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Furto di acqua: quando l’arresto è legittimo?

La Corte di Cassazione chiarisce la natura del furto di acqua tramite allaccio abusivo. Un uomo, arrestato per essersi impossessato di acqua dalla rete pubblica, aveva visto il suo arresto non convalidato in prima istanza. Il Tribunale riteneva mancasse la flagranza, non essendo stato colto nell’atto di creare il collegamento. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il furto di acqua è un reato a consumazione prolungata. La flagranza sussiste per tutto il tempo in cui la captazione abusiva è in corso, rendendo l’arresto legittimo anche se l’autore non viene sorpreso durante la manomissione iniziale.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto di acqua: la Cassazione conferma l’arresto in flagranza

Il furto di acqua tramite allaccio abusivo alla rete pubblica è un reato che solleva importanti questioni procedurali, in particolare riguardo alla legittimità dell’arresto. Con la sentenza n. 19053/2025, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo, equiparando questa fattispecie a quelle, già consolidate, del furto di energia elettrica e gas, e definendola un reato a consumazione prolungata. Questa pronuncia ribalta una decisione di merito che aveva escluso lo stato di flagranza, consolidando un principio fondamentale per l’operato delle forze dell’ordine.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un arresto effettuato dai Carabinieri nei confronti di un individuo accusato di furto aggravato. L’uomo si era impossessato di una quantità indeterminata di acqua sottraendola all’acquedotto pubblico gestito da una società di servizi idrici. Il prelievo avveniva tramite un allaccio abusivo alla rete idrica, realizzato con un tubo flessibile di metallo. L’aggravante contestata era quella della violenza sulle cose, data la manomissione dell’infrastruttura pubblica.

Il Tribunale di Pisa, chiamato a convalidare l’arresto, aveva però respinto la richiesta. Secondo il giudice di primo grado, l’arresto non era legittimo in quanto l’indagato non era stato colto nell’atto materiale di realizzare l’allaccio abusivo. Mancavano, a suo avviso, le tracce di una commissione del reato “in tempi compatibili con l’arresto”, escludendo così la sussistenza dello stato di flagranza o quasi flagranza.

Contro questa ordinanza, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata interpretazione del concetto di flagranza applicato al furto di acqua.

La Decisione della Cassazione sul furto di acqua

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando senza rinvio l’ordinanza del Tribunale. La Suprema Corte ha stabilito che l’arresto era stato legittimamente eseguito. Il fulcro della decisione risiede nella qualificazione giuridica del reato.

I giudici hanno affermato che il furto di acqua potabile, realizzato con lo scopo di fruire di un servizio stabile, non è un reato istantaneo, ma una “fattispecie a consumazione prolungata”. Questo significa che la condotta illecita non si esaurisce nel momento in cui viene creato l’allaccio abusivo, ma perdura per tutto il tempo in cui continua l’illegittima captazione della risorsa idrica.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’analogia ormai pacifica con il furto di energia elettrica e gas. In questi casi, la giurisprudenza consolidata ritiene che il reato si consideri flagrante fino al momento dell’accertamento e dell’interruzione della fornitura. La consumazione del reato, infatti, si protrae nel tempo.

Di conseguenza, lo stato di flagranza che giustifica l’arresto non richiede che l’autore sia sorpreso nell’atto di manomettere il contatore o di effettuare il collegamento abusivo. È sufficiente che, al momento dell’intervento della Polizia Giudiziaria, la captazione dell’acqua sia ancora in corso. Le plurime captazioni d’acqua che si susseguono nel tempo costituiscono singoli atti di un’unica azione furtiva, spostando in avanti il momento della cessazione della condotta criminosa fino all’ultimo prelievo.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio di diritto: il furto di acqua tramite allaccio abusivo è un reato permanente o, più precisamente, a consumazione prolungata. Pertanto, lo stato di flagranza sussiste ogni volta che le forze dell’ordine intervengono e constatano che il prelievo illegale è in atto. Questa interpretazione ha implicazioni pratiche significative, poiché legittima l’arresto obbligatorio in flagranza previsto per il furto aggravato, garantendo uno strumento efficace per contrastare un fenomeno diffuso e dannoso per la collettività e per le società che gestiscono il servizio idrico pubblico.

Quando si considera in flagranza di reato il furto di acqua?
Secondo la Corte di Cassazione, il reato di furto di acqua si considera in stato di flagranza per tutto il tempo in cui la captazione abusiva è in corso, fino al momento dell’accertamento e dell’interruzione della fornitura.

Per arrestare una persona per furto di acqua è necessario coglierla mentre realizza l’allaccio abusivo?
No, non è necessario. La Corte ha chiarito che lo stato di flagranza non presuppone che l’autore sia sorpreso nell’atto di manomettere la rete idrica o di creare il collegamento, essendo sufficiente che il prelievo illegale di acqua sia in atto al momento dell’intervento delle forze dell’ordine.

Il furto di acqua è un reato istantaneo o a consumazione prolungata?
Il furto di acqua realizzato tramite un allaccio abusivo per una fruizione stabile è una fattispecie a consumazione prolungata. Questo significa che la condotta criminosa continua nel tempo, e il reato si considera commesso fino all’ultimo atto di prelievo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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