Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11897 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a SERRACAPRIOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/10/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 31 agosto 2021, con cui COGNOME NOME e COGNOME NOME erano stati condannati alla pena di anni un D e mesi quattro di reclusione ed euro ottocento di multa ciascuno, in relazione al reato di cui agli artt. 110, 624 e 625, n. 2, cod. pen. (furto di piumino dal negozio di un centro commerciale).
Gli imputati, a mezzo del comune difensore, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge in ordine all’omessa riqualificazione del reato contestato in furto tentato.
3. Il ricorso è inammissibile.
In ordine all’unico motivo di ricorso, va ribadito, per giurisprudenza pacifica, che nel caso analogo di furto presso un supermercato, si ha furto consumato, e non tentato, se con la merce prelevata dai banchi di un supermercato e sottratta al pagamento si supera la barriera delle casse, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza (Sez. 4, n. 7062 del 09/01/2014, Bergantino, Rv. 259263; Sez. 5, n. 1701 del 23/10/2013, NOME, Rv. 258671).
Integra il reato di furto nella forma consumata la condotta di colui che, subito dopo l’impossessamento, venga bloccato dalla polizia giudiziaria che lo aveva osservato a distanza, in quanto il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva (Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016).
Il criterio distintivo tra consumazione e tentativo, quindi, risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva (Sez. 5, n.26749 del 11/04/2016, COGNOME, Rv. 267266).
Ai fini della configurazione dell’autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento acquisitivo a cui l’impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale ex se, essendo sufficiente che l’agente abbia conseguito, anche solo momentaneamente, l’esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece, decisivo rilievo l’effettiva concretizzazione del rischio di definitiva dispersione, pur se questa non si sia, di fatto, realizzata per l’intervento di fattori causali successivi ed autonomi. Ai fin della configurabilità del tentativo, occorre che il complesso delle cautele adottate dal soggetto passivo del reato consenta un contestuale intervento impeditivo che, di
fatto, precluda all’agente l’esercizio di autonomi poteri dispositivi sulla cosa, escludendo ex ante il pericolo di definitiva dispersione del bene sottratto. In sostanza, il criterio distintivo tra consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.
Nel caso in esame, correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto configurata la fattispecie di reato in oggetto nella forma consumata.
Infatti, la COGNOME, esecutrice materiale del furto, dopo essere uscita dal negozio, era stata notata con un rigonfiamento all’altezza dell’addome e, sotto una fascia elastica indossata sotto la camicia, era stata notata con un piumino da uomo del valore di euro duemilacinquecento, arrivando ad acquisire una disponibilità – seppure per soli dieci minuti circa – autonoma e immediata della refurtiva.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila ciascuno, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.