Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45389 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45389 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECUI 02NGI2Z) nato a CATANIA il 27/08/1980
avverso la sentenza del 20/05/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dai Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e al mancato riconoscimento dell’ipotesi del tentativo, tenuto conto che i preziosi oggetto di appropriazione da parte del COGNOME sono stati detenuti dal medesimo per pochissimi istanti e che lo stesso non è mai stato perso di vista dai proprietari.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il proposto ricorso è inammissibile.
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito. Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. Ed invero, quanto al primo motivo, peraltro dedotto in termini assai generici e per la prima volta in Questa sede, costituisce ormai ius receptum il principio che, in tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, l questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Ry. 282773; conf. Sez. 6, n. 20270 del 27/4/2016, COGNOME, i:h/. 266678 nella cui motivazione, la Corte ha precisato che la questione postula un apprezzamento di merito precluso in sede di legittimità, ma che poteva essere proposto al giudice procedente al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione, come motivo di appello ovvero almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado; Sez. 7, Ordinanza n. 43838 del 27/5/2016, COGNOME, Rv. 268281; Sez. 3, Sentenza n. 19207 del 16/3/2017, COGNOME, Rv. 269913; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, Molo, Rv. 271877; Sez. 3, n. 23174 del 21/3/2018, Sarr, Rv. 272789; Sez. 2, n. 21465 del 20/3/2019, Semmah COGNOME Rv. 275782). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno dato conto che, come correttamente evidenziato dal Tribunale, il furto è consumato, atteso che l’imputato ha prelevato i preziosi dalla gioielleria, è uscito dal negozio e si è allontanato, così conseguendo il pieno possesso degli oggetti sottratti
(avendo il tempo, tra l’altro, di occultarli o passarli ad un eventuale complice all’esterno). Il fatto che la sua azione si stata notata da un cliente, che ha avvisato il titolare, e che i due abbiamo seguito, insieme, l’imputato, chiamando nel contempo i carabinieri, è un post factum idoneo ad incidere sul rapido accertamento del reato, ma non sulla sua consumazione, poiché, sia pure per breve tempo, i beni sono usciti dalla sfera di controllo del soggetto passivo.
La Corte territoriale, pertanto, ha fatto corretta applicazione dei principi che individuano il momento di consumazione del delitto di furto, in quanto “il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva” (vedasi anche Sez. 5, n.26749 del 11/4/2016, COGNOME, Rv. 267266), di guisa che “risponde di furto consumato e non semplicemente tentato chi, dopo essersi impossessato della refurtiva, non si sia ancora allontanato dal luogo della sottrazione e abbia esercitato sulla cosa un potere del tutto momentaneo, essendo stato costretto ad abbandonarla subito dopo il fatto per il pronto intervento dell’avente diritto o della polizia” (così Sez. 5, n.7704 del 5/5/1993, Gallo, Rv. 194483). Ai fini della configurazione dell’autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l’impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che Vagente abbia conseguito anche solo momentaneamente l’esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva disper sione, anche se questa non si sia, di fatto, realizzata per l’intervento di fattor causali successivi ed autonomi. In altri termini, l’agente acquisisce l’autonoma disponibilità della cosa sottratta – e la fattispecie si realizza in forma consumata solo quando il soggetto passivo del reato ne perda, correlativamente, la detenzione, anche mediata attraverso forme indirette di vigilanza e custodia. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle mende.