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Furto consumato: quando si perfeziona il reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la sottrazione di un telefono. La Corte chiarisce che il furto consumato si realizza nel momento in cui l’agente acquisisce l’autonoma disponibilità del bene, anche se per un tempo brevissimo e se la polizia giudiziaria lo sta osservando a distanza. Il fatto che gli agenti lo abbiano perso di vista per un istante è stato determinante per considerare il reato perfezionato e non solo tentato.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato: La Cassazione Chiarisce il Momento Decisivo

Il confine tra un reato tentato e uno consumato può essere incredibilmente sottile, ma le conseguenze legali sono profondamente diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi cruciale su quando un furto si considera furto consumato, anche se l’autore viene fermato poco dopo il fatto. Questo caso, riguardante la sottrazione di un telefono cellulare, stabilisce un principio fondamentale: l’autonoma disponibilità del bene, anche per un solo istante, è sufficiente a perfezionare il reato.

Analisi dei Fatti: Il Furto del Cellulare in Stazione

La vicenda ha origine in una piazza affollata, vicino a una fermata del tram. Agenti di polizia giudiziaria, liberi dal servizio, notano un individuo dal comportamento sospetto, già noto per reati contro il patrimonio. Lo osservano mentre si aggira e poi segue una donna. In un primo momento, l’uomo allunga le mani verso lo zaino della vittima, ma non riesce a sottrarre nulla, probabilmente perché disturbato dalla presenza di altre persone.

Successivamente, l’uomo e la donna svoltano un angolo, uscendo per un breve istante dal campo visivo degli agenti. Quando gli operatori riescono a ristabilire il contatto visivo, vedono l’uomo infilare un oggetto nella tasca dei pantaloni, mentre la vittima prosegue ignara il suo cammino. Gli agenti intervengono immediatamente, si qualificano e fermano il soggetto. Durante il fermo, l’uomo lascia cadere dalla tasca il telefono, che viene poi riconosciuto e restituito alla donna. Sia in primo grado che in appello, l’uomo viene condannato per furto consumato.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Furto Consumato

L’imputato presenta ricorso in Cassazione, sostenendo che il reato dovesse essere qualificato come tentato e non consumato. La Suprema Corte, tuttavia, dichiara il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, il ricorso era generico e si limitava a riproporre questioni già correttamente valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.

La Logica dietro la Qualificazione del Reato

Il punto centrale della decisione è l’identificazione del momento esatto in cui si perfeziona il reato. La Corte sottolinea come l’imputato sia riuscito, anche se per un tempo brevissimo, ad acquisire l’autonoma ed esclusiva disponibilità del telefono. Il momento cruciale è stato quello in cui, dopo aver svoltato l’angolo, è uscito dalla sfera di vigilanza non solo della vittima, ma anche degli stessi agenti che lo stavano osservando.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dei giudici si fondano su un consolidato principio giurisprudenziale. Il reato di furto si consuma quando il bene sottratto passa sotto il dominio esclusivo dell’agente. Questo può avvenire anche nello stesso luogo della sottrazione e per un periodo di tempo molto breve. Sono irrilevanti, ai fini della consumazione, sia il fatto che il bene rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa (che in questo caso non si era accorta di nulla), sia la durata del possesso. L’elemento determinante è l’acquisizione di un potere autonomo sulla cosa rubata.

Nel caso specifico, il fatto che l’imputato abbia potuto nascondere il telefono in tasca dopo essere uscito dal campo visivo degli agenti dimostra che ne aveva ottenuto il pieno controllo, al di fuori della sfera di intervento immediato sia della vittima che della polizia. La sorveglianza degli agenti, essendo stata momentaneamente interrotta, non ha impedito il perfezionamento del delitto. La Corte richiama un precedente (Cass. n. 33605/2022) in cui si affermava un principio analogo in un caso di scippo di un cellulare, dove l’inseguimento e il blocco immediati non avevano impedito di considerare il furto come consumato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per la distinzione tra tentativo e consumazione nei reati contro il patrimonio. La soglia per il furto consumato è superata non appena l’autore del reato ottiene un controllo autonomo sul bene, anche se tale controllo è precario e di breve durata. Per la difesa, diventa essenziale dimostrare che questo passaggio di potere non sia mai avvenuto e che l’agente non abbia mai avuto la possibilità di disporre liberamente della refurtiva. Al contrario, per l’accusa, è sufficiente provare che, per un solo istante, la cosa sottratta è uscita dalla sfera di controllo della vittima per entrare in quella dell’autore del furto.

Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Un furto si considera consumato nel momento in cui l’autore del reato acquisisce l’autonoma ed esclusiva disponibilità del bene sottratto, anche se per un tempo molto breve e nello stesso luogo del fatto. Non è necessario un possesso prolungato o sicuro.

La sorveglianza da parte della polizia impedisce la consumazione del furto?
Non necessariamente. Come chiarito dalla sentenza, se la sorveglianza non è continua e ininterrotta e l’agente riesce, anche solo per un istante, a sottrarsi alla vista degli osservatori e a impossessarsi del bene, il furto si considera consumato. Il controllo degli agenti, in questo caso, era casuale e non costante.

Quanto tempo deve durare il possesso del bene rubato affinché il furto sia consumato?
La durata del possesso è irrilevante. Secondo la Corte, anche un possesso di brevissima durata è sufficiente per integrare il furto consumato, a condizione che l’agente abbia avuto la piena ed esclusiva disponibilità del bene, sottraendolo al controllo del legittimo detentore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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