Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10448 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10448 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BARLETTA il 10/08/1981
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
con requisitoria scritta, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bari confermato la pronuncia del Tribunale di Trani che ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui agli artt. 110, 624, 625, comma 1, n. 2, c pen., per essersi impossessato, in concorso con NOME COGNOME al fine di tra profitto, di oltre 149 paia di scarpe antinfortunio della “RAGIONE_SOCIALE“.
Avverso la prefata sentenza propone ricorso il difensore dell’imputato che solleva due motivi con cui lamenta:
2.1. Violazione di legge, in specie dell’art. 337, comma 3, cod. proc. pe per mancanza di legittimazione del querelante, considerata la mancanza di chiarezza sui suoi poteri. Questi, infatti, non aveva affermato di es l’amministratore della “RAGIONE_SOCIALE“, ma di essere il proprietario capannone in cui le scarpe trafugate si trovavano. Egli avrebbe dovuto allegar una procura speciale idonea a dimostrare la fonte dei suoi poteri rappresentanza. Tale violazione imponeva al giudice di secondo grado di ottemperare al disposto degli artt. 129 e 529 cod. proc. pen. Nel caso di spec la Corte di appello ometteva di pronunciarsi sulla legittimazione del querelante
2.2. Mancato riconoscimento del tentativo del reato di furto: l’azio criminosa infatti non era giunta a consumazione, perché una parte di essa si e svolta sotto lo sguardo vigile dei Carabinieri che avevano colto l’imputato ment era intento a sistemare le scarpe nel vano dell’Apecar nella disponibilità prevenuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, che peraltro non risulta essere stato devoluto i sede di appello, il Collegio osserva che il querelante aveva dichiarato di esser legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, dal cui deposito erano st trafugate le scarpe. Sul punto appare sufficiente richiamare il principio a me del quale il legale rappresentante di una società di capitali è legittima mancanza di uno specifico divieto statutario o assembleare, a sporgere la querel senza necessità di specifico e apposito mandato, in quanto titolare dei poteri gestione e di rappresentanza per tutti gli atti rientranti nell’oggetto social le attività funzionali al raggiungimento degli scopi della società (Sez n. 45402 del 25/09/2019, COGNOME Gorica, Rv. 277767).
Il secondo motivo, relativo alla qualificazione del delitto contestato come tent e non come consumato, è manifestamente infondato, atteso che, come si legge nell’impugnata sentenza, quando i militari sono intervenuti, la merce era sta trasferita dal capannone e ormai caricata sull’Ape Piaggio, sicché l’imputato entrato nell’autonoma disponibilità della stessa. Deve sul punto richiamarsi consolidato principio giurisprudenziale per il quale il reato di furto si cons quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente (S n. 33605 del 17/06/2022, T., Rv. 283544; Sez. 4, n. 13505 del 04/03/2020, NOME COGNOME Rv. 279134 per la quale “Ai fini della consumazione del delitto di furto è sufficiente che la cosa sottratta sia pas anche per breve tempo, sotto l’autonoma disponibilità dell’agente”).
Né risulta, pertinente, la giurisprudenza evocata dalla difesa in tema di f nei supermercati, che ha escluso la consumazione del reato nell’ipotesi be diversa in cui il reo si trattenga, all’interno del negozio, sotto la osservazione della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglian mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, atteso che tale intervento difensivo “in continenti” esclude il conseguimento, parte del reo, dell’autonoma ed effettiva disponibilità della cosa, con c persona offesa mantiene una relazione, potendo recuperarla in ogni momento (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Pg in proc. Prevete e altro, Rv. 261186).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 5 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente