Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38411 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38411 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazione alla ritenuta configurabilità del furto consumato e non tentato.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e sono volti a prefigurare una rivalutazione o e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno dato atto motivatamente di condividere la qualificazione giuridica del fatto in termini di delitto consumato, contenuta nella sentenza di primo grado, ritenendola congruamente motivata ed esente da vizi logici.
In sentenza si dà atto che, da! verbale di arresto, conformemente a quanto riferito dall’operante in sede di udienza di convalida, il 18.11.2022 gli operanti di p.g., liberi dal servizio e in transito in INDIRIZZO, vedevano il COGNOME, noto per reati contro il patrimonio, aggirarsi con fare sospetto in prossimità della tramvia, per cui decidevano di “attenzionarlo”. Essi rappresentavano nel verbale di arresto che già in INDIRIZZO, non appena ingaggiata la persona, il soggetto veniva visto allungare le mani in direzione dello zaino, dal quale però non veniva asportato ancora nulla, probabilmente poiché disturbato dai soggetti ivi presenti. D’un tratto, NOME svoltava l’angolo tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, preceduto dalla signora. A questo punto, al fine di ev i ta re di perdere di vista l’interessato, gli operanti si portavano in direzione del predetto incrocio e non appena svoltato l’angolo, NOME COGNOME era visto da entrambi gli Ufficiali di p.g. inserire nelle tasche dei suoi pantaloni un oggetto, mentre la signora continuava a cam
minare in direzione di INDIRIZZO. A tal punto, gli operanti si avvinavano all’imputato, e dopo essersi qualificati, essendo in abiti civili, io fermavano. Durante il fermo, il AVV_NOTAIO notava che il soggetto, che aveva ancora la mano nella tasca del pantalone, si liberava dell’oggetto precedentemente messo in tasca, a causa del rumore che tale caduta procurava. Tale oggetto, per ragioni di sicurezza, poiché il soggetto si dimenava e già in passato aveva aggredito le forze dell’ordine, non veniva raccolto subito, ma in un secondo momento. Il telefono rinvenuto era poi riconosciuto dalla persona offesa, alla quale veniva restituito.
Detta sequenza dei fatti consente per i giudici del gravame del merito di ritenere consumato il delitto di furto e non tentato, dal momento che l’imputato si impossessato del telefono della p.o. e ne ha avuto autonoma disponibilità, sia pure per breve tempo. Il controllo delle forze dell’ordine era stato del tutto casuale e, come già rilevato dal primo giudice, non era stato continuo e ininterrotto sull’imputato, avendolo essi perso di vista nel momento della sottrazione del bene, che non avevano visto. Essi lo avevano notato di nuovo una volta che questi inseriva la mano nella propria tasca per poi gettare il telefono sottratto alla persona offesa, che ormai si era allontanata. Il fatto, dunque, che lo stesso sia sfuggito alla vista degli operanti dopo la sottrazione, svoltando l’angolo, ha determiNOME l’impossessamento della res, al di fuori della sfera di controllo della p.g., sia pure per breve tempo.
Pertanto, del tutto pertinente e applicabile al caso di specie, è che entrambi i giudici di merito operano al principio di diritto enucleato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il reato di furto si consuma quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente, sicché sono irrilevanti sia il fatto che la “refurtiva” rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa, con la possibilità del suo pronto intervento, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalità di custodia e di trasporto (così la richiamata Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, Rv. 283544 01 in una fattispecie relativa ad agente che, subito dopo essersi impossessato di un telefono cellulare, strappandola dalle mani della persona offesa, veniva inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria, che, in modo casuale ed estemporaneo, aveva osservato a distanza la perpetrazione del delitto).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma ocP euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3/10/2024