Furto Consumato vs. Tentato: La Cassazione Chiarisce il Momento Decisivo
La distinzione tra tentativo e consumazione di un reato è un pilastro del diritto penale, con implicazioni dirette sulla gravità della pena. Stabilire il momento esatto in cui un furto può dirsi perfezionato è cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7779/2024) torna sul tema, offrendo un’analisi chiara e precisa su quando si configura un furto consumato, anche se il colpevole non riesce ad allontanarsi dalla scena del crimine.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo grado e in appello per il reato di furto con strappo. L’imputato si è rivolto alla Suprema Corte chiedendo la derubricazione del reato da consumato a tentato. A suo avviso, non avendo avuto la possibilità di allontanarsi con la refurtiva e di goderne in modo stabile, il delitto non si era mai perfezionato del tutto.
Il Criterio Distintivo: il Furto Consumato e il Possesso della Refurtiva
La difesa dell’imputato si basava sull’idea che, per aversi consumazione, fosse necessario un consolidamento del possesso della refurtiva, cosa che non sarebbe avvenuta. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali, una di carattere processuale e una di merito.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si fonda su argomentazioni solide che meritano un’analisi approfondita.
La Ripetitività delle Censure
In primo luogo, la Corte ha rilevato che il ricorso era meramente riproduttivo di argomentazioni già presentate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. Il ricorrente non aveva mosso una critica specifica e puntuale alla sentenza della Corte d’Appello, limitandosi a riproporre le stesse doglianze. Questo vizio procedurale è di per sé sufficiente a determinare l’inammissibilità del ricorso in Cassazione.
La Manifesta Infondatezza sul Merito del Furto Consumato
Ancora più importante è la motivazione di merito. La Corte ha ribadito un principio di diritto ormai consolidato: il criterio distintivo tra furto consumato e tentato non risiede nella fuga o nell’allontanamento dal luogo del fatto, bensì nell’acquisizione, anche solo per un breve lasso di tempo, della piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.
Questo significa che il reato si perfeziona nel momento in cui l’agente sottrae il bene al controllo della persona offesa e ne acquisisce il possesso. L’atto di occultare la refurtiva (ad esempio, mettendola in tasca o in una borsa) è considerato sufficiente a integrare questo requisito, perché in quel momento il ladro ha la disponibilità esclusiva del bene, anche se viene fermato pochi istanti dopo.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale stabile e di grande rilevanza pratica. La lezione è chiara: per la configurazione del furto consumato, non è necessario che il colpevole riesca a trarre profitto dalla refurtiva o a garantirsi l’impunità. È sufficiente che, per un momento, abbia interrotto la relazione tra il proprietario e il bene, instaurando su quest’ultimo un proprio potere autonomo.
Questa pronuncia sottolinea come l’occultamento della refurtiva sia un gesto emblematico che segna il passaggio dal tentativo alla consumazione, con tutte le conseguenze sanzionatorie che ne derivano. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende suggella l’infondatezza delle sue pretese.
Quando un furto si considera ‘consumato’ e non solo ‘tentato’?
Secondo la sentenza, un furto si considera consumato quando l’autore del reato acquisisce la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se per un tempo molto breve. L’atto di occultare il bene rubato è sufficiente a integrare questo requisito, poiché sottrae il bene al controllo della vittima.
È necessario fuggire dalla scena del crimine perché il furto sia considerato consumato?
No, la sentenza chiarisce che non è necessario allontanarsi dal luogo del reato. La consumazione avviene nel momento in cui si ottiene il possesso autonomo del bene, indipendentemente dal fatto che l’autore venga fermato subito dopo.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni: in primo luogo, era una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei precedenti gradi di giudizio; in secondo luogo, era manifestamente infondato perché in contrasto con il principio di diritto consolidato sulla distinzione tra furto tentato e consumato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7779 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7779 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/02/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Genova, per quanto qui interessa, ne ha confermato la condanna per il delitto consumato di furto con strappo;
Considerato che l’unico motivo di ricorso – che, al di là dell’incongruo riferimento all’art. 133 cod. pen., insiste per la derubricazione del fatto nella ipotesi tentata – è inammissibile in quanto:
riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scandito da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata (cfr. pag.3);
manifestamente infondato, alla luce del principio secondo cui risponde del delitto di furto consumato e non tentato colui che, pur non essendosi allontanato dal luogo di commissione del reato, abbia ivi occultato la refurtiva, così sottraendola al controllo della persona offesa e acquisendone il possesso (Sez. 5, n. 2726 del 24/10/2016, dep. 2017, Pavone, Rv. 269088); ciò in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva (Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 – 01);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2024