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Furto di energia elettrica: quando è aggravato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35426/2025, ha stabilito che il furto di energia elettrica è sempre un reato aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7 cod. pen., poiché l’energia è un bene destinato a pubblico servizio. La Corte ha chiarito che il metodo utilizzato, come la manomissione del contatore, non è rilevante per escludere tale aggravante. Di conseguenza, il reato è procedibile d’ufficio e non a querela di parte, anche alla luce della Riforma Cartabia. La sentenza di primo grado, che aveva dichiarato il non doversi procedere per mancanza di querela, è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto di Energia Elettrica: La Cassazione Chiarisce l’Aggravante

Il furto di energia elettrica è una problematica diffusa che presenta interessanti risvolti giuridici, specialmente dopo le recenti riforme legislative. Con la sentenza n. 35426/2025, la Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento fondamentale sull’applicazione della circostanza aggravante della destinazione a pubblico servizio, confermando un orientamento consolidato e fornendo indicazioni precise sulla sua procedibilità.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da una sentenza del Tribunale di Taranto, il quale aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti di due imputati per il reato di furto di energia elettrica. La decisione del Tribunale si basava sulla mancanza della condizione di procedibilità, ovvero la querela di parte. I giudici di primo grado avevano infatti escluso la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale, ovvero l’aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio. Senza tale aggravante, e per effetto della Riforma Cartabia, il reato è diventato procedibile solo a querela.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso in Cassazione

Il Procuratore generale presso la Corte di appello ha impugnato la decisione del Tribunale, presentando ricorso per Cassazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva errato nel non riconoscere l’aggravante. L’argomentazione centrale era che l’energia elettrica è, per sua natura, un bene destinato a pubblico servizio. Pertanto, le modalità con cui avviene l’impossessamento (in questo caso, la manomissione del contatore) non sono rilevanti ai fini della configurabilità dell’aggravante. Ciò che conta è la natura e la destinazione finale del bene sottratto.

Furto di energia elettrica: Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, annullando la sentenza impugnata e rinviando gli atti al Tribunale di Taranto per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: il delitto di furto è aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7 cod. pen. quando la cosa sottratta è destinata a un servizio fruibile dal pubblico.

Nel caso del furto di energia elettrica, la Corte ha specificato che la condotta illecita, concretizzatasi nella manomissione del contatore, riguarda un bene intrinsecamente destinato a un servizio pubblico. La ratio della norma, spiegano i giudici, non risiede nel modo in cui avviene il furto (es. allaccio abusivo alla rete o manomissione del contatore), ma nella destinazione del bene stesso. L’energia, così come le infrastrutture che ne garantiscono l’erogazione, è finalizzata a soddisfare un bisogno collettivo. Sottrarla significa ledere non solo il patrimonio del fornitore, ma anche l’interesse della collettività a un servizio essenziale.

La Corte ha sottolineato come sia arbitrario limitare la nozione di ‘pubblico servizio’ alla sola accessibilità generale dei beni strumentali. Rileva, invece, la qualità del servizio organizzato, che si avvale di risorse umane e materiali destinate a tale scopo. L’energia elettrica che transita nella rete, anche prima di giungere al contatore del singolo utente, mantiene la sua destinazione finale a un pubblico servizio, e distoglierla da tale scopo configura pienamente l’aggravante in questione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione ha conseguenze pratiche di notevole importanza. Stabilendo che il furto di energia elettrica integra sempre l’aggravante della destinazione a pubblico servizio, la Corte conferma che tale reato rimane procedibile d’ufficio. Ciò significa che l’azione penale può essere avviata e proseguita dal Pubblico Ministero senza la necessità di una querela da parte della società erogatrice del servizio. Questa interpretazione neutralizza, per questa specifica fattispecie, gli effetti della Riforma Cartabia, che ha ampliato il novero dei reati procedibili a querela. La sentenza rafforza la tutela penale di un bene essenziale per la vita della comunità, ribadendo che il disvalore della condotta non dipende dalle modalità tecniche del furto, ma dalla lesione di un interesse collettivo primario.

Il furto di energia elettrica tramite manomissione del contatore è un reato aggravato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la condotta integra la circostanza aggravante del fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio (art. 625, n. 7 cod. pen.), poiché l’energia elettrica è per sua natura un bene destinato a tale scopo.

Perché il furto di energia elettrica è considerato un’azione su cose destinate a pubblico servizio?
La ratio dell’aggravante risiede nella destinazione finale del bene ‘energia’ e delle risorse utilizzate per la sua erogazione. Tale destinazione è quella di soddisfare i bisogni della collettività, rendendolo un servizio pubblico. La modalità della sottrazione (manomissione del contatore o allaccio abusivo) non cambia questa natura.

Qual è l’effetto della Riforma Cartabia sul furto di energia elettrica alla luce di questa sentenza?
La sentenza chiarisce che, essendo il furto di energia elettrica aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7 cod. pen., esso è escluso dal regime di perseguibilità a querela introdotto dalla Riforma Cartabia. Di conseguenza, il reato rimane procedibile d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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