Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30524 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30524 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata a CIMINNA il 12/08/1950
inoltre:
Eviva Societa’ Per Azioni
avverso la sentenza del 22/11/2024 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria in data 29 maggio 2025, a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore lette le memorie in data 26 e 28 maggio 2025 a firma dell’avv. NOME COGNOME della parte civile RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso; difensore dell’imputata.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 22 novembre 2024, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la decisione del Tribunale di Termini Imerese che aveva ritenuto
NOME COGNOME responsabile del reato di furto di elettricità aggravato dall’aver commesso il fatto con l’uso di strumenti fraudolenti e su bene destinato a pubblica utilità o a pubblico servizio, condannandola alla pena di giustizia.
Avverso tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi di censura, di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge processuale in relazione agli artt. 179, comma 1, 185, 420-bis e 601, comma 1, cod. proc. pen. La ricorrente lamenta che erroneamente la Corte territoriale avrebbe dato atto della rituale notifica del decreto di citazione al giudizio di appello e proceduto in essenza della stessa. Invero, la notifica sarebbe avvenuta presso lo studio del difensore di fiducia revocato, mentre difetterebbe la notifica all’imputata, la quale era rimasta assente.
2.2. Il secondo motivo deduce vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 624 e 625, nn. 2 e 7 cod. pen.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione.
Tali motivi sono trattati congiuntamente nel ricorso, nel quale si afferma che la COGNOME sarebbe del tutto estranea alla condotta contestata, dal momento che l’utenza intestata alla medesima serviva una lavanderia che, originariamente gestita dalla figlia, era attualmente diretta da altra persona, Ventimiglia NOME la quale era stata rinvenuta nei locali della lavanderia al momento del sopralluogo dei Carabinieri. La mera titolarità dell’utenza non sarebbe sufficiente a fondare il giudizio di re sponsabilità. La ricorrente lamenta inoltre l’assenza di qualunque riscontro probatorio in ordine alla asserita manomissione del contatore ad opera del magnete rinvenuto, non essendo stato accertato che esso avesse alterato la registrazione di consumi ener getici, atteso che l’abbattimento di tali consumi sarebbe frutto di stime ipotetiche.
Il coinvolgimento dell’imputata nella condotta incriminata sarebbe sfornito di prova, ed anzi frutto di un travisamento delle risultanze processuali, avendo i giudici di merito utilizzato prove inesistenti, non potendo ritenersi onere della ricorrente dimostrare la propria estraneità ai fatti, come erroneamente affermato dalla sentenza impugnata.
2.4. Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, lamentandosene l’eccessività.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso in ragione sia della manifesta
infondatezza del primo motivo di censura, sia della genericità delle ulteriori doglianze, le quali ripropongono le medesime critiche sollevate nelle sedi di merito.
Con memoria in data 29 maggio 2025, la parte civile RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata.
Con memoria in data 26 maggio 2025, la ricorrente ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale insistendo nelle argomentazioni svolte con il ricorso.
La successiva memoria in data 28 maggio 2025 ha evidenziato come l’estraneità dell’imputata al reato contestato trovi riscontro nella mancata presentazione di querela da parte della persona offesa dal reato. Richiamando la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale non può considerarsi legittimamente contestata in fatto la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., qualora nell’imputazione tale natura non sia esposta in modo esplicito, la ricorrente sostiene che nella specie il capo di imputazione non chiarirebbe in cosa «si estrinsechi la natura o funzione di rilievo pubblicistico del misuratore dell’erogazione di energia elettrica che, anche in ragione della collocazione in pertinenze private, attiene al rapporto contrattuale intercorrenti tra Società fornitrice o distributrice di energia e cliente». Inoltre, si afferma che la circostanza aggravante ex art. 625, n. 7 sarebbe contestata in via alternativa.
Considerato in diritto
Il ricorso è nel suo complesso infondato per le ragioni di seguito indicate.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Rileva il Collegio che, anche a prescindere dalla considerazione che, al momento della notifica del decreto di citazione in appello, l’imputata risultava ancora elettivamente domiciliata presso il precedente difensore, sicché non ricorre alcuna nullità del la notifica dell’atto di citazione in appello, risulta assorbente la circostanza che alla prima udienza del giudizio di appello, svoltasi il 30 novembre 2023, NOME COGNOME risultava presente, come emerge dagli atti del giudizio, cui questa Corte ha accesso in ragione della natura processuale della censura. Pertanto, alcuna nullità risulta essersi verificata, di tal che la censura è destituita di ogni fondamento.
Prima di affrontare le ulteriori censure svolte con il ricorso, conviene esaminare il motivo nuovo dedotto con la memoria in data 28 maggio 2025. Esso, benché inedito, è ammissibile in quanto attiene alla procedibilità del reato.
Al riguardo, si osserva che nel capo di imputazione è contestato all’imputata di essersi impossessata di un ingente quantitativo di energia elettrica dal gennaio 2012 al gennaio 2017, pari a 250.163 kwh, per una somma complessiva di euro 46.930,58, attrave rso l’uso di un magnete che provocava un abbattimento della registrazione dei consumi. È stata quinti specificamente contestata l’aggravante di cui all’art. 625, n. 2) cod. pen., nonché quella di cui al n. 7) per essere stato il furto commesso su bene destinato a pubblica utilità o pubblico servizio.
L’esplicita contestazione sia formale che in fatto di tale ultima aggravante, rende il reato procedibile d’ufficio, posto che, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di furto aggravato o pluriaggravato ai sensi dell’art. 625 cod. pen. è divenuto procedibile a querela della persona offesa tranne che nei seguenti casi: se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, n. 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede; se ricorre una delle circostanze di cui all’art. 625, n. 7 -bis cod. pen.
Pertanto, il reato furto è procedibile d’ufficio quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o pignoramento, nonché di cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, come contestato nella specie.
Il secondo e il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
4.1. Dalla conforme ricostruzione operata da entrambe le sentenze di merito risulta accertato che l’utenza elettrica oltre ad essere intestata alla ricorrente, era dalla stessa utilizzata in quanto serviva la sua abitazione, nonché la parte dello stabile adibita a lavanderia (si vedano le dichiarazioni testimoniali del teste m.llo COGNOME riportate a pag. 5 della sentenza di primo grado). Detta lavanderia era, inoltre, senz’altro riferibile alla COGNOME come puntualmente rilevato dalla Corte territoriale -atteso che la persona presente nella stessa al momento del sopralluogo si era qualificata come dipendente della suddetta, la quale risultava ancora formalmente la titolare dell’attività commerciale. A fronte di tali plurimi elementi, che correttamente la sentenza impugnata ha valutato complessivamente, ritenendoli idonei a comprovare la riferibilità dell’utenza all’imputata, questa non ha dedotto alcun elemento idoneo a contrastare tale conclusione.
Analogamente, con riguardo alla ritenuta manomissione del contatore attraverso l’apposizione di un magnete, la ricorrente non si è confrontata con le specifiche argomentazioni svolte sul punto dai giudici del merito, i quali hanno evidenziato come gli accertamenti erano scattati a seguito della constatazione, da parte del gestore del servizio elettrico ‘RAGIONE_SOCIALE, di anomalie nei consumi registrati presso l’utenza dell’imputata e come gli agenti avevano rinvenuto segni di effrazione e la presenza sul contatore di un magnete, il quale, secondo quanto specificamente verificato, permetteva l’abbattimento della registrazione dei consumi del 92,65%.
Inoltre, con argomentazione logica e coerente con dette risultanze probatorie, la Corte territoriale ha valutato come inattendibili gli esiti della consulenza di parte, avendo la stessa sottostimato i consumi che connotano l’attività di una lavanderia prof essionale, e finanche quelli connessi ad un’abitazione privata.
In modo altrettanto ineccepibile, la sentenza impugnata, disattendendo le critiche difensive, ha ritenuto la condotta contestata senz’altro riferibile alla COGNOME, sottolineando la circostanza che l’allaccio abusivo alla rete elettrica serviva l’immobile dell’imputata, che questa ne beneficiava, nonché l’assenza di elementi di segno contrario.
Manifestamente infondato è il quinto motivo, che contesta l’eccessività del trattamento sanzionatorio irrogato. Tale censura, oltre a non essere consentita dalla legge in sede di legittimità, è del tutto destituita di fondamento perché, secondo l’indiri zzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.
Nella specie, la Corte territoriale ha dato puntualmente conto degli indici di commisurazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen., richiamando in modo del tutto ragionevole la gravità della condotta, resa evidente dalla elevata offensività della stess a, in ragione dell’ammontare del danno cagionato all’ente erogatore (pari a 46.930,58 euro), nonché della assenza di elementi positivi, non essendosi l’imputata attivata per elidere le conseguenze dannose del reato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 2.400, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 2.400, oltre accessori di legge.
Così è deciso, 06/06/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME