Furto di Energia Elettrica: Chi Risponde dell’Allaccio Abusivo?
Il furto di energia elettrica tramite allaccio abusivo o manomissione del contatore è un reato che pone questioni rilevanti sulla determinazione della responsabilità penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 14140 del 2024, torna a fare chiarezza su un punto cruciale: la responsabilità penale ricade, in via presuntiva, sul titolare del contratto di fornitura. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti di Causa e la Condanna
Il caso ha origine dalla condanna di una donna per il reato di furto pluriaggravato di energia elettrica. La Corte d’Appello, pur concedendo il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale, aveva confermato la sua responsabilità penale. Secondo l’accusa, l’imputata aveva beneficiato di un prelievo illecito di corrente elettrica.
Insoddisfatta della decisione, l’interessata ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: la presunta illogicità della motivazione che affermava la sua colpevolezza e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
L’analisi del furto di energia elettrica in Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, dichiarandoli entrambi inammissibili e mettendo fine alla vicenda processuale. La decisione si fonda su principi consolidati sia nel diritto penale sostanziale che in quello processuale.
La Responsabilità Presunta del Titolare dell’Utenza
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato generico. L’imputata, infatti, si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in Appello, senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio giurisprudenziale fondamentale in materia di furto di energia elettrica: la titolarità del contratto di fornitura costituisce una prova presuntiva della responsabilità. In altre parole, si presume che chi ha intestato a proprio nome l’utenza sia anche il responsabile e il beneficiario dell’allaccio abusivo. È del tutto irrilevante, ai fini di questa presunzione, dimostrare chi abbia materialmente eseguito la manomissione. Essendo la fornitura intestata all’imputata, i giudici non hanno avuto dubbi sulla riconducibilità della condotta illecita alla stessa, in assenza di prove contrarie.
Il Diniego delle Attenuanti e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Anche il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ricordato che la sua funzione è quella di giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le scelte discrezionali dei giudici dei gradi precedenti, come quella sulla concessione delle attenuanti, se queste sono state motivate in modo logico e conforme alla legge.
Nel caso di specie, il giudice di primo grado aveva già spiegato le ragioni per cui non riteneva di concedere le attenuanti, e la Corte d’Appello aveva confermato tale valutazione, ritenendo la pena congrua. Poiché la decisione era stata giustificata in aderenza ai principi degli articoli 132 e 133 del codice penale, non vi era spazio per un intervento della Suprema Corte.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base della genericità e della manifesta infondatezza dei motivi proposti. Il primo motivo è stato considerato una mera riproposizione di argomenti già vagliati, senza una critica puntuale alla sentenza d’appello. La Corte ha rafforzato il principio per cui la qualità di titolare del contratto di utenza è una prova presuntiva sufficiente a fondare la responsabilità, salvo prova contraria. Per il secondo motivo, la Corte ha sottolineato la sua incompetenza a rivalutare nel merito decisioni discrezionali del giudice inferiore, qualora queste siano sorrette da una motivazione logica e aderente ai criteri di legge, come nel caso del diniego delle attenuanti generiche.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali. Primo, nel contesto del furto di energia elettrica, la responsabilità penale si presume in capo al titolare dell’utenza, che ha l’onere di dimostrare la propria estraneità ai fatti. Secondo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche è una prerogativa del giudice di merito e non può essere messa in discussione in Cassazione se la motivazione è immune da vizi logici o giuridici. La ricorrente è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Chi è responsabile in caso di furto di energia elettrica tramite allaccio abusivo?
Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, la responsabilità penale si presume in capo alla persona a cui è intestato il contratto di fornitura, poiché questa costituisce una prova presuntiva della responsabilità.
Perché la Corte di Cassazione non ha concesso le circostanze attenuanti generiche?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alle attenuanti perché non può riesaminare nel merito una decisione del giudice precedente se questa è motivata in modo logico e conforme alla legge. La valutazione sulla concessione delle attenuanti è una prerogativa del giudice di merito.
Cosa significa che un motivo di ricorso è “generico”?
Significa che il motivo non è specifico e si limita a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte nei gradi di giudizio precedenti, senza contestare in modo puntuale le ragioni esposte nella sentenza che si sta impugnando.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14140 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14140 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CARINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che l’imputata NOME ricorre avverso la sentenza con ttpi,,(0 cui la Corte di Appello di Palermo dell’Il rr9T7 – d 2023, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale cittadino ha concesso il beneficio della non menzione, confermando nel resto la condanna per il reato di furto pluriacigravato di energia elettrica (artt.624,625 nn.2 e 7 cod. pen.);
-Ritenuto che il primo motivo di ricorso – con cui la ricorrente deduce la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sua penale responsabilità è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, pertanto, non specifici prospettando deduzioni del tutto generiche a fronte di una motivazione immune da vizi logici ( pag.2 laddove la sentenza impugnata richiama la giurisprudenza di questa Corte – Cass. N.32025/2014 e n. 41554/2006- secondo la quale è del tutto irrilevante la dimostrazione che il collegamento abusivo venga compiuto materialmente dall’imputato, costituendo la qualità di titolare del contratto di utenza prova presuntiva della responsabilità. Essendo la fornitura intestata alla stessa appellante non ci sono dubbi circa la riconducibilità della condotta illecita alla stessa);
-Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – con cui la ricorrente denunzia il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche -non è consentito in sede di legittimità, in quanto affidato a deduzioni prive di confronto con il tenore della motivazione rassegnata a sostegno della statuizione censurata; la Corte di merito confermava quanto statuito dal giudice di primo grado, il quale specificava le ragioni che impedivano la concessione delle circostanze attenuanti di cui si discute e riteneva congrua la pena da infliggere in concreto; d’altra parte, per costante giurisprudenza, non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
-Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore dell cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024 Il C , pRsigliere estensore