Furto di Energia Elettrica: Quando l’Ammissione Rende Irrilevante la Prova della Manomissione
Il furto di energia elettrica tramite manomissione del contatore è un reato che pone interessanti questioni probatorie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14600/2024) chiarisce un punto fondamentale: la consapevolezza di usufruire dell’energia rubata è sufficiente per la condanna, anche se non si dimostra chi sia l’autore materiale della manomissione. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Il Contatore Manomesso
Il caso ha origine da una condanna per furto aggravato di energia elettrica, confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. L’imputato aveva beneficiato di una fornitura di elettricità il cui consumo non veniva correttamente registrato a causa di un’alterazione del contatore.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: sosteneva che non fosse stato adeguatamente provato che fosse lui l’autore della condotta di manomissione del contatore, un elemento a suo dire necessario per la configurazione del reato contestato.
La Decisione della Corte sul furto di energia elettrica
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato come l’argomentazione dell’imputato fosse irrilevante rispetto al quadro probatorio delineato nei gradi di merito. La Corte d’Appello, infatti, aveva basato la sua decisione su un elemento decisivo: l’ammissione dello stesso imputato.
Egli aveva confessato di essere pienamente consapevole di utilizzare l’energia “al di fuori di ogni contabilizzazione da parte dell’ente erogatore”. Questa consapevolezza è stata ritenuta il perno della responsabilità penale, rendendo secondario l’accertamento sull’identità di chi avesse fisicamente alterato il dispositivo.
Le Motivazioni: La Consapevolezza del furto di energia elettrica come Elemento Chiave
La motivazione della Cassazione si fonda sul principio della specificità dei motivi di ricorso. Il ricorrente non ha contestato il punto centrale della sentenza d’appello – la sua stessa ammissione – ma ha tentato di spostare l’attenzione su un aspetto (l’identità del manomissore) che i giudici di merito avevano già ritenuto non determinante.
La Corte ha stabilito che l’utilizzo consapevole di un bene sapendo che proviene da un reato (in questo caso, il furto tramite manomissione) integra la condotta criminosa. L’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione e la coscienza di commettere l’illecito, era ampiamente dimostrato dalla confessione dell’imputato. Di conseguenza, il tentativo di difendersi sostenendo di non essere l’autore materiale dell’alterazione è stato giudicato un argomento non pertinente e incapace di scalfire la logica della condanna.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di furto di energia elettrica e, più in generale, di reati contro il patrimonio. Non è sempre necessario provare ogni singolo dettaglio dell’azione criminosa, specialmente quando l’elemento psicologico dell’imputato è chiaramente provato.
Per chi si trova ad utilizzare un’utenza, l’insegnamento è chiaro: la responsabilità penale non deriva solo dall’aver compiuto materialmente l’atto illecito (come rompere il sigillo del contatore), ma anche dal goderne consapevolmente i frutti. L’ammissione di sapere che i consumi non vengono registrati è, di per sé, una prova schiacciante che può portare a una condanna per furto, con tutte le conseguenze legali del caso, inclusa la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione alla Cassa delle ammende.
È necessario provare chi ha materialmente manomesso il contatore per essere condannati per furto di energia elettrica?
No, secondo l’ordinanza, non è rilevante accertare l’autore materiale della manomissione quando è provato che l’imputato era consapevole di utilizzare energia sottratta alla regolare contabilizzazione.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato (mancata prova della manomissione) non affrontava la ragione centrale della condanna, ovvero l’ammissione di colpa dell’imputato. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto privo della necessaria specificità.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito di questa decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14600 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/10/2022 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
ED
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna del ricorrente per i delitti di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 cod. pen.;
Considerato che con l’unico motivo di ricorso l’imputato lamenta che non è stato accertato che egli è l’autore della condotta contestata di manomissione del contatore dell’energia elettrica ai fini della sottrazione della stessa;
Rilevato che la doglianza non si confronta con la motivazione della decisione impugnata laddove ha ritenuto irrilevante l’accertamento di dette circostanze a fronte dell’ammissione da parte dell’imputato che egli era consapevole di utilizzare l’energia al di fuori di ogni contabilizzazione da parte dell’ente erogatore (pag. 2) e che dunque la censura è priva della necessaria specificità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024