Furto consumato: basta il possesso anche per poco tempo
Quando un furto può dirsi tentato e quando, invece, è a tutti gli effetti un furto consumato? La questione, tutt’altro che banale, ha importanti conseguenze sulla pena applicabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la durata del possesso della refurtiva è irrilevante. Ciò che conta è averne acquisito la piena e autonoma disponibilità, anche solo per un istante.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di furto, ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale. La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, non contestando il fatto storico in sé, ma la sua qualificazione giuridica. Secondo il ricorrente, l’azione avrebbe dovuto essere inquadrata come un tentativo di furto e non come un reato pienamente realizzato.
Il Motivo del Ricorso: la distinzione tra tentativo e consumazione
L’unico motivo di ricorso si basava su un’argomentazione precisa: l’imputato aveva avuto la disponibilità dei beni rubati solo per un brevissimo lasso di tempo. Questa circostanza, a dire della difesa, impediva di considerare il reato come consumato. Si sosteneva, in pratica, che non ci fosse stato un consolidamento del possesso, elemento necessario per superare la soglia del tentativo e integrare quella del furto consumato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito, richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, che il discrimine tra furto tentato e furto consumato non risiede nella durata del possesso, bensì nel momento in cui l’agente acquisisce l’autonoma ed effettiva disponibilità della cosa sottratta.
Dal provvedimento emerge che, secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, l’imputato aveva effettivamente conseguito la piena disponibilità della refurtiva. Sebbene tale possesso sia durato poco, è stato sufficiente a far sì che il bene uscisse dalla sfera di controllo della vittima per entrare in quella dell’autore del reato. In quel preciso momento, il delitto si è perfezionato e consumato.
Le Conclusioni
La decisione della Corte di Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce in modo netto che per la configurazione del furto consumato è sufficiente il conseguimento di un potere di fatto autonomo sulla refurtiva, anche se solo momentaneo e precario. Non è necessario un impossessamento prolungato o sicuro. Questo principio serve a evitare che situazioni di fatto identiche, come la sottrazione di un bene, possano essere qualificate diversamente solo in base alla rapidità con cui l’autore del reato viene scoperto o fermato. La sentenza, dichiarando inammissibile il ricorso, ha reso definitiva la condanna e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando la solidità di un principio cardine del diritto penale.
Quando si considera consumato un furto?
Secondo la Corte, il furto si considera consumato nel momento in cui l’autore del reato acquisisce la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, sottraendola al controllo del precedente possessore.
La durata del possesso della refurtiva è rilevante per distinguere tra furto tentato e furto consumato?
No, la sentenza chiarisce che la durata del possesso è irrilevante. Anche un possesso molto breve è sufficiente per configurare il furto consumato, a patto che sia stato pieno e autonomo.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta che la sentenza di condanna diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7950 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7950 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 04/04/1995
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Firenze che ne ha confermato la condanna per il reato previsto dall’art. 624-bis, comma secondo, cod. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce l’errata qualificazione giuridica dei fatti contestati stante la natura tentata e non consumata del reato, è manifestamente infondato perché, dalla ricostruzione del fatto offerta dal giudice di merito, risulta che l’imputato ha conseguito, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 – 01);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/01/2025