Furto d’acqua: la Cassazione e il ricorso ‘fotocopia’
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso non può essere una mera riproduzione di atti precedenti. Il caso in esame riguarda una condanna per furto d’acqua, ma la lezione è applicabile a un’ampia gamma di reati. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato la questione, sottolineando l’importanza di un confronto critico con le decisioni impugnate.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una donna per il reato di furto pluriaggravato di acqua potabile. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale, era stata pienamente confermata dalla Corte d’Appello, che aveva ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputata. Nonostante la doppia pronuncia conforme, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza di secondo grado.
Il Ricorso per Cassazione e il furto d’acqua
Il motivo centrale del ricorso alla Suprema Corte era fondato su un presunto vizio di motivazione riguardo all’affermazione della responsabilità penale. La difesa sosteneva che il ragionamento dei giudici d’appello fosse carente e illogico. Tuttavia, come evidenziato dalla Cassazione, il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già sollevate e respinte in appello, senza introdurre nuovi elementi critici specificamente rivolti contro la motivazione della sentenza impugnata. In pratica, l’atto era una copia delle argomentazioni precedenti, ignorando le risposte già fornite dal giudice di merito.
La questione dell’accertamento peritale
Un punto specifico toccato dalla Corte riguarda la richiesta di un accertamento peritale per determinare l’esatto periodo in cui l’acqua sarebbe stata sottratta. La Cassazione ha notato come la Corte d’Appello avesse già ampiamente spiegato, a pagina 5 della sua sentenza, le ragioni per cui tale accertamento fosse inutile ai fini della decisione. Il ricorso, non confrontandosi con questa specifica motivazione, ha dimostrato ulteriormente la sua natura meramente riproduttiva e, quindi, la sua inammissibilità.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e precisa. I giudici hanno stabilito che il motivo di ricorso era ‘meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito’. Un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve instaurare un dialogo critico con la sentenza che intende contestare, evidenziandone gli specifici errori logici o giuridici. Limitarsi a ripetere le proprie tesi, senza spiegare perché le risposte del giudice precedente sarebbero errate, equivale a non presentare un vero motivo di impugnazione.
Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità
L’inammissibilità del ricorso non è una mera questione formale, ma comporta conseguenze concrete e onerose. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha condannato l’imputata a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di scoraggiare ricorsi pretestuosi o dilatori. Con questa ordinanza, la sentenza di condanna per il furto d’acqua è diventata definitiva.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.
Qual era il reato contestato all’imputata?
Il reato contestato era il furto pluriaggravato di acqua potabile.
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27304 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27304 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 10287/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a Raggio Calabria il 18/04/1970; avverso la sentenza del 04/03/2025 della Corte d’appello di Reggio Calabria; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto pluriaggravato di acqua potabile;
che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità del ricorrente, Ł indeducibile in quanto meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata), con i quali il ricorrente non si confronta e che danno ampiamente conto dell’inutilità di un accertamento peritale avente per oggetto il periodo nel quale sarebbe stata sottratta l’acqua;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’articolo 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 09/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME