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Furto consumato: quando si perfeziona il reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato, confermando che il furto consumato si perfeziona nel momento in cui l’agente acquisisce l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva. Nel caso di specie, l’essersi allontanato di circa venti metri dall’esercizio commerciale è stato ritenuto sufficiente per integrare il reato, escludendo l’ipotesi del mero tentativo.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato: Quando il Reato è Perfezionato? L’Analisi della Cassazione

Capire la linea di confine tra un furto tentato e un furto consumato è una delle questioni più dibattute nel diritto penale. La distinzione non è puramente teorica, ma ha conseguenze pratiche significative sulla pena applicabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Settima Penale, offre un chiarimento fondamentale su questo punto, stabilendo che il reato si perfeziona quando l’agente ottiene un’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se solo per un breve momento e a poca distanza dal luogo del delitto.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato era stato condannato per furto. La sua difesa sosteneva che il reato dovesse essere qualificato come mero tentativo, e non come furto consumato, poiché il possesso della refurtiva era stato solo momentaneo.

Nello specifico, l’imputato si era allontanato per circa venti metri dall’esercizio commerciale dove aveva commesso il furto, portando con sé i beni sottratti. Secondo la tesi difensiva, questa breve distanza e il limitato lasso di tempo non erano sufficienti a integrare la piena consumazione del reato.

La Decisione della Corte e il Principio del Furto Consumato

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito un principio di diritto già consolidato, richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 52117 del 2014). Secondo tale orientamento, per la configurazione del furto consumato non è necessario che l’agente consegua il consolidamento definitivo del possesso, ma è sufficiente che abbia ottenuto un’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.

Nel caso di specie, il fatto di essersi allontanato di circa venti metri dal luogo del delitto è stato considerato un elemento decisivo. Questo spostamento, seppur breve, ha permesso all’agente di uscire dalla sfera di vigilanza diretta del soggetto passivo e di acquisire, anche se solo momentaneamente, il pieno controllo sui beni sottratti.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione tra il momento della sottrazione e quello dell’impossessamento. Il furto si consuma quando alla sottrazione della cosa al detentore segue l’impossessamento da parte dell’agente. Tale impossessamento coincide con il momento in cui l’autore del reato acquisisce la piena, autonoma ed effettiva disponibilità del bene rubato. L’allontanamento dal luogo del delitto, anche di pochi metri, rappresenta la prova tangibile di questa avvenuta disponibilità. Non rileva, ai fini della consumazione, che tale possesso sia stato precario, di breve durata o che la refurtiva sia stata successivamente recuperata. La Corte ha quindi stabilito che, avendo l’agente conseguito questa autonoma disponibilità, le condizioni per considerare il furto meramente tentato non sussistevano.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio giuridico: il furto consumato si perfeziona con il conseguimento di un potere di fatto autonomo sulla cosa rubata, a prescindere dalla durata di tale potere o dalla distanza percorsa. La decisione chiarisce che anche un allontanamento di pochi metri può essere sufficiente per superare la soglia del tentativo e integrare il reato consumato. Questa interpretazione ha implicazioni pratiche rilevanti, poiché conferma una visione rigorosa del momento consumativo del reato di furto, con conseguenze dirette sulla determinazione della pena. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Un furto si considera consumato quando l’agente acquisisce l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se solo per un breve momento. Non è necessario che il possesso sia consolidato o definitivo.

È sufficiente uscire da un negozio e allontanarsi di pochi metri per configurare un furto consumato?
Sì. Secondo l’ordinanza, l’essersi allontanato di circa venti metri dall’esercizio commerciale è stato ritenuto sufficiente per integrare il furto consumato, in quanto tale azione dimostra il conseguimento di un’autonoma disponibilità della merce rubata, uscendo dalla sfera di controllo immediato del derubato.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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