Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14556 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14556 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOME COGNOME nata PALERMO il 09/02/1946
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso
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Ritenuto in fatto
È oggetto di ricorso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Corte d’appello ha confermato la decisione di primo grado che ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del delitto di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, nn. 2 e 7, cod. pen., condannandola alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.2 Col secondo e terzo motivo, si eccepisce vizio di motivazione, nonché violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. d) del codice di rito. Premette la difesa che la Corte distrettuale avrebbe confuso l’attività accertativa svolta dal teste -mai escusso- COGNOME, cui non si applicano le disposizioni di cui all’art. 360 del codice di rito, con l’attività di verifica svolta dal teste Siracusa in data 12 aprile 2017. Si osserva, inoltre, che erroneamente la Corte ha ritenuto che l’imputata, seppur invitata dalla società erogatrice a presenziare alle operazioni di verifica, sia stata volontariamente assente. I giudici dell’appello non hanno considerato che l’invito non è mai stato ricevuto dall’imputata, come accertato in sede civile, con sentenza n. 897 del 12 febbraio 2024. Tale atto, intervenuto nelle
2.1 Con il primo motivo, si duole di vizio di motivazione in relazione alla valutazione della documentazione prodotta dalla difesa sia nel corso del giudizio di primo grado sia in grado d’appello. Il riferimento è 1) alla nota E-DIS, inviata dalla Enel Distributore s.p.a. del 4 agosto 2018, da cui emergeva che la fornitura originariamente riconducibile all’imputata, “risultava cessata nel 2011”; sicché quest’ultima non poteva considerarsi intestataria dell’utenza, come confermato dal teste di difesa Muratore, marito dell’imputata (che riferiva della cessazione del contratto, per via telefonica, in data 8 agosto 2011); successivamente al 2011 “non risultano ulteriori subentrati” alla fornitura; 2) illogicamente ignorata è poi la circostanza della mancata prova del prelievo irregolare di energia elettrica, attesa la non attendibilità del metodo di calcolo (della potenza tecnicamente prelevabile, anziché della potenza effettiva) adottato dalla società erogatrice; 3) sottovalutata, inoltre, è la difformità dei numeri di verifica indicati nella fattura e nel verbale di accertamento, ciò che è stato invece rimarcato dalla sentenza civile allegata al presente ricorso; 4) il tecnico incaricato del rimozione dell’apparecchio di misura non accedeva ai locali collegati alla precedente utenza e, quindi, non eseguiva alcun accertamento circa la presenza di energia elettrica correlata al contatore manomesso, come risulta dal verbale di rimozione del 26 maggio 2016. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
more del giudizio d’appello e pur depositato tempestivamente in occasione dell’ultima udienza d’appello, è stato del tutto sottaciuto in motivazione. Ciò rende l’impugnata sentenza illegittima anche dal punto di vista della giurisprudenza in tema di doppia conforme, come dedotto col quarto motivo, attesa l’esistenza di elementi nuovi, ritualmente eccepiti in appello.
Sono state trasmesse le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore · generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
I quattro motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione e per un ritornare delle censure nelle varie doglianze, sono, nel loro complesso, infondati per le ragioni di seguito illustrate.
Innanzitutto, la ricorrente, non confrontandosi con la motivazione dell’impugnato provvedimento, elude un dirimente profilo, già evidenziato dal giudice di primo grado, vale a dire che l’immobile, almeno fino alla verifica del maggio 2016, era di proprietà del Muratore, marito dell’odierna imputata, e si trovava nell’effettiva disponibilità dell’imputata.
Proprio tale profilo ha logicamente orientato in termini univoci, alla luce del razionale criterio dell’interesse al compimento dell’illecito, le conclusioni della Corte territoriale, che ha ragionevolmente correlato alla titolarità dell’immobile la manomissione del contatore, finalizzata a precludere qualunque misurazione dei consumi.
Questo essendo il cuore della decisione, diviene del tutto irrilevante l’apporto argomentativo che può trarsi dalla sentenza civile prodotta e dagli atti sopra ricordati, in quanto, nella presente sede, non si tratta di verificare, come nel giudizio civile, la fondatezza, o meno, della pretesa di pagamento delle specifiche somme richieste dalla società somministratrice.
Né assume rilievo il fatto che fosse o non intervenuta la cessazione del contratto nel 2011 – e tanto è stato ribadito dalla sentenza impugnata – dal momento che la riconducibilità dell’illecito alla ricorrente non riposa sulla formale titolarità o non di un contratto, ma1(d(ll’esistenza di – altrimenti non logicamente spiegabili – artifici che impedivano la misurazione dell’energia elettrica che serviva l’immobile della ricorrente stessa.
In tale prospettiva, che rende evidente la non fondatezza del primo e del terzo motivo l + del tutto inconferente è la generica censura di assenza di una “doppia conforme” sviluppata nel quarto motivo, senza che se ne riesca ad apprezzare la
rilevanza scardinante dell’impianto logico-argormentativo della decisione impugnata.
Le considerazioni appena svolte danno conto dell’infondatezza del secondo motivo, dal momento che, in disparte il tema dell’avviso indirizzato alla ricorrente
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di presenziare alle operazioni di verifica, resta fermo l’argomento in diritto
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conforme alla giurisprudenza di questa Corte – secondo il quale l’attività di iérifici
dello stato dei luoghi effettuata, in occasione di accertamenti per furto di energia elettrica, dal personale dell’ente erogatore, non costituisce atto irripetibile cui
debbano applicarsi le garanzie difensive di cui all’art. 360 cod. proc. pen. (Sez.
5, n. 45253 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282286 – 01).
2. Per le ragioni fin qui evidenziate, il Collegio rigetta il ricorso. Alla pronuncia di rigetto, consegue,
ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 06/02/2025
Il consigliere estensore
Il presidente