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Furto consumato: quando è reato e non tentativo

La Cassazione ha confermato la condanna per furto consumato a carico di una donna che, con due complici, aveva sottratto un portafoglio su un treno della metropolitana. Nonostante l’osservazione a distanza da parte della polizia, il reato è stato ritenuto consumato perché gli autori hanno avuto la piena e autonoma disponibilità della refurtiva, anche solo per breve tempo, riuscendo a spostarsi e a prelevare il denaro.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Consumato in Metropolitana: La Vigilanza della Polizia non Basta per il Tentativo

La distinzione tra furto tentato e furto consumato è una questione cruciale nel diritto penale, con importanti conseguenze sulla pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21858 del 2024, torna a fare chiarezza su questo punto, stabilendo che la semplice osservazione a distanza da parte delle forze dell’ordine non è sufficiente a qualificare il reato come un mero tentativo.

I Fatti del Caso: un Furto Sotto gli Occhi degli Agenti

Il caso riguarda un furto di un portafoglio avvenuto a bordo di un treno della metropolitana di Roma. L’imputata, agendo in concorso con altre due persone, aveva sottratto il portafoglio a una passeggera. L’azione criminosa, però, si era svolta sotto l’osservazione di agenti di polizia che, notando il comportamento sospetto del gruppo, li stavano monitorando a distanza già da prima che il reato venisse commesso.
Dopo la sottrazione, i tre complici erano scesi dal treno della vittima per salire su un altro convoglio che viaggiava in direzione opposta. Durante questo tragitto, si erano passati di mano il portafoglio e avevano persino estratto le banconote contenute al suo interno.

La Tesi Difensiva: Era solo un Tentativo?

La difesa dell’imputata ha basato il ricorso in Cassazione su un unico motivo: l’erronea applicazione della legge penale. Secondo la ricorrente, il reato avrebbe dovuto essere qualificato come furto tentato e non consumato, proprio perché l’intera azione si era svolta sotto il controllo degli agenti di polizia. Tale vigilanza, a suo dire, avrebbe impedito il reale e autonomo impossessamento della refurtiva.

La Decisione della Cassazione sul Furto Consumato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte di Appello. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità.

Il Criterio Distintivo: l’Autonoma Disponibilità della Refurtiva

Il criterio per distinguere tra tentativo e consumazione del reato di furto risiede nella circostanza che l’autore del reato consegua, anche se per un tempo molto breve, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità del bene sottratto. L’osservazione a distanza da parte della polizia non è, di per sé, un fattore che impedisce il verificarsi di questa condizione.

L’Irrilevanza dell’Osservazione a Distanza

La Corte ha specificato che il monitoraggio degli agenti, definito come uno “studio” del comportamento dei sospettati, non impedisce il conseguimento dell’autonomo possesso della refurtiva. Questo perché tale osservazione non è posta in essere dalla vittima (che non si accorge di nulla) e non blocca fisicamente l’azione dei ladri prima che questi abbiano il pieno controllo del bene.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sull’analisi concreta delle azioni compiute dai responsabili del furto. Dopo aver sottratto il portafoglio, essi hanno posto in essere una serie di atti che dimostrano inequivocabilmente di averne acquisito la piena signoria. In particolare, hanno:
1. Abbandonato il treno dove si trovava la vittima.
2. Saliti su un altro treno diretto nella direzione opposta, allontanandosi dalla scena del crimine.
3. Passato il portafoglio di mano in mano tra i complici.
4. Estratto il denaro contante, disponendo così del contenuto del bene rubato.
Questi passaggi, secondo i giudici, provano che gli autori del reato avevano conseguito un possesso autonomo del portafoglio, seppur per un breve lasso di tempo, prima di essere fermati. Ciò è sufficiente per integrare la forma del furto consumato.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per aversi furto consumato, è decisivo il momento in cui il ladro acquisisce l’autonoma disponibilità della cosa, anche per un istante. La vigilanza delle forze dell’ordine che non si traduce in un intervento immediato tale da interrompere l’azione prima dell’impossessamento, non è sufficiente a degradare il reato a mero tentativo. Questa pronuncia offre un’importante linea guida per distinguere situazioni al limite, confermando che la capacità di disporre del bene rubato è l’elemento chiave per la consumazione del reato.

Quando un furto si considera consumato e non solo tentato?
Un furto si considera consumato quando l’autore del reato riesce a conseguire la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se per un tempo molto breve. Il criterio non è la durata del possesso, ma l’effettivo conseguimento del controllo sul bene sottratto.

Se la polizia osserva il furto mentre avviene, il reato è automaticamente un tentativo?
No. Secondo la sentenza, l’osservazione a distanza da parte degli agenti di polizia non è di per sé sufficiente a qualificare il reato come tentativo. Se, nonostante la vigilanza, l’autore riesce a impossessarsi del bene e ad averne la disponibilità autonoma, il reato è consumato.

Cosa significa avere la “piena e autonoma disponibilità” di un oggetto rubato?
Significa che l’autore del reato è in grado di disporre dell’oggetto come se fosse suo, senza essere immediatamente fermato. Nel caso analizzato, il fatto che i ladri abbiano cambiato treno, si siano passati il portafoglio e ne abbiano estratto il denaro dimostra che ne avevano acquisito la piena e autonoma disponibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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