Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37441 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37441 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Catania confermato la sentenza emessa il 23/11/2022 dal Tribunale di Ragusa, con la quale NOME – all’esito di giudizio abbreviato – era stata condannata alla di otto mesi di reclusione ed € 200,00 di multa, in relazione al reato previsto artt. 624 e 625, nn.2 e 7, cod.pen., contestato all’imputata per essersi appro di energia elettrica, sottraendola a RAGIONE_SOCIALE, mediante allaccio abusivo linea pubblica.
La Corte territoriale ha ritenuto infondato il motivo di appello con il quale stato chiesto il proscioglimento dell’imputata ai sensi dell’art.131bi$ cod.pe considerazione del regime edittale proprio del reato contestato; ha altresì rit infondati i motivi inerenti alla dedotta sussistenza della causa di giustifica dello stato di necessità e alla concreta dosimetria della pena.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME, articolando quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione al procedibilità del reato in contestazione e il correlato vizio di motivazione.
Ha dedotto che il reato ascritto, per effetto della modifica introdotta dall’ comma 1, lett.i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 sarebbe attualmente perseguib a sola querela di parte, con disposizione da intendersi applicabile anche ai anteriormente commessi; esponendo altresì che, nonostante le conclusioni conformi espresse al proposito dal Procuratore generale e dalla difesa, la Co territoriale aveva totalmente omesso di motivare sul punto.
Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge in ordine all’attua formulazione dell’art.131bis cod.pen., con la quale la relativa causa di punibilità era stata estesa a tutti i reati puniti con sanzione minima det inferiore ai due anni, quali il reato contestato all’imputata.
Con il terzo motivo ha dedotto il vizio di motivazione per effetto de mancanza di argomentazione in ordine alla richiesta di sospensione condizionale della pena.
Con il quarto motivo ha dedotto il vizio di motivazione per effetto del mancanza di argomentazione in ordine alla richiesta di applicazione dell’attenuan prevista dall’art.62, n.4, cod.pen..
li Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella qual chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è fondato sull’omesso rilievo della sopravvenuta carenza della condizione di procedibilità in relazione alla normativa applicabile ratione temporis.
Il motivo è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.
Va quindi premesso che il reato di furto, anche aggravato ai sensi dell’art. cod.pen., è divenuto procedibile a querela a seguito della modifica dell’art. comma 3, cod.pen., intervenuta per effetto dell’art.2, comma 1, lett.i), d.l ottobre 2022, n.150, applicabile a decorrere dal 30 dicembre 2022; in relazione fatti commessi prima dell’entrata in vigore della suddetta modifica legislat l’art.85 dello stesso decreto ha stabilito che: «Per i reati perseguibili a della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi pri della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazion querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precede notizia del fatto costituente reato».
Questa Corte ha altresì chiarito che il nuovo regime di procedibilità introdo dal d.lgs.n. 150 del 2022 trova applicazione anche ai fatti – quali quello conte – commessi prima della sua entrata in vigore (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/202 P., Rv. 284749 – 01), come già affermato in continuità con il principio sanc anche in occasione di precedenti interventi legislativi di analogo segno (Sez. 21700 del 17/04/2019, NOME, Rv.276651 – 01; Sez. 5, n. 22143 del 17/04/2019, D., Rv. 275924 – 01).
Peraltro, per espresso disposto dell’art.624, comma 3, cod.pen. nella nuo formulazione, il regime di procedibilità a querela non si applica «se ricorra delle circostanze di cui all’art.625, numeri 7, salvo che il fatto sia commes cose esposte alla pubblica fede»; dovendosi pertanto ritenere ancora procedibi d’ufficio il fatto commesso su cose «destinate a pubblico servizio».
Va quindi rilevato che, nel caso di specie, la relativa aggravante ‘risulta e stata espressamente contestata in sede di capo di imputazione; sia mediante riferimento normativo all’at.625, n.7, cod.pen. e sia mediante l’espr riferimento alla modalità della condotta rappresentata dall’allaccio abusivo a rete pubblica di distribuzione; ricordando, sul punto e in riferimento a re elaborazioni della giurisprudenza di legittimità, che la relativa aggravante ritenersi adeguatamente contestata ove venga addebitata una condotta di furt posta in essere mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione dell ente ge
la quale garantisce l’erogazione di un “servizio” destinato a raggiungere le ut terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare L n’esigenza d rilevanza “pubblica” (Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286291).
Pertanto, a maggior ragione deve ritenersi adeguata una modalità di contestazione della predetta aggravante nel caso come quello di specie in cu oltre alle modalità della condotta astrattamente idonea a perfezionare l’eleme circostanziale – sia stato formulato un espresso riferimento normativo mediant l’indicazione della norma relativa.
Il secondo motivo, attinente alla dedotta violazione di legge in riferime alla mancata applicazione dell’at.131bis cod.pen., è manifestamente infondato diretta conseguenza delle suesposte considerazioni.
Infatti, il nuovo testo dell’invocata disposizione prevede l’applicabilità relativa causa di non punibilità per tutti i reati per i quali sia prevista detentiva, sola o congiunta a pena pecuniaria, non superiore nel minimo a du anni.
Nel caso di specie, vertendosi in tema di furto pluriaggravato, l’art. ult.comma, cod.pen. stabilisce una pena detentiva compresa tra tre e dieci anni di reclusione, con conseguente insussistenza dei presupposti per l’applicazio dell’esimente.
I rimanenti due motivi – attinenti al dedotto difetto di motivazione s concessione della sospensione condizionale della pena e dell’attenuante previs dall’art.62, n.4, cod.pen. – sono entrambi inammissibili per coincidehti ragion
Difatti, le due censure erano state formulate in sede di atto di appello modalità del tutto generiche e con un sostanziale e tautologico riferimento sussistenza dei relativi presupposti di applicazione, ma senza concreta indicazi dell’effettivo stato di fatto; ciò in relazione sia ai precedenti dell’imputa come esposto nella sentenza di primo grado, risultava gravata da numerose condanne) e sia in relazione al concreto profitto tratto dalla condotta di sottra di energia elettrica.
Va quindi richiamato il principio – applicabile sicuramente al caso di speci in base al quale il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a m generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare ogge di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibi originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato i concreto tale sanzione (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv 262700; Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283808).
Ne consegue che l’intrinseca aspecificità della formulazione dei predetti mot in sede di atto di appello rende inammissibile le medesime censure proposte sede di giudizio di legittimità.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giu 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispeci sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso s versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorr va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 3 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente