Furto Consumato: Basta un Istante di Possesso
La distinzione tra furto tentato e furto consumato è una delle questioni più dibattute nelle aule di giustizia. Quando si può dire che un furto è stato portato a termine? È necessario che il ladro riesca a fuggire con la refurtiva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12054/2024) fa chiarezza su questo punto, confermando un orientamento ormai consolidato e di fondamentale importanza pratica.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di furto in abitazione aggravato. La Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Quest’ultimo, tuttavia, ha deciso di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la qualificazione giuridica del fatto. A suo dire, il reato avrebbe dovuto essere considerato come “tentato” e non “consumato”.
La Questione Giuridica: Furto Consumato o Tentato?
L’argomentazione difensiva si fondava sull’idea che il reato non si fosse perfezionato. Secondo il ricorrente, la sentenza dei giudici di merito era errata, contraddittoria e illogica nel considerare il furto come consumato. La linea difensiva mirava a ottenere una derubricazione del reato da consumato a tentato, con conseguenze significative sulla pena applicabile.
La domanda al centro della controversia era quindi la seguente: in quale preciso momento il furto passa dalla fase del tentativo a quella della consumazione? È sufficiente il semplice impossessamento della cosa mobile altrui, anche se per un breve lasso di tempo e senza un allontanamento dal luogo del delitto?
Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul Furto Consumato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, quindi, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la tesi del ricorrente si ponesse in netto contrasto non solo con il dato normativo, ma anche con la “consolidata giurisprudenza di legittimità”.
La Corte ha richiamato un principio pacifico e risalente nel tempo, secondo cui risponde di furto consumato, e non semplicemente tentato, chi si impossessa della refurtiva ed esercita sulla stessa un potere, anche solo momentaneo. Questo vale anche se il soggetto non si è ancora allontanato dal luogo della sottrazione e viene costretto ad abbandonare i beni rubati subito dopo il fatto, a causa del pronto intervento del proprietario o delle forze dell’ordine.
In altre parole, il reato si perfeziona nel momento in cui la cosa viene sottratta alla sfera di controllo del precedente possessore ed entra, anche solo per un istante, nella piena ed autonoma disponibilità del ladro. Non è necessario che quest’ultimo riesca a trarne un profitto o a metterla al sicuro.
Le Conclusioni
La decisione della Corte di Cassazione ribadisce un punto cruciale per l’interpretazione del reato di furto. L’elemento determinante per la configurazione del furto consumato non è la fuga indisturbata con la refurtiva, ma l’avvenuto impossessamento. L’acquisizione di un potere di fatto autonomo sul bene, pur se di brevissima durata, è sufficiente a integrare la consumazione del reato. Questa ordinanza serve come un importante promemoria: il confine tra tentativo e consumazione è segnato dal momento in cui il bene esce dalla sfera di vigilanza della vittima per entrare in quella dell’autore del reato, a prescindere da ciò che accade negli istanti immediatamente successivi.
Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Un furto si considera consumato nel momento in cui il soggetto agente si impossessa della refurtiva, esercitando su di essa un potere di fatto, anche se solo per un istante. Non è necessario che riesca a fuggire o a trarne profitto.
È necessario che il ladro si allontani con la refurtiva perché il furto sia consumato?
No, non è necessario l’allontanamento dal luogo della sottrazione. Secondo la Corte, il furto è consumato anche se il reo non si è ancora allontanato ma ha già acquisito la disponibilità autonoma del bene rubato.
Cosa succede se il ladro è costretto ad abbandonare subito la refurtiva?
Anche se il ladro viene costretto ad abbandonare la refurtiva subito dopo essersene impossessato, a causa dell’intervento del proprietario o della polizia, il reato si considera comunque consumato e non semplicemente tentato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12054 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ORGOSOLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/06/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
1.Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia che confermava la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di furto in abitazione aggravato;
2.Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso con il quale il ricorrente denunzia la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza in ordine alla qualificazione del fatto come furto consumato e non come fattispecie tentata è manifestamente infondato in quanto basato sulla prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Giova infatti rammentare che, ai sensi di un orientamento ormai da lungo tempo pacifico, risponde di furto consumato e non semplicemente tentato chi, dopo essersi impossessato della refurtiva, non si sia ancora allontaNOME dal luogo della sottrazione e abbia esercitato sulla cosa un potere anche solo momentaneo, essendo stato costretto ad abbandonarla subito dopo il fatto per il pronto intervento dell’avente diritto o della polizia (Sez. 5, n. 7704 05/05/1993, COGNOME ed altri, Rv. 194483-01).
3.Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07 febbraio 2024.