Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2116 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2116 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO
CALABRIA
nel procedimento a carico di:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 07/09/1970
avverso la sentenza del 13/06/2024 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale COGNOME
che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza emessa il 13 giugno 2024, il Tribunale di Reggio Calabria, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME, in relazione al reato di cui
agli artt. 624 e 625, n. 2, cod. pen., per mancanza della necessaria condizione di procedibilità.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato, «al fine di trarne profitto, si impossessava di 33.452,91 Kwh di energia elettrica, per un valore complessivo di euro 5.770,62, sottraendoli alla RAGIONE_SOCIALE», mediante allaccio abusivo alla rete di distribuzione.
Il Tribunale ha sostenuto che, nei casi di furto di energia elettrica, non potrebbe configurarsi l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., atteso che la condotta del reo «non incide sulla generale destinazione dell’energia elettrica alla pubblica utilità». Una volta esclusa l’aggravante, il reato risultava procedibile solo a querela di parte, che non era stata proposta.
Avverso la sentenza del Tribunale, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un unico motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 625, n.7, cod. pen.
Il ricorrente sostiene che la giurisprudenza di legittimità riterrebbe configurabile l’aggravante in questione, che rende il reato procedibile d’ufficio, nei casi, come quello in esame, in cui il furto di energia elettrica sia realizzato mediante abusivo allaccio alla rete di distribuzione.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere accolto.
4.1. L’unico motivo di ricorso è fondato, atteso che il reato è procedibile d’ufficio, risultando correttamente contestata la circostanza aggravante di avere commesso il fatto su un bene destinato a pubblico servizio.
Va premesso che, anche dopo la modifica dell’art. 624, comma 3, cod. pen., intervenuta per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022 n.150, il delitto di furto risulta procedibile d’ufficio, se ricorre taluna delle circosta previste dall’art. 625, n. 7, cod. pen. (con l’unica eccezione costituita dall’aver commesso il fatto su cose esposte alla pubblica fede). Il reato, quindi, è procedibile di ufficio anche quando il fatto è commesso su cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità.
Tanto premesso, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, «in tema di furto di energia elettrica, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. in caso di sottrazione mediante allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata, rilevando, non già
l’esposizione alla pubblica fede dell’energia mentre transita nella rete, bensì la destinazione finale della stessa a un pubblico servizio dal quale viene distolta, destinazione che comunque permane anche nella ipotesi di una tale condotta» (Sez. 5, n. 1094 del 03/11/2021, COGNOME, Rv. 282543; Sez. 4, n. 48529 del 07/11/2023, COGNOME, Rv. 285422).
Il Tribunale, pertanto, a fronte di un capo di imputazione nel quale era formalmente contestata l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen. e che specificava che il furto di energia era stato realizzato mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione, ha fatto un uso errato della regola di giudizio posta dall’art. 129 cod. proc. pen., poiché, in presenza della corretta contestazione di un’aggravante idonea a rendere il reato perseguibile di ufficio, ha invece ritenuto decisiva la mancanza di querela della persona offesa.
Per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., alla Corte di appello di Reggio Calabria per il relativo giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Reggio Calabria per l’ulteriore corso.
Così deciso, l’8 novembre 2024.