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Furto consumato: quando il reato è perfezionato?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha chiarito che il furto consumato si configura nel momento in cui l’agente acquisisce la piena ed autonoma disponibilità della refurtiva, anche se per un breve lasso di tempo e anche se viene inseguito e bloccato subito dopo. Nel caso di specie, l’imputato aveva già caricato la merce su un furgone e si era dato alla fuga, integrando così la consumazione del reato prima dell’intervento delle forze dell’ordine. La Corte ha inoltre confermato la corretta valutazione delle circostanze attenuanti, ritenute non prevalenti sull’aggravante a causa di un precedente specifico dell’imputato.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato: la Fuga con la Refurtiva Segna il Confine con il Tentativo

Quando un furto può dirsi semplicemente tentato e quando, invece, è a tutti gli effetti un furto consumato? La linea di demarcazione tra le due ipotesi di reato è spesso sottile ma cruciale per le sorti processuali dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il reato si considera consumato nel momento in cui il ladro acquisisce una piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se solo per un breve istante e anche se viene immediatamente inseguito e bloccato.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il furto aggravato di circa 1.500 giunti metallici, per un valore di seimila euro. L’imputato, agendo in concorso con un’altra persona rimasta sconosciuta, si era impossessato dei beni, li aveva caricati su un furgone e si era dato alla fuga. L’intervento della polizia giudiziaria era avvenuto in un momento successivo, quando l’impossessamento si era già perfezionato e l’agente aveva già iniziato la sua fuga.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali vizi della sentenza d’appello:

1. Errata qualificazione del reato: secondo la difesa, il fatto doveva essere ricondotto all’ipotesi di tentato furto e non di furto consumato.
2. Mancata prevalenza delle attenuanti generiche: si contestava la motivazione con cui i giudici di merito avevano negato la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante contestata.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile.

Le Motivazioni: la Distinzione tra Furto Tentato e Furto Consumato

Il fulcro della decisione risiede nella netta distinzione tra tentativo e consumazione del reato di furto. La Corte ha ribadito che il criterio distintivo è la circostanza che l’imputato consegua, anche per un breve lasso di tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.

Nel caso specifico, l’imputato aveva già completato l’azione di sottrazione, caricando i secchi con i giunti sul proprio furgone. In quel momento, aveva acquisito un’autonoma “signoria” sui beni rubati. L’intervento delle forze dell’ordine, avvenuto quando l’imputato si era già dato alla fuga, non poteva far retrocedere la fattispecie a mero tentativo. La consumazione si era già perfezionata.

La Corte ha inoltre precisato che il precedente giurisprudenziale citato dalla difesa, relativo ai furti nei supermercati dotati di sistemi di monitoraggio continuo, non era applicabile. In quei contesti, la merce rimane sotto il costante controllo del personale, impedendo all’agente di acquisirne un’autonoma disponibilità fino al superamento delle casse. La situazione in esame era palesemente diversa.

Le Motivazioni sul Bilanciamento delle Circostanze

Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato. La Corte ha ricordato che il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti è una valutazione discrezionale del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo se palesemente illogica o arbitraria.

Nel caso in questione, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la scelta di non concedere la prevalenza delle attenuanti generiche. La decisione si basava sulla “perseveranza nell’illecito” dimostrata dall’imputato, il quale aveva un precedente specifico per furto in abitazione commesso solo due anni prima. Tale precedente è stato considerato un indicatore di una “particolare inclinazione a commettere reati contro il patrimonio”, giustificando una maggiore severità nel trattamento sanzionatorio.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre un’importante lezione pratica: il discrimine tra furto tentato e furto consumato si gioca sulla concreta acquisizione del controllo autonomo sulla refurtiva. Il semplice fatto di essere scoperti e bloccati subito dopo la fuga non è sufficiente a “declassare” il reato a tentativo, se l’impossessamento si è già perfezionato. La decisione, inoltre, conferma che la valutazione dei precedenti penali specifici gioca un ruolo determinante nel giudizio di bilanciamento delle circostanze, potendo legittimamente ostacolare il riconoscimento di un trattamento sanzionatorio più mite.

Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Un furto si considera consumato quando l’autore del reato riesce ad acquisire la piena, autonoma ed effettiva disponibilità dei beni rubati, anche se per un periodo di tempo molto breve. Il momento chiave è quello in cui la persona offesa perde il controllo sulla cosa e il ladro inizia a poterla gestire autonomamente.

Perché il furto di beni già caricati su un furgone prima della fuga è considerato consumato?
È considerato consumato perché, caricando la merce sul veicolo e iniziando la fuga, l’agente ha manifestato in modo inequivocabile di averne acquisito il pieno ed esclusivo controllo, sottraendola alla sfera di vigilanza del proprietario. L’intervento successivo della polizia non interrompe un tentativo, ma accerta un reato già perfezionato.

Su quali basi un giudice può negare la prevalenza delle attenuanti generiche?
Un giudice può motivatamente negare la prevalenza delle attenuanti generiche basandosi su elementi negativi come la perseveranza dell’imputato nel commettere reati. Nel caso specifico, un precedente penale per un reato della stessa natura (furto) è stato considerato un valido indicatore di una particolare inclinazione a delinquere, giustificando così la decisione di non concedere un trattamento sanzionatorio più favorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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