Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 634 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 634 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 14/02/1992
avverso la sentenza del 03/11/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del il Pubblico Ministero, in persona del Sostitut Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha riformato la sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di Roma in data 21/10/2021, all’esito di giudizio abbreviato, rideterminando la pena inflitta nei confronti di NOME COGNOME per il reato previsto dagli artt. 624 e 625, n.2, cod.pen., così qualificata l’originaria imputazione, in mesi quattro di reclusione ed C 80,00 di multa.
La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione del fatto operata dal Tribunale dalla quale risultava che la prevenuta si era appropriata, all’interno di un esercizio commerciale, di una macchinetta contasoldi dal valore di circa C 16 e, presentatasi alla cassa per pagare un altro oggetto, lo aveva ivi lasciato allontanandosi dal negozio asserendo di aver dimenticato il portafoglio in auto; sentito suonare l’allarme antitaccheggio, il titolare dell’esercizio aveva inseguito l’imputata ricevendo dalla stessa una spinta; erano quindi sopraggiunti la cognata del titolare e il coimputato COGNOME iniziando una colluttazione tra i quattro, poi interrotta grazie all’intervento del figlio del titolare.
La Corte territoriale ha rilevato che il giudice di primo grado, sulla base delle risultanze processuali, aveva ritenuto di derubricare il reato contestato da quello di rapina impropri·A a quello di furto aggravato dal mezzo fraudolento, ritenendo non provato il legame finalistico tra la sottrazione della cosa e il successivo segmento della condotta.
La Corte ha quindi ritenuto infondato il motivo con il quale era stata chiesto il riconoscimento della fattispecie del furto nella sola forma del tentativo, ritenendo che il furto era avvenuto all’interno di un locale ariL -prrror l’imputata si era introdottgkper poi allontanarsi, mantenendo quindi un possesso autonomo dei beni sottratti e che aveva dovuto restituire solo per effetto dell’intervento della persona offesa; ha ritenuto infondato il motivo finalizzato all’esclusione dell’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, ritenendola nel caso di specie concretizzata dalla presentazione alla cassa di altra merce e dal successivo allontanamento dall’esercizio con il preteo di voler recuperare il proprio portafoglio, conseguendone la procedibilità d’ufficio del reato; ha invece accolto il motivo di appello inerente alla commisurazione della pena, alla luce della complessiva valutazione degli elementi previsti dall’art.133 cod.pen..
2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., in riferimento agli artt. 624 e 625, n.2, cod.pen., come modificato dal d.lgs. n.150/2022, per difetto della necessaria condizione di procedibilità.
Ha dedotto che, attesa la sopravvenuta procedibilità a querela del reato contestato, difettava nel caso di specie la querela medesima, risultando in atti che la stessa era stata presentata da soggetto diverso dal titolare dell’esercizio commerciale e in assenza di qualsiasi procura speciale da parte dell’avente diritto.
Con il secondo motivo di impugnazione ha dedotto la violazione di legge, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., con riferimento agli artt. 56 e 624 cod.pen..
Ha dedotto che la Corte territoriale non avrebbe tenuto adeguato conto del fatto che la persona offesa era rimasta costantemente a breve distanza spaziale dall’imputato tenendola sotto controllo senza mai perderne la tracce; richiamando sul punto l’arresto espresso da Sez. U,. n.52117 del 2014, sulla base della quale il dato della diretta osservazione da parte della persona offesa impediva la consumazione del delitto di furto se non nelle sole forme del tentativo; nel caso di specie, deduceva che il ricorrente era rimasto sotto la sfera di vigilanza della persona offesa per tutta la durata della condotta, con conseguente contrarietà della sentenza ai citati principi di legittimità.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Va logicamente esaminato prioritariamente il secondo motivo, con il quale è stata dedotta l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di furto consumato anziché nella forma del tentativo j non essendo il bene mai transitato nella sfera di dominio dell’autore della condotta.
Il motivo è manifestamente infondato.
Sul punto, il ricorrente ha svolto un argomento che richiama il precedente di questa Corte espresso da Sez. U, n. 52117 del 07/2014, Prevete, Rv. 2611861:k peraltro riferita alla diversa fattispecie concreta di sottrazione di beni all’interno d un supermercato e nella quale è stato rilevato che il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed
effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e d controllo del soggetto passivo.
Il predetto principio, attinente alla fattispecie del furto consumato all’interno degli esercizi commerciali caratterizzati da uno specifico sistema di sorveglianza interna, non si attaglia invece all’ipotesi in questione, caratterizzata da una sottrazione operata all’interno di un locale non presentante tali specifiche modalità di rilevazione.
Ciò in quanto a rilevare – sulla base di una considerazione non smentita dal citato arresto delle Sezioni Unite – è che il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva il che accade anche se venga inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza (in tal senso Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016; Sez. 5, n. 26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266 – 01).
D’altro canto, richiamando Sez. 4, n. 4743 del 15/03/19’95, Ominelli, Rv. 201870 – poiché il momento consumativo del furto è costituito dalla sottrazione della cosa, passata, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stata sottratta, sotto il dominio esclusivo dell’agente – sono irrilevanti, ai fini del consumazione del delitto, sia il fatto che la res furtiva rimanga (come nel caso di specie) nella sfera di vigilanza della persona offesa, con la possibilità di un pronto recupero della stessa, sia il criterio temporale, relativo alla durata del possesso del responsabile, sia le modalità di custodia e di trasporto della refurtiva (nello stesso senso non massimate : Sez. 5, Sentenza n. 41:145 del 2010, COGNOME, Sez. 4, Sentenza n. 34766 del 2008, COGNOME nonché Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, T, Rv. 283544).
Ne consegue che, in modo coerente e logico, i giudici di merito hanno ravvisato tutti gli elementi costitutivi della fattispecie consumata del delitto di furto, atteso che l’autrice del fatto si era allontanata dal luogo in cui era stata consumata l’azione furtiva e a nulla rilevando che la stessa fosse rimasta sotto l’osservazione del responsabile dell’esercizio.
Il motivo attinente al difetto di valida querela e alla GLYPH conseguente applicabilità dell’art.85 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 il quale ha stabilito che: «Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato», è manifestamente infondato.
Risulta difatti che, nel caso di specie, la querela è stata proposta da parte del figlio del proprietario e responsabile dell’esercizio; conseguendone che deve ritenersi sussistente la necessaria condizione di procedibilità in base al principio in forza del quale il bene giuridico protetto dal delitto di furto è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, d i conseguenza, la legittimazione a proporre querela (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Presidente