Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35985 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35985 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/02/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo emessa in data 18.01.2024 che aveva condanNOME NOME COGNOME alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 350,00 di multa per il reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 e 7 cod.pen.
L’imputata ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità penale nei suoi confronti e per il riconoscimento dell’aggravante della violenza sulle cose ex art. 625, n.2 cod. pen.
Il motivo addotto è riproduttivo di doglianze già adeguatamente vagliate dai
giudici di appello e non è scandito da adeguata critica alle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata (pag. 2-3-4). Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708). La Corte di merito ha fornito una motivazione lineare e coerente in ordine agli elementi probatori a carico dell’imputata. La Corte, rilevando che si era proceduto al controllo sul contatore a seguito di segnalazione di un dipendente del RAGIONE_SOCIALE che nella mattinata del 20.02.2019, recatosi per motivi di ufficio presso l’abitazione dell’imputata, si era reso conto della manomissione del contatore Enel, richiama le dichiarazioni del tecnico COGNOME che, in sede testimoniale, all’udienza del 19.01.2023, confermava il contenuto del verbale di verifica redatto il 20.02.2019, che attestava la sussistenza, presso l’abitazione della NOME, di un allaccio abusivo alla rete elettrica. La Corte ha inoltre valorizzato il verbale di identificazione del 20.02.2019 e la C.N.R. del 28.02.2019 dai quali risultava che l’odierna imputata era residente presso l’abitazione ove era stato eseguito il controllo ed aveva firmato il relativo verbale nella qualità di “utilizzatore della fornitura per usi domestici” Sulla base di tali elementi, con motivazione logica e pertinente, la Corte ha ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputata, richiamando i principi
elaborati in sede di legittimità, secondo cui risponde del reato di furto di
energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, colui che si sia av consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato terzi (Sez. 5, n. 24592 del 30/04/2021, Rv. 281440). Ancora, in tem di furto di energia elettrica, l’aggravante della violenza sulle cose – pr dall’art. 625, primo comma, n. 2), cod. pen. – è configurabile anche quand l’allacciamento abusivo alla rete di distribuzione venga materialment compiuto da persona diversa dall’agente che si limiti a fare uso dell’alla altrui, trattandosi di circostanza di natura oggettiva, valutabile a dell’agente se conosciuta o ignorata per colpa, con la conseguenza che l distinzione tra l’autore della manomissione e il beneficiario dell’energia rilevare, ai fini della configurabilità del reato o della circostanza aggra solo nel caso in cui incida sull’elemento soggettivo (Sez.4, n. 5973 05/02/2020, Rv. 278438).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cass delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 ottobre 2025.