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Furto con violenza sulla cosa: il caso della ruota

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tentato furto aggravato di una ruota d’auto. La Corte ha confermato che l’atto di svitare i bulloni per rimuovere la ruota integra l’aggravante del furto con violenza sulla cosa, escludendo così la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa della gravità della condotta e della pericolosità sociale del soggetto.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto con violenza sulla cosa: quando svitare un bullone fa la differenza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21629/2025, si è pronunciata su un caso di tentato furto di una ruota d’auto, offrendo chiarimenti cruciali sulla distinzione tra furto semplice e furto aggravato dalla violenza sulla cosa. Questa decisione ribadisce un principio consolidato, sottolineando come l’uso di strumenti per manomettere un bene integri una circostanza che aggrava il reato e ne preclude l’archiviazione per particolare tenuità del fatto.

I fatti di causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto pluriaggravato. L’imputato aveva cercato di asportare una ruota da un autoveicolo, ma il suo tentativo era stato sventato. La condanna prevedeva una pena di 8 mesi di reclusione e 46,00 euro di multa. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, contestando due aspetti fondamentali della decisione dei giudici di merito.

I motivi del ricorso e la decisione della Corte

L’imputato basava il suo ricorso su due doglianze principali:
1. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo il danno esiguo e la condotta non grave.
2. L’errata applicazione dell’aggravante della violenza sulla cosa (art. 625 n.2 c.p.), sostenendo che la sua azione non costituisse una vera e propria manomissione.

La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.

Il concetto di furto con violenza sulla cosa

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’aggravante del furto con violenza sulla cosa. La Corte ha ribadito che questa circostanza si configura quando, per sottrarre il bene, è necessario un impiego di energia fisica superiore a quella richiesta per la semplice amotio, ovvero il mero spostamento dell’oggetto.

Nel caso specifico, asportare una ruota non significa semplicemente prenderla e portarla via. È un’operazione che richiede lo ‘sbullonamento’ con appositi strumenti. Questo atto, secondo la giurisprudenza costante, costituisce una vera e propria ‘manomissione’ del veicolo. Comporta un mutamento di destinazione della cosa (la ruota, da parte del veicolo, diventa un oggetto a sé) e richiede un’attività che va oltre la normale azione fisica del furto semplice.

L’incompatibilità con la tenuità del fatto

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto infondato anche il primo motivo di ricorso. L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. è esclusa quando la condotta, sebbene possa aver causato un danno patrimoniale limitato, presenta profili di gravità significativi. I giudici hanno evidenziato che il furto è stato commesso in un luogo pubblico e con uno ‘strumentario proprio di una rudimentale organizzazione’. Questi elementi, nel loro complesso, dimostrano una non trascurabile pericolosità sociale del soggetto, incompatibile con i presupposti della ‘particolare tenuità del fatto’.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando come il giudice di secondo grado avesse già fornito una motivazione logica e completa, che il ricorrente non aveva adeguatamente contestato. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato la gravità della condotta, non solo per le modalità esecutive (uso di attrezzi in luogo pubblico), ma anche per ciò che esse rivelavano sulla personalità dell’imputato. L’organizzazione, seppur rudimentale, e l’azione di manomissione sono state considerate indici di una pericolosità sociale che impedisce di qualificare il fatto come ‘tenue’. La Corte ha quindi riaffermato un principio consolidato: l’asportazione di una ruota tramite ‘sbullonamento’ non è un furto semplice, ma un’azione che implica una manomissione e un mutamento di destinazione del bene, integrando pienamente l’aggravante della violenza sulla cosa.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione conferma un orientamento giuridico rigoroso. La distinzione tra furto semplice e aggravato non dipende solo dal valore del bene sottratto, ma soprattutto dalle modalità della condotta. L’uso di strumenti per superare le difese naturali di un bene (come i bulloni che fissano una ruota) qualifica l’azione come violenta e, di conseguenza, più grave. Questa decisione serve da monito: anche per reati apparentemente minori, la presenza di aggravanti come la violenza sulla cosa può avere conseguenze significative, escludendo benefici come la non punibilità per tenuità del fatto e confermando la condanna penale.

Perché svitare i bulloni per rubare una ruota è considerato furto con violenza sulla cosa?
Perché tale azione richiede un’energia e l’uso di strumenti specifici che vanno oltre la semplice sottrazione fisica (amotio). La Corte considera lo ‘sbullonamento’ una manomissione che altera la destinazione del bene, integrando così l’aggravante.

È possibile applicare la non punibilità per ‘tenuità del fatto’ in un caso di tentato furto di ruota?
No, secondo questa ordinanza non è possibile. La Corte ha ritenuto che le modalità della condotta (luogo pubblico, uso di attrezzi, rudimentale organizzazione) dimostrino una gravità e una pericolosità sociale del soggetto incompatibili con i presupposti della tenuità del fatto previsti dall’art. 131-bis c.p.

Qual è la differenza tra la normale attività fisica del furto semplice e la violenza sulla cosa?
La normale attività fisica (amotio) è quella necessaria per spostare un oggetto da un luogo a un altro senza alterarlo. La violenza sulla cosa, invece, si verifica quando si impiega energia per rompere, danneggiare, trasformare o manomettere l’oggetto o le sue connessioni per potersene impossessare, come nel caso dello svitare i bulloni di una ruota.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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