Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29240 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29240 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a ASTI il 14/10/1967 COGNOME nato a SAVONA il 29/07/1985
avverso l’ordinanza del 09/04/2025 del TRIB. LIBERTA’ di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Torino ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso l’ordinanza con cui il Gip del locale Tribunale in data 29.3.2025, dopo aver convalidato l’arresto delle medesime, aveva applicato alle stesse in via congiunta le misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria e dell’obbligo di dimora nel Comune di Portacomaro in relazione al reato di cui agli artt. 110, 624 bis, commi 1 e 3, in relazione agli artt. 61 n. 5 e 625 n. 2 cod.pen. in ragione di un concreto pericolo di reiterazione criminosa ex art. 274 lett. c) cod.proc.pen.
In particolare, in data 27.3.2025 alle ore 17 e 40, le odierne ricorrenti venivano tratte in arresto da personale della Questura di Torino-Squadra Mobile che, dopo aver monitorato i loro spostamenti, le fermava immediatamente dopo che le stesse, uscite dal condominio dove erano in precedenza entrate in compagnia di un’anziana signora che lì abitava, venivano trovate in possesso della refurtiva poco prima sottratta alla vittima.
Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto due ricorsi per cassazione entrambe le indagate, a mezzo dei loro difensori di fiducia.
2.1. Ricorso per COGNOME NOME e COGNOME NOME a firma dell’Avv. NOME COGNOME: si articola in un solo motivo.
Con detto motivo deducono la violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen. con riferimento agli artt. 56, 624 e 624 bis cod.pen. in relazione alla mancata qualificazione della condotta contestata come furto tentato anziché come furto consumato in abitazione in quanto le forze dell’ordine avrebbero potuto interrompere l’attività criminosa in corso, monitorata da tempo, non potendo la discrezionalità investigativa influire sulla qualificazione della fattispecie.
2.2. Ricorso per COGNOME NOME e COGNOME NOME a firma dell’Avv. NOME COGNOME: si articola in un solo motivo .
Con detto motivo le ricorrenti lamentano l’erronea applicazione della legge penale ex art. 606 lett. b) cod.proc.pen. con riferimento agli artt. 56, 624 bis cod.pen. e 273 cod.proc.pen., ovvero l’erronea qualificazione giuridica del fatto.
Si assume che il provvedimento impugnato si fonda su un’erronea qualificazione giuridica del fatto con diretta incidenza sulla gravità del reato e sull’adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari applicate.
Si sostiene che l’ordinanza impugnata ha considerato la condotta contestata come furto consumato senza affrontare in maniera adeguata la questione
dell’effettivo esercizio del possesso sui beni sottratti e dell’effettiva perdi patrimoniale da parte della persona offesa.
Si assume altresì che, qualora la Polizia giudiziaria monitori l’azione e gli spostamenti del reo e decida di non interrompere l’attività criminosa in corso di
esecuzione, sussiste la fattispecie del furto tentato.
3.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, i cui motivi sono sostanzialmente sovrapponibili, sono inammissibili per carenza di interesse.
Ed invero, in tema di misure cautelari personali, sussiste l’interesse ad impugnare quando l’indagato tende ad ottenere una diversa qualificazione
giuridica del fatto dalla quale consegua per lui una concreta utilità, mentre non rileva la sua mera pretesa all’esattezza teorica della decisione che non realizzi
alcun vantaggio pratico. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso l’interesse del ricorrente all’inquadramento del fatto ascrittogli nella più lieve fattispecie di cui dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, poiché la derubricazione non avrebbe avuto alcuna valenza ostativa rispetto alla misura dell’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, nelle more disposta dal riesame in sostituzione di quella degli arresti domiciliari (Sez. 6, n. 46387 del 24/10/2023, Rv. 285481).
Nel caso in esame, la diversa qualificazione giuridica del reato come tentato o come consumato non va ad incidere sui termini di durata massima delle misure applicate, né in ogni caso la difesa delle ricorrenti ha in alcun modo chiarito quale sarebbe l’interesse attuale e concreto a tale diversa qualificazione giuridica.
In conclusione i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2025
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DEPOSITATO IN CANCELLERIA