Furto Consumato: La Disponibilità del Bene è il Momento Decisivo
Capire la linea di demarcazione tra un furto tentato e un furto consumato è fondamentale nel diritto penale, poiché da questa distinzione dipendono l’entità della pena e le conseguenze giuridiche per l’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 36641/2024) ha ribadito con chiarezza il principio cardine per risolvere questa questione: il reato si perfeziona nel momento in cui l’agente acquisisce l’autonoma disponibilità del bene sottratto.
I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava una persona condannata nei primi due gradi di giudizio per furto aggravato. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un’errata qualificazione giuridica dei fatti. Secondo il ricorrente, l’azione non si era mai perfezionata e avrebbe dovuto essere inquadrata come un tentativo di furto, con una conseguente e significativa riduzione della pena. La tesi difensiva si basava sull’idea che il pieno controllo del bene non fosse mai stato realmente raggiunto.
La Differenza tra Furto Tentato e Furto Consumato secondo la Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Nel farlo, ha colto l’occasione per riaffermare un orientamento consolidato. Il criterio distintivo non è la durata del possesso o la distanza percorsa con la refurtiva, bensì il conseguimento della disponibilità autonoma del bene da parte del ladro.
Questo significa che, anche se per un istante, l’agente riesce a sottrarre l’oggetto alla sfera di controllo e vigilanza del proprietario, il furto si intende perfezionato. L’esempio classico è quello di chi nasconde un oggetto in tasca o in una borsa all’interno di un negozio: in quel momento, il bene entra nella sua esclusiva disponibilità, e il reato è consumato, a prescindere dal fatto che venga poi scoperto prima di uscire.
I Limiti del Giudizio di Cassazione
Un altro punto cruciale della decisione riguarda la natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte ha sottolineato che la ricostruzione dei fatti, la valutazione delle prove e l’apprezzamento del materiale probatorio sono attività di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Il compito della Corte di Cassazione, quale giudice di legittimità, non è quello di riesaminare le prove o proporre una diversa interpretazione dei fatti, ma solo di verificare che la decisione impugnata sia giuridicamente corretta e che la sua motivazione sia logica, coerente e priva di vizi. Poiché nel caso di specie i giudici di merito avevano fornito una motivazione adeguata e congrua, basata su massime di esperienza condivisibili, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente motivato la loro decisione. Nella sentenza impugnata, era stato evidenziato, con argomentazioni corrette in diritto, che il bene sottratto era effettivamente entrato nella disponibilità dell’imputata, seppur per un breve lasso di tempo. Questa circostanza è sufficiente a integrare tutti gli elementi del reato di furto consumato. La difesa, nel suo ricorso, ha tentato di proporre una rilettura degli elementi di fatto, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che quest’ultima non sia manifestamente illogica, cosa che non è stata ravvisata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale per professionisti e cittadini. In primo luogo, stabilisce che il momento consumativo del furto si realizza con l’acquisizione di un potere autonomo sulla cosa, anche se temporaneo e precario. In secondo luogo, ribadisce la netta separazione tra il giudizio di merito, incentrato sull’accertamento dei fatti, e quello di legittimità, focalizzato sul controllo della corretta applicazione delle norme. Per chi si trova ad affrontare un’accusa di furto, ciò significa che ogni contestazione sulla dinamica degli eventi deve essere sollevata e provata con forza nei primi due gradi di giudizio, poiché le porte della Cassazione, su tali aspetti, restano chiuse.
Quando un furto si considera consumato e non semplicemente tentato?
Secondo la Corte, il furto si considera consumato nel momento in cui l’agente acquisisce l’autonoma disponibilità della cosa sottratta, uscendo dalla sfera di vigilanza del legittimo proprietario, anche se ciò avviene solo per un breve periodo di tempo.
Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti di un processo penale?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito non è riesaminare i fatti o valutare le prove, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e coerente.
Qual è stata la conseguenza per la ricorrente della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dalla legge in caso di ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36641 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36641 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuta responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui agli artt. 624, 625, comma 1, n. 4 e 8-bis cod. pen.
Rilevato che la difesa si duole della errata qualificazione giuridica dei fatti, nei quali i giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere l’ipotesi del tentativo, con conseguente riduzione della pena.
Considerato che le deduzioni sviluppate nel ricorso, concernendo la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello;
rilevato che i giudici di merito hanno fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e coerente con le risultanze rappresentate in motivazione (si veda quanto riportato a pag. 3 della sentenza, in cui si evidenzia con argomentazioni corrette in diritto che il bene sottratto è entrato nella disponibilità dell’imputata, sia pure per breve tempo).
Ritenuto che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pr, side te