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Furto di energia elettrica: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per vari reati, tra cui il furto di energia elettrica aggravato. La Corte ha ritenuto i motivi di appello manifestamente infondati o eccessivamente generici. In particolare, ha confermato che l’allaccio abusivo alla rete esterna configura l’aggravante del furto su cose destinate a pubblico servizio, rendendo il ricorso inaccoglibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto di Energia Elettrica: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in Cassazione, specialmente in casi complessi che includono reati come il furto di energia elettrica aggravato, resistenza a pubblico ufficiale e coltivazione di sostanze stupefacenti. La Suprema Corte, con una decisione netta, dichiara l’inammissibilità del ricorso, ribadendo principi fondamentali sia di diritto sostanziale che processuale.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato in primo grado dal GIP del Tribunale di Palermo presentava ricorso per Cassazione, contestando la sentenza su tre punti principali:

1. L’aggravante nel furto di energia elettrica: Contestava la sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale per il reato di furto, che aveva reso il reato procedibile d’ufficio.
2. La resistenza a pubblico ufficiale: Sosteneva che le accuse relative al reato di cui all’art. 337 c.p. fossero generiche e basate su una errata ricostruzione dei fatti.
3. La determinazione della pena: Criticava il giudice di merito per essersi discostato dal minimo edittale nella commisurazione della pena per il reato di coltivazione di stupefacenti, ritenendo l’esercizio del potere discrezionale non corretto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non entra nel merito di una nuova valutazione dei fatti, ma si concentra sulla correttezza giuridica dei motivi presentati. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha analizzato separatamente ciascun motivo di ricorso, fornendo una chiara spiegazione per la sua decisione di inammissibilità.

Analisi del Primo Motivo: Il furto di energia elettrica e l’aggravante

Il punto centrale della difesa era la contestazione dell’aggravante legata al furto di energia elettrica. La Corte ha definito il motivo ‘manifestamente infondato’. Richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato (sentenza n. 48529/2023), ha ribadito che la sottrazione di energia elettrica tramite un allacciamento abusivo alla rete esterna configura sempre l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 c.p. (furto su cose destinate a un pubblico servizio).

Il principio chiave non è l’esposizione della cosa alla ‘pubblica fede’, ma la sua destinazione finale a un servizio pubblico, dal quale viene illecitamente distolta. Pertanto, l’aggravante sussiste e, di conseguenza, il reato è procedibile d’ufficio, rendendo irrilevante la presenza o meno di una querela.

Analisi del Secondo Motivo: La Resistenza a Pubblico Ufficiale

Relativamente al reato di resistenza a pubblico ufficiale, la Corte ha liquidato il motivo come ‘genericamente proposto’. L’imputato si era limitato a contestare la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, senza sollevare specifiche questioni di diritto. La Cassazione ha ricordato che non è sua competenza riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Poiché il giudice di primo grado aveva individuato in modo ‘ineccepibile’ la condotta minacciosa e violenta, il motivo è stato ritenuto inammissibile.

Analisi del Terzo Motivo: La Determinazione della Pena

Anche il terzo motivo, riguardante la quantificazione della pena per la coltivazione di stupefacenti, è stato considerato una ‘generica censura in fatto’. Il giudice di merito aveva motivato la sua decisione di applicare una pena superiore al minimo edittale sulla base di elementi concreti: il notevole quantitativo di sostanza stupefacente e le modalità professionali utilizzate per la coltivazione. La Corte ha stabilito che tale valutazione rientra pienamente nei poteri discrezionali del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è correttamente motivata.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione conferma tre principi giuridici di grande rilevanza pratica:

1. Il furto di energia elettrica tramite allaccio abusivo alla rete pubblica è sempre un reato aggravato, procedibile d’ufficio.
2. Il ricorso in Cassazione non può limitarsi a una generica contestazione dei fatti accertati nei gradi di merito, ma deve sollevare precise questioni sulla violazione della legge.
3. Il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena è insindacabile in Cassazione se la decisione è supportata da una motivazione logica e coerente con i fatti processuali.

Quando il furto di energia elettrica è considerato un reato aggravato?
Secondo la Corte di Cassazione, il furto di energia elettrica è sempre aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 7 c.p. quando avviene tramite sottrazione mediante un allacciamento abusivo alla rete esterna. L’aggravante non dipende dall’esposizione a pubblica fede, ma dal fatto che l’energia viene distolta dalla sua destinazione a un pubblico servizio.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono manifestamente infondati, cioè giuridicamente insostenibili, oppure quando sono proposti in modo generico, limitandosi a contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito (cd. ‘censura in fatto’) senza sollevare specifiche questioni sulla violazione o errata applicazione della legge.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, non è possibile contestare in Cassazione l’entità della pena se questa rientra nei limiti edittali previsti dalla legge e se il giudice di merito ha correttamente motivato la sua decisione, esercitando il proprio potere discrezionale sulla base di elementi concreti (come, nel caso di specie, la quantità di stupefacente e le modalità professionali della coltivazione).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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