Furto Consumato vs. Tentato: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali per comprendere la linea di demarcazione tra furto tentato e furto consumato. La decisione non solo ribadisce principi consolidati sul momento in cui il reato si perfeziona, ma serve anche da monito sull’importanza di formulare ricorsi specifici e non generici. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per la difesa penale.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per i reati di furto aggravato ed evasione. La Corte d’Appello di Catania aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo provata la sua responsabilità. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso: Tentativo e Attenuanti
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su due punti fondamentali:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto: Secondo il ricorrente, il reato avrebbe dovuto essere qualificato come tentato furto e non come furto consumato, poiché, a suo dire, non si era perfezionato l’impossessamento della refurtiva.
2. Mancata applicazione di un’attenuante: La difesa lamentava la non concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, comma 4 c.p., legata alla particolare tenuità del danno patrimoniale.
La Decisione della Cassazione sul Furto Consumato
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno osservato come la tesi del furto tentato fosse una semplice riproposizione di quanto già sostenuto e motivatamente respinto dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata, infatti, aveva chiarito in modo logico e privo di vizi che l’imputato aveva effettivamente esercitato il proprio dominio sui beni sottratti. Questo atto di dominio segna il momento esatto in cui il reato passa dalla forma tentata a quella consumata.
L’Importanza della Specificità del Ricorso
Anche il secondo motivo è stato rigettato, ma per una ragione diversa: la sua genericità. La Corte ha rilevato che la censura sulla mancata applicazione dell’attenuante era priva dei requisiti prescritti dall’art. 581 del codice di procedura penale. Il ricorrente, infatti, non aveva indicato gli elementi specifici a sostegno della sua richiesta, limitandosi a una critica generica della decisione dei giudici di merito. Tale modus operandi non permette al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i punti della sentenza oggetto di critica e di esercitare il proprio sindacato.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono state lineari e perentorie. Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché reiterativo e non capace di scalfire la logicità della sentenza d’appello, la quale aveva correttamente individuato il perfezionamento del reato nel momento in cui l’imputato aveva acquisito l’autonoma disponibilità della refurtiva. Il secondo motivo è stato ritenuto generico e indeterminato, in quanto non specificava gli elementi concreti che avrebbero dovuto portare a una diversa valutazione da parte dei giudici di merito, violando così le norme procedurali che impongono la specificità dei motivi di ricorso.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali. Primo, il furto consumato si realizza non con la semplice sottrazione del bene, ma con l’acquisizione di un potere di fatto autonomo e indipendente sulla cosa sottratta, anche se per un breve lasso di tempo. Secondo, un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, non può limitarsi a ripetere le argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio o a formulare critiche generiche. Deve, al contrario, contenere censure specifiche, dettagliate e legalmente fondate, capaci di evidenziare un vizio logico o una violazione di legge nella decisione impugnata. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando si considera un furto ‘consumato’ e non solo ‘tentato’?
Un furto si considera consumato nel momento in cui l’imputato ha effettivamente esercitato il proprio dominio sui beni sottratti, completando così la fattispecie del reato.
Perché un motivo di ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un motivo di ricorso può essere dichiarato inammissibile se è una mera ripetizione di quanto già dedotto e respinto in appello, oppure se è generico e indeterminato, cioè privo degli elementi specifici richiesti dalla legge (art. 581 c.p.p.) per consentire al giudice di individuare i rilievi mossi alla sentenza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14168 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14168 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’ Appello di Catania in data 11 gennaio 2023 ha confermato la pronunzia di condanna emessa dal Tribunale cittadino per i reati di furto aggravato di cui agli artt. 624 e 625 nn.2 e 7 bis cod. pen. e di evasione di cui all’art.385 cod. pen.;
-Ritenuto che il primo motivo di ricorso con cui il ricorrente deduce violazione di legge in punto di qualificazione giuridica-ritenendo che il furto non è stato consumato ma esclusivamente tentato-è reiterativo di quanto dedotto in appello e puntualmente disatteso dalla Corte di merito, nonché manifestamente infondato non confrontandosi con la sentenza che con motivazione immune da vizi logici ha specificatamente chiarito (par. 3.1) che l’imputato ha effettivamente esercitato il proprio dominio sui beni sottratti integrando così la fattispecie di furt consumato;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente denunzia la violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 comma 4 cod. pen. è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
-Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Il Presidente
Così deciso il 31 gennaio 2024 Il ConsiM€re es ,nsore