Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28520 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28520 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a PALERMO il 26/07/1968
avverso la sentenza del 27/11/2024 della Corte d’appello di Palermo Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; letta la memoria del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronunzia del Tribunale di Palermo del 26.04.2022, che condannava NOME NOME alla pena di giustizia, per il reato di furto di energia elettrica mediante allaccio diretto alla rete B.T., di cui agli artt.624, 625 n.2 e 7 cod. pen., con le aggravanti di avere commesso il fatto su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede, o destinata a pubblico servizio o pubblica utilità, e per avere usato violenza sulle cose.
Contro l’anzidetta sentenza, l ‘i mputato propone ricorso affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta violazione di legge, in relazione agli artt.624,
625 n.7 cod. pen. e D. Lgs. 150 del 2022 e succ. modif. Si duole che la Corte d’appello ha ritenuto il reato procedibile d’ufficio, per la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 625 n.7 c od. pen., dell’avere commesso il fatto su beni destinati a pubblico servizio o a pubblica utilità, sebbene la sentenza di primo grado avesse applicato tale aggravante in quanto bene esposto per necessità o per consuetudine alla pubblica fede. La Corte d’appello, a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 150/2022, tenuto conto del disposto di cui all’art.624, co . 3, cod. proc. pen., avrebbe, quindi, dovuto emettere sentenza di non doversi procedere per difetto della condizione di procedibilità della querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel complesso infondato.
1.1 Il primo ed unico motivo di ricorso non è consentito in sede di legittimità perché mancava il corrispondente motivo di appello. Ed invero, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 -01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Va, comunque rilevato che, a seguito della modifica dell’art. 624, comma 3, cod. pen., intervenuta per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. 10 ottobre 2022 n.150, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di furto, anche se aggravato o pluriaggravato ai sensi dell’art. 625 cod. pen., è divenuto punibile a querela della persona offesa, tranne che nei seguenti casi: – se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; – se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numero 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede (il reato, quindi, è procedibile di ufficio anche quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici, stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità,
difesa o reverenza); – se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numero 7-bis.
2.2 La circostanza aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio è sicuramente connotata da componenti di natura valutativa, poiché impone una verifica di ordine giuridico (sulla natura della res, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di “pubblico servizio”), che riposa su considerazioni in diritto che non sono rese palesi dal mero riferimento all’oggetto sottratto.
Secondo i recenti approdi della giurisprudenza della Quinta Sezione Penale in casi analoghi (tra le molte, Sez. 5, n. 14890 del 14/3/2024, COGNOME, Rv. 286291; Sez. 5, n. 14888 del 14/3/2024 e, successivamente alla presente decisione, Sez. 5, n. 28108 del 7/6/2024), che il Collegio intende ribadire, l’aggravante con natura “valutativa” dell’essere la cosa sottratta destinata a pubblico servizio (art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.) è da ritenersi adeguatamente contestata anche ove venga evocata non esplicitamente ma con perifrasi o espressioni che la riguardino puntualmente, idonee a consentire all’imputato di difendersi e, per questo, utili a prendere il posto della contestazione formale. Ciò perché le Sezioni Unite, nella sentenza Sez. U, n. 24906 del 18/4/2019, Sorge, Rv. 275436, distinguendo tra aggravanti contestabili in fatto ed aggravanti con natura “valutativa”, che hanno bisogno di essere specificamente evocate nell’imputazione per potersi ritenere validamente contestate, ricostruiscono in modo articolato, e non con una soluzione rigida, la questione riguardante le modalità di contestazione delle aggravanti che non presentano la caratteristica di essere “autoevidenti”, vale a dire immediatamente percepibili da un agente “medio” nella loro portata aggravatrice del trattamento sanzionatorio, sì da potersi legittimamente ritenere contestabili “in fatto”. Per le Sezioni Unite, nel primo caso, è doverosa una contestazione che risulti chiara e precisa e che richiami l’imputato ad una difesa accorta e puntuale, visto che l’intera disciplina delle coerenza tra contestazione e sentenza è funzionale ad assicurare la piena esplicazione del diritto di difesa; ma è anche consentito che l’aggravamento derivante dalla destinazione pubblica del bene sottratto possa ritenersi adeguatamente contestato ed evidenziato mediante “espressioni evocative” che lo riguardino puntualmente, espressioni che, perciò, risultano anche idonee a prendere il posto della contestazione formale (quella cioè effettuata mediante l’indicazione dell’articolo di legge o del comma in cui è menzionata l’aggravante).
2.3 La Corte d’appello , correttamente, ha ritenuto che, nonostante le modifiche introdotte dal D. Lgs. N.150/2022, il reato oggetto della contestazione è rimasto procedibile d’ufficio.
Nella specie, come è agevole rilevare dalla disamina della chiara ed inequivoca formulazione del capo di imputazione, l’aggravante dell’ essere l’ energia elettrica destinata a pubblico servizio o a pubblica utilità, risulta ritualmente contestata, in diritto, mediante la indicazione della norma giuridica di riferimento (art. 625 n.7 cod. pen.), in fatto, mediante la espressa indicazione della destinazione dell’energia elettrica a pubblico servizio.
Quanto alla qualificazione giuridica, correttamente, la Corte territoriale, ha ritenuto il reato procedibile d’ufficio, per essere stata contestata efficacemente l’aggravante dell’avere commesso il fatto su beni destinati a pubblico servizio o a pubblica utilità, aggravante che sussiste in tutti i casi di sottrazione mediante l’allacciamento abusivo alla rete esterna , indipendentemente dal nocumento arrecato agli altri utenti, perché la rete serve a distribuire l’energia tra tutti gli utenti.
Nessun dubbio sussiste circa la condotta oggetto di contestazione, ben descritta nella sentenza di primo grado, che riconosce tutte le aggravanti contestate, esplicitamente, quanto all’essere il bene esposto per necessità o consuetudine alla pubblica fede, implicitamente, quanto alla contestazione, anche in fatto, della destinazione dell’energia elettrica a pubblico servizio, con l’espresso riferimento alla sottrazione di energia elettrica, mediante allaccio abusivo diretto alla rete Enel, nonché nel dispositivo, laddove, ha ritenuto tutte le aggravanti contestate e non ha escluso la contestazione anche di questa seconda forma di aggravante.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16/06/2025.