Furto Consumato: Basta un Istante di Possesso per Integrare il Reato
La distinzione tra un reato tentato e uno consumato è una delle questioni più delicate e dibattute nel diritto penale. Nel caso del furto, capire quando l’azione criminosa si possa considerare compiuta è fondamentale per la corretta qualificazione del fatto. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce proprio su questo aspetto, ribadendo un principio consolidato: il furto consumato si perfeziona con l’acquisizione della disponibilità autonoma del bene rubato, anche se solo per un breve lasso di tempo. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti di Causa
Due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per il reato di concorso in furto aggravato. La loro difesa, tuttavia, non si arrendeva e proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo una tesi ben precisa: la loro azione non si era mai spinta oltre la soglia del tentativo. Secondo i ricorrenti, non avevano mai avuto il pieno e tranquillo possesso della refurtiva (un telefono cellulare), tanto da abbandonarla non appena si erano accorti di aver attirato l’attenzione della vittima e di alcuni passanti. La questione sottoposta alla Suprema Corte era, quindi, se un possesso così fugace e precario potesse integrare gli estremi del furto consumato.
La Distinzione tra Tentativo e Furto Consumato nella Giurisprudenza
La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire il proprio orientamento consolidato in materia. Il criterio distintivo tra il tentativo e la consumazione del delitto di furto non risiede nella durata del possesso o nella possibilità per la vittima di recuperare il bene, bensì in un elemento preciso: il passaggio del bene trafugato sotto il dominio esclusivo dell’agente.
Secondo i giudici, il reato si consuma nel momento in cui la cosa rubata esce dalla sfera di controllo e vigilanza del precedente detentore per entrare nella piena, autonoma ed effettiva disponibilità del ladro. Questo passaggio di potere sul bene è sufficiente a perfezionare il reato. Sono considerati irrilevanti:
* La durata del possesso: anche un possesso di pochi istanti è sufficiente.
* La distanza dal luogo del furto: il reato può consumarsi nello stesso luogo in cui è avvenuta la sottrazione.
* La possibilità di recupero: il fatto che la vittima possa prontamente recuperare la refurtiva non esclude la consumazione del reato.
Le Motivazioni della Decisione
Applicando questi principi al caso di specie, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente motivato la propria decisione. Gli imputati, dopo aver sottratto il cellulare alla vittima, si erano allontanati con esso, acquisendone di fatto la disponibilità esclusiva. L’averlo abbandonato solo in un secondo momento, resisi conto di essere stati scoperti, non cambia la natura del reato. In quel breve lasso di tempo, il bene era uscito dalla sfera di controllo della vittima ed era stato assoggettato al potere autonomo dei ladri. Pertanto, la condotta integrava pienamente il delitto di furto consumato e non un semplice tentativo.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione in esame rafforza un principio fondamentale con importanti conseguenze pratiche. Stabilisce chiaramente che il discrimine per la consumazione del furto è l’acquisizione di un potere di fatto autonomo sulla refurtiva. Questo significa che anche chi viene fermato immediatamente dopo la sottrazione, ma dopo aver messo il bene in tasca o in una borsa, avrà commesso un furto consumato e non tentato. La pronuncia serve da monito: la brevità del possesso o la vicinanza della vittima non sono elementi sufficienti per sperare in una riqualificazione del reato in termini più favorevoli. La legge punisce l’aggressione al patrimonio nel momento in cui essa si realizza con la perdita del controllo sul bene da parte della vittima, a prescindere da quanto a lungo duri il possesso illegittimo.
Quando si può dire che un furto è ‘consumato’ e non solo ‘tentato’?
Il furto si considera consumato nel momento in cui l’agente acquisisce la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, sottraendola al controllo della vittima. Questo può avvenire anche per un tempo molto breve e nello stesso luogo del furto.
È rilevante che la refurtiva rimanga nella sfera di vigilanza della vittima ai fini della consumazione?
No. Secondo la sentenza, è irrilevante che la ‘res furtiva’ (il bene rubato) rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa o che questa abbia la possibilità di un pronto recupero. Ciò che conta è che l’agente abbia ottenuto il dominio esclusivo sul bene.
Cosa accade se un ladro abbandona la refurtiva subito dopo averla presa perché si è accorto di essere stato scoperto?
Il reato è comunque considerato furto consumato. L’abbandono del bene dopo averne acquisito, anche solo per un istante, la disponibilità autonoma non trasforma il reato in un semplice tentativo, perché il momento consumativo si è già perfezionato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11871 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11871 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
RAGIONE_SOCIALE (CUI 0621MGH) nato il 24/10/2004
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 30/09/2004
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39323 /2024 – Consigliere COGNOME – Ud. 26 febbraio 2025
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova che ha confermato la condanna dei ricorrenti per il reato di concorso in furto aggravato;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso – che lamenta vizio di motivazione – è manifestamente infondato perché in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia; invero, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in merito all’affermazione di responsabilità degli imputati, evidenziando come la tesi secondo cui la condotta posta in essere dai ricorrenti non rientrasse nell’ipotesi di furto consumato ma tentato fosse frutto d una generica istanza difensiva, sconfessata anche dalle più recenti pronunce di questa Corte.
Sul punto, va ribadito il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui reato di furto si consuma quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente, sicché son irrilevanti sia il fatto che la “res furtiva” rimanga nella sfera di vigilanza della persona of con la possibilità del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalità custodia e di (Sez.5, Sentenza n. 33605 del 17/06/2022 Ud. ; T. ; Rv. 283544 – 01).
In altri termini, il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circost che l’agente consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, così come è avvenuto nel caso di specie (si vedano pagg. 1 e 2 della sentenza impugnata), ove gli imputati hanno sottratto il cellulare della vittima, allontanandosi con refurtiva ed abbandonandola solo quando si sono accorti che la loro azione illecita aveva attirato l’attenzione della vittima e dei passanti. Il bene è dunque uscito dalla sfera di contr e di vigilanza della p.o. ed è stato assoggettato, seppur per un breve lasso temporale, al potere autonomo dei ricorrenti.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte territoriale ha adeguatamente e correttamente ritenuto integrato il delitto di furto consumato.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente