Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18538 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 18538 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 01/11/1964
avverso la sentenza del 04/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna di primo grado del ricorrente per i reati di furto aggravato di energia elettrica e di cui all’art. 322 cod. pen. in quanto, al fine di indurre l’addetto della società RAGIONE_SOCIALE, incaricato di un pubblico servizio, a compiere un atto contrario al suo ufficio, ossia a non redigere un verbale in ordine alla sottrazione della fornitura d’acqua, gli offriva una somma di denaro;
Considerato che, con il primo motivo, l’imputato lamenta motivazione apparente e travisamento della prova in ordine alla sussistenza del delitto di furto, poiché l’idoneità della calamita a inficiare la regolare registrazione dei consumi idrici sarebbe stata solo accertata de visu dall’incaricato della società RAGIONE_SOCIALE senza compiere alcun vaglio tecnico;
Ritenuto detto motivo inammissibile per genericità, perché non si confronta con la complessiva motivazione della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822), laddove pone in rilievo che l’intervento dell’addetto della società RAGIONE_SOCIALE si era reso necessario proprio per i consumi eccessivamente bassi registrati rispetto all’attività svolta di lavanderia e che la presenza della calamita, peraltro occultata dall’imputato, era atta a confermare il “sospetto” della società erogatrice;
Rilevato che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta che la condotta, ove pure accertata, avrebbe dovuto essere punita con la sanzione amministrativa di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 152 del 1999;
Considerato che la condotta di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 152 del 1999 attiene alla ben diversa fattispecie del consumo eccessivo di acqua pubblica e non già alla sottrazione al titolare, ossia alla società erogatrice dell’energia elettrica, della stessa senza il pagamento del corrispettivo dovuto (Sez. 5, n. 1010 del 24/11/2017, dep. 2018, Scalet, Rv. 271921; Sez. 4, n. 21586 del 29/01/2016, Marra, Rv. 267275);
Rilevato che, con il terzo motivo, l’imputato deduce motivazione apparente sulla richiesta assolutoria per il delitto di cui all’art. 322 cod. pen. in quanto sarebbe stata valorizzata solo l’espressione utilizzata dal denunciante in querela per la quale l’addetto della Ottogas sarebbe stato invitato a “chiudere un occhio”, senza valutare la serietà dell’offerta, le circostanze di tempo e di luogo etc.;
Ritenuto tale motivo manifestamente infondato poiché la decisione si è fondata, come ha logicamente posto in rilievo, sulle dichiarazioni del teste COGNOME ritenute dai giudici di merito lineari e prive di intento calunnioso, il quale ha riferito che il COGNOME gli mostrava delle banconote, non potendosi dunque fraintendere le intenzioni di questi, invitandolo a “chiudere un occhio”;
Rilevato che, con il quarto motivo, il ricorrente assume che è stata illegittimamente applicata la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 2, cod. pen. per avere la sentenza impugnata “confuso” l’aggravante contestata ritenendo configurabile quella del mezzo fraudolento in luogo di quella della violenza sulle cose indicata nel capo di imputazione e non verificatasi, in quanto, eliminata la calamita, non è stata necessaria alcuna attività di ripristino del contatore;
Ritenuto detto motivo manifestamente infondato poiché sin dall’origine è stata correttamente contestata la circostanza aggravante della sottrazione del bene mediante un mezzo fraudolento, ossia attraverso l’espediente della calamita;
Considerato che, mediante il quinto motivo, l’imputato denuncia motivazione apparente quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 323-bis cod. pen. in relazione al capo b);
Ritenuto il motivo inammissibile poiché, innanzi tutto, le circostanze ex art. 62-bis cod. pen. possono essere concesse solo in presenza di concreti elementi favorevoli atti a giustificare l’attenuazione del trattamento sanzionatorio, elementi che non sono dedotti neppure con il ricorso;
Ritenuto, quanto alla circostanza attenuante ex art. 323-bis cod. pen., che la sentenza impugnata ha congruamente argomentato il diniego della richiesta, evidenziando che la condotta è stata posta in essere per ottenere l’impunità per il reato di furto aggravato, dopo avere sottratto e occultato il magnete, il che impedisce di considerare la stessa di limitata gravità;
Rilevato che, mediante il sesto motivo, il ricorrente deduce travisamento probatorio e motivazione apparente rispetto al diniego della circostanza attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen. in assenza della quantificazione dell’energia asseritamente sottratta;
Ritenuta tale censura inammissibile a fronte dell’ampia e logica motivazione sotto tale aspetto della decisione impugnata (pag. 4-5), laddove sottolinea che non può ritenersi nella fattispecie in esame il pregiudizio di rilevanza economica minima perché l’imputato era titolare di un’attività di lavanderia che implica di regola il consumo di ingenti quantitativi di acqua e che il controllo seguiva ad un’anomalia dei consumi risultanti, insolitamente bassi, per un prolungato lasso temporale;
Ritenuto che la memoria del difensore del ricorrente non ha apportato
elementi concreti per pervenire ad una differente valutazione dei predetti motivi di ricorso;
Considerato che, con il settimo motivo, il ricorrente lamenta illegalità della
sanzione accessoria inflitta ai sensi dell’art. 32-ter cod. pen., non essendone stata determinata la durata rispetto alla forbice edittale da uno a cinque anni e
dovendo dunque la pena ritenersi perpetua;
Ritenuto tale motivo fondato, in quanto il Giudice avrebbe dovuto
determinare la durata della pena accessoria, entro la forbice edittale prevista dalla norma, operazione che può essere svolta oggi dal Collegio ex art. 620, lett.
I), cod. proc. pen., tenuto conto del complesso delle circostanze evidenziate nelle sentenze di merito per la ricostruzione del fatto e per la quantificazione della
pena principale;
Ritenuto che, all’esito di questa operazione, la pena accessoria in parola può
essere determinata in quella minima di un anno;
Ritenuto di dover dichiarare inammissibile il ricorso nel resto;
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata della pena accessoria di cui all’art. 32-ter cod. pen., che determina in anni uno. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 23/04/2025