Furto Consumato: Basta la Breve Disponibilità della Refurtiva
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sulla linea di demarcazione tra furto tentato e furto consumato. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ribadisce un principio consolidato: per la consumazione del reato di furto è sufficiente che l’agente abbia acquisito, anche solo per un breve lasso di tempo, la piena ed autonoma disponibilità del bene sottratto. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in Corte d’Appello per il reato di furto in abitazione, commesso in concorso con persone rimaste ignote. L’imputato decideva di ricorrere per Cassazione, sostenendo che il reato dovesse essere qualificato come tentato e non consumato.
Il punto centrale della difesa si basava sulla circostanza che la refurtiva, nello specifico una cucina, era stata sì asportata dall’abitazione, ma subito dopo abbandonata nel cortile dello stesso stabile alla vista dei militari. Secondo il ricorrente, non essendoci stato un allontanamento definitivo con il bene sottratto, il delitto non si era mai perfezionato.
La Questione Giuridica: Furto Tentato o Consumato?
La questione sottoposta alla Suprema Corte era dunque quella di stabilire il momento esatto in cui il delitto di furto può dirsi perfezionato. La differenza non è di poco conto, poiché la qualificazione del fatto come tentato comporta una significativa riduzione della pena. Il ricorrente sosteneva che, non avendo avuto la possibilità di trarre profitto dalla refurtiva, l’azione criminosa si fosse fermata ad uno stadio precedente la consumazione.
La Decisione della Corte sul Furto Consumato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno respinto la tesi difensiva, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Il vizio di motivazione lamentato dal ricorrente è stato ritenuto insussistente, in quanto la decisione del giudice di merito si è basata su principi logici e giuridici corretti.
Le Motivazioni
La Corte ha ribadito che il delitto di furto deve considerarsi furto consumato, e non tentato, quando l’autore, anche se solo per un breve periodo, ha la piena e autonoma disponibilità della refurtiva. Nel caso di specie, gli imputati avevano asportato la cucina e l’avevano spostata nel cortile. In quel frangente, essi avevano acquisito un potere di disposizione autonomo sul bene, interrompendo la signoria del legittimo proprietario.
Il fatto che abbiano poi abbandonato la refurtiva alla vista dei militari non sposta il momento consumativo, che si era già perfezionato. L’impossessamento, inteso come l’acquisizione di un potere di fatto autonomo sulla cosa, era avvenuto. Pertanto, la condanna per furto consumato è stata ritenuta corretta.
Le Conclusioni
Con questa pronuncia, la Cassazione conferma che per integrare il furto consumato non è necessario che l’autore si allontani indisturbato con il bene o che riesca a trarne un profitto. È sufficiente che il soggetto agente sottragga il bene al controllo del proprietario e ne acquisisca, anche solo momentaneamente, la piena disponibilità. La decisione ha comportato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Quando si perfeziona il reato di furto consumato?
Il reato di furto si considera consumato nel momento in cui l’autore acquisisce la piena e autonoma disponibilità della refurtiva, anche se solo per un breve periodo.
È necessario che il ladro si allontani dal luogo del delitto con la refurtiva perché il furto sia consumato?
No, non è necessario. Come dimostra il caso di specie, anche se i beni rubati vengono abbandonati nel cortile dell’abitazione da cui sono stati sottratti, il reato è comunque consumato se l’autore ne ha avuto per un momento la disponibilità autonoma.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione nel caso esaminato?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per furto consumato e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6010 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6010 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LOCRI il 18/04/1972
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di furto in abitazione realizzato in concorso con ignoti di cui agli artt. 624 bis e 110 cod. pen.
Ritenuto che il primo ed unico motivo di ricorso con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione del reato ascritto come consumato e non tentato, è manifestamente infondato perché denunzia violazione di norme smentita dagli atti processuali dal momento che il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento.
Considerato che, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, specificando che, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte il delitto di furto deve considerarsi consumato, e non tentato, quando l’autore, anche se solo per un breve periodo, ha la piena e autonoma disponibilità della refurtiva (Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 – 01); nel caso di specie gli imputati hanno asportato la cucina e l’hanno abbandonata nel cortile dell’abitazione alla vista dei militari (par.4).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
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