Furto Consumato o Tentato? La Cassazione Chiarisce il Momento Decisivo
Capire la differenza tra furto tentato e furto consumato è fondamentale nel diritto penale, poiché da questa distinzione dipendono le conseguenze sanzionatorie per l’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su quando il reato di furto può dirsi pienamente realizzato, anche in presenza di sorveglianza. Analizziamo insieme la decisione per comprendere il principio di diritto applicato.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per furto emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto. A suo avviso, l’episodio avrebbe dovuto essere inquadrato come furto tentato, e non consumato.
L’Unico Motivo di Ricorso: La Tesi del Furto Tentato
La difesa dell’imputato si basava su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 56 (delitto tentato) e 624 (furto) del codice penale. Secondo il ricorrente, il reato non si era mai perfezionato perché l’azione era avvenuta sotto l’osservazione di una commessa. Questa sorveglianza, a suo dire, avrebbe impedito il reale impossessamento della merce, confinando l’azione nell’ambito del mero tentativo.
La Decisione sul Furto Consumato della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno innanzitutto sottolineato come i motivi del ricorso fossero una semplice e pedissequa reiterazione di argomenti già presentati e respinti in appello, privi quindi della specificità necessaria per criticare efficacemente la sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Corte
Entrando nel merito della questione, la Corte ha spiegato perché la fattispecie dovesse essere considerata come furto consumato. Il punto cruciale, secondo i giudici, risiede nel fatto che la mera osservazione da parte della commessa non ha impedito l’effettivo impossessamento del maltolto. L’imputato, infatti, era riuscito a prendere i beni e ad allontanarsi, ottenendone la piena ed autonoma disponibilità, seppur per un breve lasso di tempo. L’elemento decisivo che conferma la consumazione del reato è la circostanza che per recuperare la refurtiva si è reso necessario un inseguimento da parte della persona offesa. Questo dimostra che il controllo sulla cosa era già passato dall’originario detentore all’autore del furto.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: il furto si consuma nel momento in cui il bene esce dalla sfera di vigilanza e controllo del detentore ed entra nella disponibilità autonoma dell’agente. La semplice sorveglianza a distanza non è sufficiente a degradare il reato a tentativo se non impedisce concretamente l’impossessamento. La necessità di un inseguimento per recuperare la refurtiva è la prova lampante che il reato si è già perfezionato. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Secondo la Corte, il furto è consumato nel momento in cui l’autore del reato riesce a ottenere l’autonoma disponibilità dei beni rubati, sottraendoli al controllo di chi li deteneva, anche se solo per un breve periodo.
La sorveglianza da parte di un commesso è sufficiente a qualificare il fatto come furto tentato?
No. La semplice osservazione da parte di un addetto alla sorveglianza non impedisce la consumazione del reato se l’autore riesce comunque a impossessarsi della merce e ad allontanarsi. Il fatto che sia stato necessario un inseguimento per recuperare i beni dimostra che il furto era già consumato.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non presentava argomenti nuovi, ma si limitava a ripetere le stesse censure già sollevate e respinte nel precedente grado di giudizio, risultando così non specifico e puramente apparente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11703 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE STABIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste che ha confermato la sentenza del Tribunale di Gorizia di condanna per il reato furto;
Rilevato che l’unico motivo del ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione di legge vizio di motivazione quanto all’omesso riconoscimento della fattispecie di furto tentato ex ar 56 e 624 cod.pen. – è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di mer dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Rilevato che i corretti argomenti giuridici adoperati dalla Corte di merito son perfettamente confacenti al caso di specie, laddove l’osservazione da parte della commessa non ha impedito l’impossessamento del maltolto, che l’imputato ha ottenuto, e considerato che è stato necessario un inseguimento da parte della persona offesa per recuperare la refurtiva.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 28 febbraio 2024.