Furto di Energia: Responsabilità e Aggravanti Secondo la Cassazione
Il furto di energia elettrica tramite allacci abusivi è un reato che solleva complesse questioni legali, soprattutto riguardo alla responsabilità individuale e all’applicazione delle aggravanti. Con l’ordinanza n. 14190/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su questo tema, offrendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità del reato e sulla valutazione della recidiva. La decisione conferma un orientamento rigoroso, stabilendo che la semplice fruizione dell’energia sottratta è sufficiente a integrare il reato aggravato, anche se l’allaccio è stato materialmente realizzato da un’altra persona.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto aggravato di energia elettrica. La sentenza, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, riconosceva la sua responsabilità penale. All’imputato venivano concesse le circostanze attenuanti generiche, ma in regime di equivalenza con le aggravanti contestate, inclusa la recidiva, portando a una condanna ritenuta di giustizia. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, contestando la propria colpevolezza e la corretta applicazione della recidiva.
I Motivi del Ricorso e le questioni sul furto di energia
Il ricorrente basava la sua difesa su due motivi principali. In primo luogo, sosteneva che la sua responsabilità dovesse essere esclusa o quantomeno ridimensionata, data la presenza di altri soggetti nella stessa abitazione che beneficiavano dell’energia sottratta. Secondo la sua tesi, non era l’unico responsabile dell’illecito. In secondo luogo, contestava la valutazione della recidiva, ritenendola ingiustamente applicata e chiedendone l’esclusione. La difesa mirava a ottenere un’assoluzione o, in subordine, una pena più mite.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, rigettando entrambe le argomentazioni difensive.
Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che la presenza di altri coinquilini non esclude la responsabilità penale dell’imputato. Il fatto rilevante è l’utilizzo consapevole dell’energia proveniente dall’allaccio abusivo. La Corte ha richiamato un suo precedente consolidato (Sez. 5, n. 32025 del 19/02/2014), secondo cui l’aggravante della violenza sulle cose (art. 625, n. 2 c.p.), tipica della manomissione del contatore, sussiste anche quando l’autore del reato si limita a fare uso dell’allaccio abusivo materialmente compiuto da un’altra persona. La condotta penalmente rilevante non è solo la manomissione fisica, ma anche la successiva fruizione dell’energia illecitamente derivata.
Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla recidiva, la Cassazione ha ritenuto la valutazione dei giudici di merito corretta e priva di vizi logici. La recidiva era stata applicata tenendo conto della personalità dell’imputato e delle sue precedenti condanne per reati contro il patrimonio o commessi a scopo di lucro. Questa storia criminale, secondo la Corte, dimostrava una chiara “propensione a delinquere”, rendendo la condotta attuale non un episodio isolato, ma una nuova manifestazione di una tendenza criminale consolidata.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali in materia di furto di energia elettrica. In primo luogo, la responsabilità penale per furto aggravato non richiede che l’imputato sia l’autore materiale della manomissione del contatore; è sufficiente che ne tragga consapevolmente vantaggio. Questo principio estende la portata dell’aggravante della violenza sulle cose a tutti coloro che utilizzano l’allaccio illegale. In secondo luogo, la valutazione della recidiva deve basarsi su un’analisi concreta della personalità del reo e dei suoi precedenti, come indicatori di una persistente inclinazione al crimine. La decisione, pertanto, consolida un approccio severo, volto a sanzionare non solo l’atto materiale del furto, ma anche il suo consapevole sfruttamento.
Chi è responsabile in caso di furto di energia in un’abitazione con più persone?
La presenza di altre persone nell’abitazione non esclude la responsabilità penale di chi utilizza l’energia sottratta. La Corte ha chiarito che la fruizione consapevole dell’allaccio abusivo è sufficiente per essere considerati responsabili del reato.
Il furto di energia è considerato aggravato anche se non ho manomesso io il contatore?
Sì. Secondo la Cassazione, l’aggravante della violenza sulle cose si applica anche quando una persona si limita a utilizzare un allaccio abusivo realizzato materialmente da qualcun altro. Ciò che conta è lo sfruttamento del bene sottratto tramite la manomissione.
Come viene valutata la recidiva in un caso di furto di energia?
La recidiva viene valutata analizzando la personalità dell’imputato e i suoi precedenti penali. Se le condanne passate, specialmente per reati contro il patrimonio o a scopo di lucro, indicano una “propensione a delinquere”, la recidiva viene correttamente applicata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14190 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14190 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo del 24 giugno 2020 che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato e, concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza alle contestate aggravanti, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
– che il primo motivo del ricorso dell’imputato, con il quale il ricorrente denunzia la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione al mancato accoglimento della richiesta di assoluzione dell’odierno ricorrenl:e, oltre ad essere riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e correttamente disattesi dai giudici di merito (si veda pagina 1 del provvedimento impugnato), è manifestamente infondato perché inerente ad asseriti difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione non emergenti dal provvedimento impugnato in cui si evidenzia che la presenza di altri soggetti nella medesima abitazione non esclude la responsabilità dell’imputato, anche in considerazione del fatto che questa Corte ha affermato che in tema di furto di energia elettrica, sussiste l’aggravante della violenza sulle cose prevista dall’art. 625, comma primo, n. 2 cod. pen. anche quando l’allacciamento abusivo alla rete di distribuzione venga materialmente compiuto da persona diversa dall’agente,, il quale si limita solo a fare uso dell’allaccio altrui (Sez. 5, n. 32025 del 19/02/2014, Rizzuto, Rv. 261745);
che il secondo motivo del ricorso dell’imputato, con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio della motivazione con riferimento alla mancata esclusione della contestata recidiva, è anch’esso manifestamente infondato in quanto inerente ad asseriti difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione non emergenti dal provvedimento impugnato, nel quale i giudici di merito affermano, con motivazione esente da vizi, come la recidiva sia stata correttamente valutata in relazione alla personalità dell’imputato stante le precedenti condanne riportate per reati contro il patrimonio o determinati da motivi di lucro, rappresentando la presente condotta una nuova manifestazione della propria propensione a delinquere (si veda, in particolare, pag. 1 della sentenza impugnata);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si
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reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.