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Furto consumato: quando si perfeziona il reato?

La Corte di Cassazione ha stabilito che si configura un furto consumato, e non tentato, anche se il colpevole viene fermato all’interno del luogo del delitto senza aver avuto la possibilità di fuggire. Nel caso di specie, un uomo aveva sottratto un cellulare e del denaro alla vittima all’interno dell’abitazione di quest’ultima. La Corte ha ritenuto che l’aver nascosto i beni sulla propria persona fosse sufficiente a integrare l’impossessamento, perfezionando così il reato, rendendo irrilevante il mancato allontanamento.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato: Quando un Furto si Considera Perfezionato?

La distinzione tra furto tentato e furto consumato è una delle questioni più dibattute nel diritto penale, con implicazioni significative sulla pena applicabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale su questo punto: per la consumazione del reato è sufficiente che l’agente acquisisca un possesso autonomo della refurtiva, anche se solo per un breve istante e senza allontanarsi dal luogo del delitto. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un intervento delle forze dell’ordine presso l’abitazione di una donna, a seguito di una lite con un uomo con cui aveva avuto una relazione. In un secondo intervento, richiesto da una vicina allarmata dalle urla, i Carabinieri trovavano la donna in stato di agitazione. Questa dichiarava che l’uomo si era introdotto in casa, le aveva strappato di mano il telefono cellulare e le aveva sottratto una somma di denaro dal portafogli, per poi chiuderla all’interno dell’appartamento.

L’uomo, ancora presente sul posto, veniva perquisito e trovato in possesso sia del cellulare che del denaro, che venivano immediatamente restituiti alla legittima proprietaria. Condannato in primo grado e in appello per il reato di furto con strappo (art. 624-bis c.p.), l’imputato proponeva ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Tentativo o Furto Consumato?

La difesa dell’imputato sosteneva principalmente due tesi. In primo luogo, lamentava una motivazione illogica sulla sussistenza stessa del reato. In secondo luogo, e questo è il punto centrale della questione, argomentava che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come tentato furto (art. 56 c.p.) e non come furto consumato.

Secondo il ricorrente, poiché era rimasto sempre all’interno dell’abitazione della vittima fino all’arrivo delle forze dell’ordine, non aveva mai acquisito un dominio esclusivo e autonomo sui beni sottratti. La sfera di vigilanza della persona offesa non sarebbe mai venuta meno, e l’immediato intervento della polizia gli avrebbe impedito di disporre liberamente della refurtiva.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul Furto Consumato

La Corte Suprema ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e confermando la condanna per furto consumato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: il reato di furto si consuma nel momento in cui il bene sottratto passa sotto il dominio esclusivo dell’agente, anche se per un tempo molto breve e nello stesso luogo in cui è avvenuta la sottrazione.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che, ai fini della consumazione, sono irrilevanti sia il criterio spaziale (l’allontanamento dal luogo del fatto) sia quello temporale (la durata del possesso). Ciò che conta è la rottura della relazione tra il precedente proprietario e il bene (spossessamento) e la contemporanea acquisizione di un potere autonomo sulla cosa da parte del ladro (impossessamento).

Nel caso specifico, l’imputato si era impossessato del telefono e del denaro occultandoli sulla sua persona. Questo semplice atto è stato ritenuto sufficiente a integrare l’impossessamento, perché in quel momento egli aveva acquisito un controllo esclusivo sui beni, sottraendoli alla disponibilità della vittima. Il fatto che la vittima potesse teoricamente recuperare i beni o che la polizia sia intervenuta prontamente non trasforma il reato in un semplice tentativo. La Corte ha citato precedenti conformi, secondo cui risponde di furto consumato chi nasconde sulla propria persona la cosa sottratta, anche se viene bloccato prima di allontanarsi.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza un’interpretazione rigorosa del momento consumativo del furto. La decisione chiarisce che l’elemento determinante è l’acquisizione di un’autonoma disponibilità del bene da parte del reo, a prescindere dalla durata o dalla possibilità di una fuga indisturbata. Questa pronuncia offre un importante punto di riferimento per distinguere con precisione tra il tentativo, punito meno severamente, e la consumazione del reato, confermando che l’occultamento della refurtiva sulla propria persona è un atto che, di per sé, segna il perfezionamento del delitto.

Quando si può dire che un furto è “consumato” e non solo “tentato”?
Un furto si considera consumato nel momento in cui l’autore del reato acquisisce il possesso del bene sottratto, ottenendo un controllo esclusivo su di esso. Questo può avvenire anche per un tempo molto breve e senza che l’autore si sia allontanato dal luogo del delitto.

Nascondere la refurtiva addosso è sufficiente per configurare il furto consumato?
Sì, secondo la sentenza, l’atto di nascondere sulla propria persona i beni sottratti è sufficiente a integrare l'”impossessamento”, realizzando così il furto consumato, perché in quel momento l’agente acquisisce un potere autonomo sulla cosa, sottraendola alla disponibilità della vittima.

Se il ladro viene bloccato prima di poter fuggire con la refurtiva, il reato è comunque consumato?
Sì, il fatto che il colpevole venga fermato subito dopo la sottrazione, prima di potersi allontanare, non impedisce la consumazione del reato. Se l’impossessamento si è già verificato, come nel caso dell’occultamento dei beni, il reato è già perfezionato e non può essere qualificato come semplice tentativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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