Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14912 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14912 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna di COGNOME NOME, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato, per i reati di furto in luogo di privata dimora, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie aggravate. L’imputato, dopo essersi introdotto nello spogliatoio di un centro sportivo, si impossessava di alcuni beni appartenenti ad uno degli utenti del medesimo. Tuttavia, veniva sorpreso nella flagranza del reato da un collaboratore dell’impianto, il quale, a sua volta, otteneva l’intervento di alcuni agenti di polizia occasionalmente presenti, ai quali l’imputato si opponeva cagionando loro le lesioni contestate nel capo c) dell’imputazione.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo vengono dedotti erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in riferimento alla mancata qualificazione del fatto contestato al capo a) come furto tentato, anziché consumato. In tal senso il ricorrente eccepisce che la sottrazione dei beni sarebbe avvenuta sotto il costante controllo del collaboratore del centro sportivo (tale COGNOME) che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte che avrebbe in tal senso omesso di considerare alcune risultanze processuali, era stato specificamente addetto a funzioni di vigilanza al fine di prevenire possibili furti.
2.2 Con il secondo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizi di motivazione, in riferimento ai reati di cui ai capi b) e c), rispetto alle modalità di assunzione valutazione della testimonianza resa da uno degli operanti che hanno proceduto all’arresto dell’imputato. In particolare, il ricorrente lamenta che il giudice d’appello fondato la sussistenza dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni sulla base di dichiarazioni acquisite a seguito della formulazione da parte del giudice di domande palesemente suggestive al teste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve pertanto essere rigettato.
In primo luogo, è infondata l’obiezione del ricorrente circa la mancata qualificazione giuridica del furto da lui realizzato come tentato, anziché consumato.
2.1 A sostegno della propria tesi il ricorrente valorizza il presunto ruolo di sorvegliante svolto dal COGNOME all’interno dell’impianto sportivo al momento del fatto. Secondo la difesa, la circostanza che la condotta delittuosa sia stata realizzata sotto la costante vigilanza di un soggetto preposto alla custodia ed alla vigilanza dei beni dei
frequentatori del centro sportivo renderebbe pacifica la derubricazione del fatto in un mero tentativo di furto, secondo l’insegnamento di Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186.
2.2 La citata sentenza Prevete ha in effetti stabilito le condizioni alla stregua delle qual può ritenersi integrato solo un furto tentato nel caso di intervento difensivo in continenti, ma in tal senso ha precisato come l’impossessamento da parte dell’agente sia impedito solo nel caso in cui l’azione furtiva sia stata eseguita sotto la vigilanz continua non già di un qualsiasi testimone, bensì di un soggetto che vanta un rapporto qualificato con la cosa od uno specifico dovere giuridico di agire per evitare la consumazione della condotta criminosa, individuando tale soggetto nel titolare del bene oggetto di sottrazione e persona offesa del reato, nelle persone dallo stesso incaricate della sorveglianza del bene medesimo ovvero nelle forze dell’ordine eventualmente presenti in loco.
La Corte territoriale, che si è confrontata con il menzioNOME arresto giurisprudenziale, ha escluso che il COGNOME fosse un dipendente del centro sportivo, risultando essere solo un collaboratore informale del medesimo, ma soprattutto come non fosse stato incaricato dal titolare del bene della vigilanza sul bene, non avendo dunque alcun obbligo di intervenire per interrompere eventuali azioni furtive consumatesi in sua presenza.
Nel contestare tali argomentazioni il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di confrontarsi con alcuni dati probatori in grado di dimostrare i compiti di vigilanza del citato COGNOME. Ma, anche a prescindere dalla genericità di tali rilievi che comunque si traducono nel sollecitare questa Corte ad una rivalutazione del compendio probatorio attenendo le censure all’interpretazione del significato probatorio – e non già del significante – di alcune dichiarazioni testimoniali, in tal modo non si confronta con la decisiva obiezione dei giudici di merito relativa al difetto di una qualsivogli relazione tra il COGNOME e il titolare del bene.
In conclusione, il furto deve ritenersi consumato, in quanto il bene è fuoriuscito dalla sfera di controllo della persona offesa, seppure per un breve lasso temporale ed il monitoraggio del COGNOME non ha assunto alcuna rilevanza ai fini della degradazione della condotta a tentativo.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per una pluralità di ragioni.
4.1 Innanzitutto, il motivo prospetta in maniera inedita violazioni di legge e vizi d motivazione non già dedotti nel giudizio d’appello e sui quali, dunque, i giudici del gravame ha correttamente omesso di pronunziarsi (ex multis Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in motivazione; nonché Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv.
279903; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368). Invero, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte ritenere sistematicamente non consentita la proponibilità per la prima volta in sede di legittimità questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 5, n. 28514 del 23/4/2013, Grazioli COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
4.2 In ogni caso, l’opposizione alle domande proposte nel corso dell’esame dei testi deve essere anzitutto formulata ex art 504 c.p.p. al giudice innanzi al quale si forma la prova, perché ai giudici dei gradi successivi di giudizio è rimessa solo una valutazione circa la motivazione del provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’eccezione stessa (ex multis Sez. 6, n. 8307 del 13/01/2021, G., Rv. 280710).
Non di meno il Collegio intende aderire all’orientamento, largamente maggioritario nella giurisprudenza di legittimità, per cui il divieto di porre domande suggestive è rivolto alle parti e non al giudice (ex multis Sez. 6, n. 8307 del 13/01/2021, G., Rv. 280710).
4.3 Sotto altro profilo e con riferimento all’eccezione di violazione della legge processuale prospettata, è escluso che quella dedotta sia violazione deducibile ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) c.p.p.
Infatti, la violazione di legge sussiste solo in caso di inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità decadenza. Invece, in materia di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive non comporta né l’inutilizzabilità, né la nullità della deposizione, non essendo prevista una tale sanzione dall’art. 499, comma 3, c.p.p., né potendo la stessa essere desunta dalle previsioni contenute nell’art. 178 c.p.p. (ex multis Sez. 3, n. 49993 del 16/09/2019, R., Rv. 277399).
Ne consegue che la violazione del citato divieto, in mancanza di una sanzione processuale, rileva soltanto sul piano della valutazione della genuinità della prova può essere dunque valutata in questa sede soltanto nell’ottica del vizio di motivazione – che può risultare compromessa esclusivamente se inficia l’intera dichiarazione e non semplicemente la singola risposta fornita, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte alle altre domande (ex multis Sez. 3, n. 42568 del 25/06/2019, B., Rv. 277988).
Inoltre, la giurisprudenza consolidata afferma che il ricorrente che lamenta violazione di legge è tenuto a specificare come la suggestività influenzi il significato probatorio. Invece, le censure proposte risultano generiche, in quanto il ricorrente non ha assolto l’onere dimostrativo, ma si è limitato a sostenere l’evidenza della suggestività ed a riportare semplicemente i verbali della deposizione da cui emergerebbe il carattere suggestivo delle domande del giudice, tra l’altro in maniera incompleta.
4.4 Da ultimo,- COGNOME la censura del ricorrente con cui lamenta che la prova testimoniale non è stata acquisita rispettando il principio del contraddittorio e la regola dell’esame incrociato, è manifestamente infondata. Infatti, il metodo dell’esame e controesame trova esclusiva applicazione nella fase del dibattimento; invece, la deposizione di cui si lamenta l’inquinamento non ha natura dibattimentale, ma, trattandosi di chiarimenti richiesti dal giudice all’operante in sede di udienza convalida, ha natura predibattimentale e la sua utilizzazione è stata legittimata dalla richiesta dell’imputato di accedere al rito abbreviato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18/1/2024