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Furto consumato: quando si perfeziona il reato?

Un soggetto condannato per furto aggravato di un cellulare ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il reato fosse solo tentato e di particolare tenuità. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che si tratta di furto consumato poiché l’imputato ha avuto, anche se per breve tempo, l’autonoma disponibilità del bene. La tenuità del fatto è stata esclusa per la modalità del furto, commesso con destrezza, e per il valore non irrisorio del bene.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato: Quando un Istante di Possesso Fa la Differenza

Nel diritto penale, la linea di demarcazione tra un reato tentato e un reato consumato è spesso sottile ma fondamentale per determinare la pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto cruciale, analizzando un caso di furto di un telefono cellulare per definire il momento esatto in cui si realizza un furto consumato. Questa decisione chiarisce che anche una disponibilità autonoma del bene rubato, pur se per un tempo brevissimo, è sufficiente per considerare il reato pienamente realizzato.

I Fatti del Caso: Il Furto del Cellulare e la Fuga

Il caso riguarda un individuo accusato di aver commesso, in concorso con un complice, un furto aggravato dalla destrezza. L’imputato si era avvicinato alla vittima, aveva sottratto un telefono cellulare dalla sua borsa e si era dato alla fuga, mentre il complice ostacolava la vittima per facilitare la fuga del compagno. Il telefono veniva recuperato poco dopo solo grazie all’intervento di una pattuglia di Polizia, allertata dalla persona offesa. L’imputato, condannato sia in primo grado che in appello, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali: l’errata qualificazione del fatto come furto consumato anziché tentato e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’Analisi della Corte: Perché si tratta di Furto Consumato?

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Per quanto riguarda la distinzione tra tentativo e consumazione, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il furto si considera consumato nel momento in cui il bene sottratto esce dalla sfera di vigilanza del proprietario ed entra nella piena ed autonoma disponibilità dell’autore del reato. Nel caso di specie, l’imputato era riuscito ad allontanarsi con il telefono, acquisendone il possesso esclusivo, seppur per un breve lasso di tempo. Il fatto che il bene sia stato recuperato poco dopo grazie all’intervento casuale delle forze dell’ordine non è rilevante per declassare il reato a semplice tentativo. La consumazione si era già perfezionata.

La Causa di Non Punibilità per Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo, relativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stato respinto. La Corte ha sottolineato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede un’analisi complessiva della condotta. In questo caso, sono stati evidenziati elementi ostativi:
1. Le modalità della condotta: Il furto è stato commesso con destrezza, un’aggravante che denota una maggiore capacità a delinquere. Inoltre, la dinamica della fuga, agevolata dal complice, ha rivelato una “determinazione a delinquere non modesta”.
2. L’entità del danno: Il valore del telefono, quantificato in 180,00 euro, non è stato considerato modesto o irrisorio.
Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la possibilità di applicare la causa di non punibilità, compiendo una valutazione completa di tutti gli elementi della fattispecie concreta.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un’interpretazione rigorosa dei principi che regolano il reato di furto. La decisione di considerare il reato consumato si allinea con la giurisprudenza prevalente, che identifica il momento consumativo con l’acquisizione di una signoria autonoma sulla cosa sottratta, anche se temporanea e precaria. Questo criterio garantisce certezza giuridica e impedisce che il recupero fortuito della refurtiva possa alterare la qualificazione giuridica di un’azione criminale già portata a compimento. Per quanto riguarda la tenuità del fatto, la Corte ha applicato correttamente i parametri dell’art. 133 del codice penale, confermando che non si tratta di un automatismo legato al solo valore del bene, ma di un giudizio complesso che deve tenere conto del grado di colpevolezza e delle modalità dell’azione.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma due principi chiave. Primo, il furto consumato si perfeziona con la semplice, anche se momentanea, acquisizione della disponibilità autonoma del bene da parte del ladro. Secondo, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata quando le modalità della condotta, come la destrezza e la premeditazione nella fuga, indicano una significativa carica di antigiuridicità. Questa pronuncia serve da monito: la legge valuta non solo il danno patrimoniale, ma anche la pericolosità e la determinazione criminale espressa dall’autore del reato.

Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Secondo la sentenza, un furto è consumato quando l’autore del reato acquisisce l’autonoma disponibilità del bene sottratto, anche se solo per un breve periodo. Il fatto che la refurtiva venga recuperata poco dopo non trasforma il reato in tentato, se la fase di impossessamento si è già completata.

Perché la Corte ha escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha escluso la particolare tenuità del fatto sulla base di una valutazione complessiva che ha considerato le modalità della condotta (l’uso della destrezza e la fuga pianificata), il grado di colpevolezza che ne derivava e l’entità del danno non trascurabile (il valore del telefono era di 180 euro).

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di Cassazione significa che i motivi presentati non erano giuridicamente validi per essere esaminati nel merito. Di conseguenza, la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello diventa definitiva e l’imputato è condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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