Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34605 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34605  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/02/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza pronunciata 1’11 febbraio 2025 dalla Corte di Appello di Palermo, che ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città con la quale è stata affermata la penale responsabilità della COGNOME per il reato di furto di energia elettrica commesso sino al 18 dicembre 2016.
La difesa deduce: col primo motivo, violazione di legge per essere stata ritenuta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. (che rende il reato procedibile d’ufficio) ancorché non fosse stata accertata la connessione fraudolenta ad una rete pubblica (l’appartamento abitato dalla COGNOME non era allacciato abusivamente ad una cassetta elettrica bensì all’impianto, anch’esso abusivo, di un’altra abitazione); col secondo motivo, vizi di motivazione quanto all’affermazione della responsabilità non essendovi prova che l’imputata abbia materialmente partecipato alla realizzazione dell’allaccio abusivo; col terzo motivo, violazione di legge e vizi di motivazione per non essere stata ritenuta applicabile, pur in ‘una situazione di grave indigenza, la causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen.; col quarto motivo, violazione di legge per non essere stata ritenuta applicabile la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen.; col quinto motivo, vizi di motivazione per non essere state applicate le attenuanti generiche e quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Rilevato, quanto al primo motivo, che l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. è stata contestata per essere l’energia sottratta «destinata a pubblica utilità» e la sentenza impugnata l’ha ritenuta sussistente, con motivazione in nulla illogica (pag. 4), dando rilievo al fatto che si tratta di bene destiNOME a pubblico servizio (destinazione dal quale l’energia elettrica viene distolta se l’allaccio avviene abusivamente) e ricordando che l’immobile abitato dalla COGNOME era allacciato ad altra linea elettrica, anch’essa abusiva.
Rilevato, quanto al secondo motivo, che il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata (pag. 3), secondo la quale l’allaccio abusivo alimentava di energia elettrica l’appartamento abitato dall’imputata ed era stato dunque eseguito a vantaggio della COGNOME, la quale usufruiva di energia elettrica (unitamente ai suoi familiari) senza aver mai stipulato in regolare contratto di fornitura.
Rilevato, quanto al terzo motivo, che l’applicabilità dell’art. 54 cod. pen. è stata motivatamente esclusa osservando (pag. 5 e 6) che la situazione di difficoltà economica è perdurante nel tempo e che la mancanza di energia elettrica non determina una situazione oggettiva di pericolo imminente di danno grave alla persona non fronteggiabile altrimenti che con un allaccio abusivo, essendo ben possibile ricorrere a forme di assistenza pubblica.
Rilevato che l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. è stata esclusa, con motivazione non illogica né contraddittoria, osservando che l’allaccio abusivo si era protratto nel tempo sicché il fatto, complessivamente valutato, non può essere considerato di particolare tenuità.
Rilevato, quanto alla attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., che la ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata (pag. 7) secondo la quale il flusso continuo di elettricità protratto nel tempo non consente di ritenere il danno patrimoniale particolarmente tenue, pur in assenza di un accertamento del consumo effettivo.
Rilevato che le attenuanti generiche sono state concesse e valutate equivalenti alle aggravanti in ragione della gravità del fatto, dell’intensità del dolo (provata dal protrarsi della condotta illecita) e di una precedente condanna per truffa.
Rilevato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. o
richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, circostanza che non ricorre nel caso di specie (cfr: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Rv. 256197).
Ritenuto, pertanto, che nessuno dei motivi di ricorso superi il vaglio di ammissibilità.
Ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegua la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione della causa di inammissibilità, la ricorrente debba essere condannata anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
Il PreideItte C