Furto con Videosorveglianza: Reato Tentato o Consumato? La Risposta della Cassazione
Molti credono che la presenza di telecamere in un negozio renda impossibile portare a termine un furto, relegando l’azione a un semplice tentativo. Ma è davvero così? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza su un punto cruciale: il furto con videosorveglianza è da considerarsi consumato a tutti gli effetti. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire le implicazioni pratiche e i principi giuridici applicati.
I Fatti del Caso: Due Furti in Supermercati
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per due episodi di furto aggravato, commessi in due diversi supermercati. L’imputato, non accettando la condanna, ha presentato ricorso in Cassazione tramite il suo difensore, sollevando tre questioni principali.
I Motivi del Ricorso e il Furto con Videosorveglianza
L’imputato ha basato il suo ricorso su tre motivi distinti, cercando di smontare l’impianto accusatorio.
La Legittimità della Querela
In primo luogo, ha contestato la validità delle querele. Per il furto avvenuto nel primo supermercato, ha messo in dubbio che il responsabile della sicurezza avesse il potere di sporgere querela. Per il secondo episodio, ha sostenuto che la procura speciale conferita al rappresentante del negozio non fosse sufficientemente specifica.
La Questione del Furto con Videosorveglianza: Tentativo o Consumazione?
Il secondo, e più rilevante, motivo di ricorso riguardava la qualificazione del reato. Secondo la difesa, la presenza di un sistema di videosorveglianza avrebbe impedito l’effettivo impossessamento della merce, trasformando il reato da consumato a tentato. Questa distinzione è fondamentale, poiché il tentativo di reato è punito con una pena inferiore.
La Valutazione della Pena
Infine, l’imputato ha criticato la determinazione della pena, il riconoscimento della recidiva e la mancata applicazione dell’articolo 131 bis del codice penale, che prevede la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo inammissibile in ogni sua parte. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni dell’imputato non fossero altro che la ripetizione di doglianze già correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e basata su consolidati principi giurisprudenziali per ciascuno dei motivi di ricorso.
In merito alla querela, i giudici hanno stabilito che il responsabile della sicurezza di un negozio, in virtù dei suoi poteri di vigilanza e custodia sui beni, è pienamente legittimato a sporgere querela. Allo stesso modo, una procura speciale rilasciata dal legale rappresentante di un’azienda per denunciare fatti illeciti non necessita di specificare ogni singolo reato, essendo valida per tutti i fatti che danneggiano gli interessi della società.
Sul punto centrale del furto con videosorveglianza, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il reato di furto si considera consumato nel momento in cui avviene la sottrazione del bene e il conseguente impossessamento da parte del ladro. Il sistema di videosorveglianza non impedisce questo evento; piuttosto, agisce come un ausilio a posteriori, utile per l’individuazione del colpevole. Non essendo un monitoraggio preventivo costante che blocca l’azione sul nascere, la sua presenza non è sufficiente a degradare il reato da consumato a tentato.
Infine, anche le censure relative alla pena sono state respinte, poiché la Corte di merito aveva motivato in modo puntuale e corretto le sue decisioni sulla dosimetria, sulla recidiva e sul diniego della causa di non punibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma con fermezza due importanti principi. Primo, la legittimazione a sporgere querela per furto in un esercizio commerciale è ampia e include figure come i responsabili della sicurezza. Secondo, e più importante, la sola presenza di telecamere di sorveglianza non basta a qualificare un furto come semplice tentativo. Il reato si perfeziona con l’impossessamento della merce, e la videosorveglianza non è, di per sé, un fattore che impedisce il completamento dell’azione criminosa. Questa decisione offre un importante riferimento per tutti i casi di furto in negozi e supermercati, stabilendo che la tecnologia di sorveglianza è uno strumento di prova e non un’attenuante per il reo.
Chi può sporgere querela per un furto in un supermercato?
Secondo la Corte, la querela può essere validamente proposta dal responsabile della sicurezza del negozio, in quanto investito di poteri di vigilanza e custodia sui beni presenti all’interno dell’esercizio commerciale.
Un furto con videosorveglianza in un negozio è considerato tentato o consumato?
È considerato un furto consumato. La Corte ha stabilito che il sistema di videosorveglianza non impedisce l’impossessamento del bene da parte del ladro, ma rappresenta solo un ausilio successivo per l’individuazione del colpevole. Pertanto, il reato si consuma nel momento della sottrazione.
Una procura speciale rilasciata da un’azienda per sporgere querela deve elencare i singoli reati?
No. La Cassazione ha confermato che una procura speciale rilasciata dal legale rappresentante di un ente non deve necessariamente contenere l’indicazione dei singoli reati. Può essere intesa come conferita per tutti i fatti che danneggiano gli interessi della società.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33338 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33338 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CIVITANOVA MARCHE il 09/07/1969
avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 10.1.2025 la Corte d’appello di Ancona ha “cbilfermato la sentenza con cui il Tribunale di Pesaro in data 20.2.2023 aveva ritenuto NOME NOME responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 624, 625 n 2 cod.pen. (capi 1) e 2) dell’imputazione) condannandolo alla pena ritenuta di giustizia (mentre veniva invece emessa sentenza di non doversi procedere per assenza della condizione di procedibilità in relazione al reato sub 3)).
Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione articolando tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce il vizio nnotivatorio e la violazione di legge con riguardo alla insussistenza dei requisiti minimi per sporgere la querela.
Con il secondo motivo deduce il vizio motivatorio e la violazione di legge in ordine al riconoscimento dell’ipotesi tentata.
Con il terzo motivo deduce il vizio nnotivatorio e la violazione di legge in ordine alla dosimetria della pena, al riconoscimento della recidiva contestata e l’erronea motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 131 bis cod.pen.
L’imputato ha depositato conclusioni scritte.
3. Il ricorso é inammissibile.
Il primo motivo é inammissibile in quanto reitera analoga doglianza mossa con l’atto di appello senza confrontarsi con le statuizioni della sentenza impugnata che ha correttamente ritenuto che con riguardo al furto perpetrato presso lo “RAGIONE_SOCIALE” di Fano, deve riconoscersi la diretta legittimazione a proporre querela al COGNOME, in quanto responsabile della sicurezza e quindi investito di poteri di vigilanza e custodia sui beni (in applicazione del principio da ultimo sancito da Sez. 4, n. 7193 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 285824).
Con riguardo invece al furto perpetrato preso la “RAGIONE_SOCIALE“, la legittimazione deriva dai poteri conferiti con la procura speciale allegata alla querela in conformità al principio secondo cui la procura speciale rilasciata in via preventiva dal legale rappresentante di un ente, ai sensi dell’art. 37 disp. att. cod. proc. pen., non deve contenere l’indicazione dei singoli reati rispetto ai quali è consentito il compimento dell’atto cui la procura si riferisce, ben potendosi intendere conferita con riferimento a tutti i fatti che danneggiano gli interessi della società e pertengono all’oggetto (Sez. 2, n. 22506 de/16/07/2020, Rv. 279288).
Del pari inammissibile é il secondo motivo di ricorso in quanto reiterativo di analoga doglianza cui la Corte di merito ha puntualmente risposto in conformità al principio secondo cui integra il furto consumato – e non il furto tentato – la
sottrazione di bene appartenente a un terzo all’interno di un supermercato, avvenuta in zona monitorata dal sistema di videosorveglianza, considerato che gli addetti alla vigilanza non operano alcun preventivo monitoraggio della “res” in possesso del terzo e il sistema di videosorveglianza rappresenta un mero ausilio a posteriori per l’individuazione degli autori dell’impossessamento del bene altrui (Sez. 5, n. 54 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 274381).
Inammissibile é anche il terzo motivo di ricorso avendo la Corte di merito risposto in maniera puntuale e conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di diniego dell’art. 131 bis cod.pen., applicazione recidiva e dosimetria della pena.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.9.2025