Furto di energia elettrica: quando l’allaccio abusivo è reato aggravato?
Il furto di energia elettrica tramite allacciamento abusivo alla rete è una pratica illegale che comporta serie conseguenze penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, perché tale condotta integri un reato aggravato, respingendo le argomentazioni difensive di un imputato. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire la logica giuridica dietro la condanna.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dalla condanna, confermata in appello, di un individuo per il reato di furto aggravato di energia elettrica. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver beneficiato di un allacciamento illegale alla rete elettrica per alimentare la propria abitazione. Per difendersi, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali.
I Motivi del Ricorso: una difesa a due punte
La difesa ha articolato il ricorso su due punti distinti ma interconnessi:
1. Estraneità ai fatti: L’imputato sosteneva di essersi trasferito nell’immobile da pochissimo tempo e di essere stato presente solo per effettuare delle misurazioni in vista di un trasloco imminente. Di conseguenza, affermava di essere completamente estraneo alla realizzazione dell’allacciamento abusivo, non potendone essere considerato responsabile.
2. Errata qualificazione giuridica: In subordine, la difesa contestava l’applicazione dell’aggravante prevista dall’articolo 625, n. 7, del Codice Penale. Secondo questa tesi, la manomissione di un contatore non dovrebbe far scattare l’aggravante, poiché il contatore stesso serve gli interessi privati della società erogatrice e dell’utente, e non sarebbe quindi una ‘cosa destinata a pubblico servizio’.
Le Motivazioni della Cassazione: la conferma dell’aggravante nel furto di energia elettrica
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni difensive con motivazioni precise.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato un principio fondamentale del processo penale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio sul merito. La ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado (Tribunale e Corte d’Appello). Poiché i giudici di merito avevano già fornito una motivazione logica e coerente sulla responsabilità dell’imputato, basata su criteri di inferenza e massime di esperienza, la Cassazione non poteva riesaminare tali conclusioni.
Sul secondo e più importante punto, quello giuridico, la Corte ha fatto riferimento al suo orientamento consolidato. Ha stabilito che il furto di energia elettrica mediante allacciamento abusivo integra sempre l’aggravante della destinazione a pubblico servizio. La ragione non risiede nel fatto che l’energia sia esposta alla ‘pubblica fede’ mentre transita nella rete, ma nella sua destinazione finale. L’energia elettrica è, per sua natura, un bene destinato a un servizio pubblico essenziale. La condotta di chi la sottrae abusivamente la distoglie da questa sua destinazione pubblica, indipendentemente dal fatto che l’allaccio avvenga in una proprietà privata. La destinazione a pubblico servizio, quindi, permane anche in caso di sottrazione illecita.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un principio giuridico di grande rilevanza pratica: chiunque si allacci abusivamente alla rete elettrica commette un furto aggravato. La difesa basata sulla natura ‘privata’ del contatore o del punto di prelievo è destinata a fallire, poiché ciò che conta è la natura del bene sottratto: l’energia elettrica, un bene per definizione destinato a un servizio pubblico. La decisione serve anche da monito: le argomentazioni relative alla propria innocenza devono essere provate con solidi elementi nei primi due gradi di giudizio, poiché la Corte di Cassazione non può sostituirsi ai giudici di merito nella valutazione dei fatti.
Perché il furto di energia elettrica è considerato un reato aggravato?
Perché l’energia elettrica è considerata un bene destinato a un pubblico servizio. Di conseguenza, la sua sottrazione tramite un allacciamento abusivo integra l’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, del Codice Penale, che punisce più severamente il furto di cose destinate a pubblica utilità.
È possibile sostenere davanti alla Corte di Cassazione di non essere il responsabile materiale dell’allaccio abusivo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti e le prove del processo. Questo tipo di argomento, che riguarda la ricostruzione dei fatti e la valutazione della colpevolezza, deve essere presentato e provato davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello. La Cassazione si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, per manifesta infondatezza dei motivi, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45060 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45060 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il 27/04/1984
avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di furto di energia elettrica aggravato dall’avere commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio.
Considerato che la difesa ha articolato i seguenti motivi di ricorso: 1. Erronea applicazione degli artt. 624, 625 n. 7 cod. pen. con conseguente erronea qualificazione giuridica del fatto ed erronea applicazione dell’art. 85 d.lgs. 150/2022. La difesa contesta l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, ponendo in evidenza come il ricorrente si fosse insediato nell’abitazione da pochissimo tempo, trovandosi nell’appartamento interessato dal controllo soltanto per effettuare delle misurazioni in vista dell’imminente trasloco ed essendo per questo motivo del tutto estraneo all’abusivo allacciamento; 2. Erronea applicazione degli artt. 624, 625 n. 7 cod. pen. con conseguente erronea qualificazione giuridica del fatto ed erronea applicazione dell’art. 85 d.lgs. 150/2022. La difesa assume che la manomissione del contatore non integra l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. atteso che il contatore, destinato a misurare l’effettivo consumo di energia elettrica nell’interesse esclusivo della compagnia erogatrice e dell’utente, non può essere considerato una cosa destinata a pubblico servizio.
Rilevato che le deduzioni sviluppate dalla difesa nel primo motivo di ricorso, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, concernendo in realtà la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito, unitamente al primo giudice, una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che, per consolidato orientamento della Corte di legittimità, “In tema di furto di energia elettrica, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. in caso di sottrazione mediante allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata, rilevando, non già l’esposizione alla pubblica fede dell’energia mentre transita nella rete, bensì la destinazione finale della stessa a un pubblico servizio dal quale viene distolta, destinazione che comunque permane anche nella ipotesi di una tale condotta” (così Sez. 5, n. 1094 del 03/11/2021, dep. 2022, Rv. 282543 – 01).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi proposti, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente