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Furto consumato: quando il reato è perfezionato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per furto aggravato, confermando la distinzione chiave tra tentativo e reato perfezionato. L’ordinanza sottolinea che si ha furto consumato quando l’agente esercita un effettivo dominio sui beni sottratti. Viene inoltre ribadita la necessità di formulare motivi di ricorso specifici e non meramente ripetitivi o generici.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato vs. Tentato: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali per comprendere la linea di demarcazione tra furto tentato e furto consumato. La decisione non solo ribadisce principi consolidati sul momento in cui il reato si perfeziona, ma serve anche da monito sull’importanza di formulare ricorsi specifici e non generici. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per la difesa penale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per i reati di furto aggravato ed evasione. La Corte d’Appello di Catania aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo provata la sua responsabilità. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Tentativo e Attenuanti

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su due punti fondamentali:

1. Errata qualificazione giuridica del fatto: Secondo il ricorrente, il reato avrebbe dovuto essere qualificato come tentato furto e non come furto consumato, poiché, a suo dire, non si era perfezionato l’impossessamento della refurtiva.
2. Mancata applicazione di un’attenuante: La difesa lamentava la non concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, comma 4 c.p., legata alla particolare tenuità del danno patrimoniale.

La Decisione della Cassazione sul Furto Consumato

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta: il ricorso è inammissibile. Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno osservato come la tesi del furto tentato fosse una semplice riproposizione di quanto già sostenuto e motivatamente respinto dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata, infatti, aveva chiarito in modo logico e privo di vizi che l’imputato aveva effettivamente esercitato il proprio dominio sui beni sottratti. Questo atto di dominio segna il momento esatto in cui il reato passa dalla forma tentata a quella consumata.

L’Importanza della Specificità del Ricorso

Anche il secondo motivo è stato rigettato, ma per una ragione diversa: la sua genericità. La Corte ha rilevato che la censura sulla mancata applicazione dell’attenuante era priva dei requisiti prescritti dall’art. 581 del codice di procedura penale. Il ricorrente, infatti, non aveva indicato gli elementi specifici a sostegno della sua richiesta, limitandosi a una critica generica della decisione dei giudici di merito. Tale modus operandi non permette al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i punti della sentenza oggetto di critica e di esercitare il proprio sindacato.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono state lineari e perentorie. Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché reiterativo e non capace di scalfire la logicità della sentenza d’appello, la quale aveva correttamente individuato il perfezionamento del reato nel momento in cui l’imputato aveva acquisito l’autonoma disponibilità della refurtiva. Il secondo motivo è stato ritenuto generico e indeterminato, in quanto non specificava gli elementi concreti che avrebbero dovuto portare a una diversa valutazione da parte dei giudici di merito, violando così le norme procedurali che impongono la specificità dei motivi di ricorso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali. Primo, il furto consumato si realizza non con la semplice sottrazione del bene, ma con l’acquisizione di un potere di fatto autonomo e indipendente sulla cosa sottratta, anche se per un breve lasso di tempo. Secondo, un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, non può limitarsi a ripetere le argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio o a formulare critiche generiche. Deve, al contrario, contenere censure specifiche, dettagliate e legalmente fondate, capaci di evidenziare un vizio logico o una violazione di legge nella decisione impugnata. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando si considera un furto ‘consumato’ e non solo ‘tentato’?
Un furto si considera consumato nel momento in cui l’imputato ha effettivamente esercitato il proprio dominio sui beni sottratti, completando così la fattispecie del reato.

Perché un motivo di ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un motivo di ricorso può essere dichiarato inammissibile se è una mera ripetizione di quanto già dedotto e respinto in appello, oppure se è generico e indeterminato, cioè privo degli elementi specifici richiesti dalla legge (art. 581 c.p.p.) per consentire al giudice di individuare i rilievi mossi alla sentenza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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