norma. È sufficiente che la descrizione dei fatti sia così chiara e dettagliata da permettere all’imputato di comprendere senza equivoci di doversi difendere anche da tale circostanza, come nel caso di un allaccio abusivo alla rete di distribuzione nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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