Furto Consumato: Basta un Istante di Possesso per Perfezionare il Reato
La distinzione tra furto tentato e furto consumato è una delle questioni più dibattute nelle aule di tribunale. Quando si può dire che un furto sia stato portato a compimento? È sufficiente che il ladro si impossessi del bene, anche solo per un attimo, o è necessario che esca dalla sfera di controllo della vittima? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato, offrendo chiarimenti preziosi su questo delicato confine.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in Corte d’Appello per il reato di furto in concorso. La difesa dell’imputato sosteneva che il fatto dovesse essere riqualificato come tentativo di furto, ai sensi dell’art. 56 del codice penale. La tesi difensiva si basava sull’assunto che l’azione non si fosse compiuta, in quanto il bene sottratto (la cosiddetta res furtiva) non era mai uscito dalla sfera di vigilanza della persona offesa, che aveva avuto la possibilità di recuperarlo prontamente.
La Decisione della Cassazione sul Furto Consumato
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I Giudici hanno colto l’occasione per riaffermare un principio fondamentale in materia: il reato di furto si considera furto consumato nel momento esatto in cui il bene sottratto passa sotto il dominio esclusivo dell’agente, anche se per un tempo molto breve e nello stesso luogo della sottrazione.
Le Motivazioni
La Corte ha specificato che, ai fini della consumazione del reato, sono del tutto irrilevanti diversi fattori che la difesa aveva posto a fondamento del proprio ricorso. In particolare, non conta:
1. La permanenza nella sfera di vigilanza: Il fatto che la res furtiva rimanga nell’area di controllo della vittima non è sufficiente a escludere la consumazione, se l’agente ne ha acquisito, anche solo per un istante, la piena e autonoma disponibilità.
2. La durata del possesso: La consumazione avviene indipendentemente da quanto a lungo il ladro mantenga il possesso del bene.
3. Le modalità di custodia: Le modalità con cui l’agente custodisce o trasporta il bene dopo la sottrazione non incidono sul perfezionamento del reato.
I giudici di merito avevano già escluso che vi fosse stato un monitoraggio costante e ininterrotto dell’azione furtiva, circostanza che avrebbe potuto, in linea teorica, impedire all’agente di ottenere quel dominio esclusivo sul bene necessario per la consumazione. Poiché il ricorso si limitava a riproporre argomentazioni generiche senza contestare efficacemente questa valutazione, è stato giudicato inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Il discrimine tra tentativo e consumazione del furto non risiede nella possibilità per la vittima di recuperare il bene, ma nell’effettivo passaggio del potere di fatto sulla cosa dal derubato al ladro. Questa interpretazione ha importanti implicazioni pratiche: anche un furto scoperto immediatamente dopo la sottrazione, con il ladro ancora presente sulla scena del crimine, può essere qualificato come furto consumato se l’agente ha avuto, seppur per un attimo, la disponibilità esclusiva del bene. La decisione sottolinea inoltre le conseguenze di un ricorso inammissibile: l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione palesemente priva di fondamento.
Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Un furto è considerato consumato nel momento in cui l’autore del reato acquisisce il dominio esclusivo sulla cosa rubata, anche se per un periodo di tempo molto breve e nello stesso luogo della sottrazione. Non è necessario che il bene esca dalla sfera di vigilanza della vittima.
La possibilità di recuperare immediatamente la refurtiva trasforma il reato in un tentativo?
No. Secondo la Corte, la possibilità per la persona offesa di recuperare prontamente il bene sottratto è irrilevante per qualificare il reato. Se l’agente ha ottenuto, anche solo per un istante, il possesso esclusivo della cosa, il furto è consumato.
Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso in Cassazione manifestamente infondato?
Se il ricorso è ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un’impugnazione priva di seria base giuridica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32653 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32653 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TAD] NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze che ne ha confermato la penale responsabilità per il delitto di furto in concorso;
considerato che l’unico motivo di impugnazione – che denuncia il vizio di motivazione e la violazione di legge penale, segnatamente degli artt. 56 e 624 cod. pen. per la mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie tentata – è manifestamente infondato e generico, quanto: «il reato di furto si consuma quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente, sicché so irrilevanti sia il fatto che la “res furtiva” rimanga nella sfera di vigilanza della persona offes la possibilità del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalità custodia e di trasporto» (Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, T., Rv. 283544 – 01); i Giudici d merito hanno escluso il costante monitoraggio dell’azione furtiva e sul punto il ricorso si affid ad asserti generici (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2025.