Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34604 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/05/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo tre motivi: a. violazione di legge e vizio motivazionale in ordine al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1 n.7, cod. peip.; b. vizio di motivazione relativamente alla non corretta applicazione dei principi in tema di recidiva; c. vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il primo ed il secondo motivo non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il terzo motivo afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello di Catania che appare logica e congrua, nonché corretta in COGNOME punto COGNOME di COGNOME diritto COGNOME e COGNOME pertanto COGNOME immune COGNOME da COGNOME vizi COGNOME di COGNOME legittimità.
3.1. Quanto al primo ed al secondo motivo i giudici del gravame di merito hanno legittimamente ravvisato la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., rilevando come la mera presenza di sistemi di videosorveglianza non integri una forma di difesa assoluta rispetto al rischio di sottrazione o danneggiamento dei beni, tanto più considerando che l’area di parcheggio del supermercato, in quanto spazio esterno, risultava facilmente accessibile a chiunque (fol. 3 della sentenza impugnata).
Sul punto la sentenza impugnata si colloca nel solco del consolidato orientamento di questa Vorte di legittimità secondo cui, n tema di furto, la circostanza
aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157 01; conf. Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265808 01; Sez. 5, n. 45172 del 15/05/2015, Cacopardo, Rv. 265681 – 01).
3.2. Allo stesso modo, La Corte ha fatto buon governo dei principi inerenti all’applicazione della recidiva, sul rilievo che il ricorrente era già stato dichiarato recidivo ed aveva commesso, nei cinque anni precedenti al reatc oggetto del presente procedimento, altri reati della stessa indole per i quali ha riportato condanne definitive.
Sono stati ritenuti evidenti, dunque, i presupposti per l’applicazione della recidiva contestata emergendo dal casellario in atti come il ricorrente abbia commesso una pluralità di furti a distanza ravvicinata nel tempo che evidenziano la pericolosità sociale finalizzata alla commissione dei delitti con scopo lucrativo.
Ciò ha fatto nel solco dell’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice ha il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente ta loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838), fermo restando che l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva rientra nell’esercizio dei poteri discrezionali del giudice, su cui incombe solo l’onere di fornire adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo che giustifichi l’aumento di pena (Cfr. Corte Cost. sent. n. 185 del 2015 nonché, ex plurimis, sez. 2, n. 50146 del 12/11/2015, COGNOME ed altro, Rv. 265684).
3.3. Quanto al terzo motivo di ricorso inerente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art.62-bis cod. pen. in regime di prevalenza, la Corte di appello di Catania ha adeguatamente motivato circa l’adeguatezza della pena erogata con riguardo alla complessiva entità del fatto e alla
personalità dell’autore, in ossequio ai criteri di dosimetria di cui all’art.133 cod. pen.
Nel caso di specie, la declarata recidiva reiterata precludeva la prevalenza delle attenuanti richieste, e tale esito appare giustificato alla luce dei parametri valutativi, atteso che i plurimi procedimenti penali emergenti dal casellario giudiziale in atti attestano una radicata inclinazione del ricorrente alla commissione di reati contro il patrimonio e di natura predatoria. A nulla rilevano, a tal fine, né la condotta collaborativa tenuta dall’imputato né le condizioni di indigenza in cui versa, fronteggiabili mediante gli ordinari strumenti di assistenza sociale (fol. 4 della sentenza impugrkaa).
La sentenza impugnata si colloca pertanto nell’alveo del consolidato e condivisibile dictum di questa Corte di legittimità secondo cui le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U., n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 dell’8/6/2017; COGNOME, Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del 23/5/2007, COGNOME Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, COGNOME, Rv. 229298). Tale giudizio, in altri termini, è congruamente motivato alla stregua anche solo di blcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e dela somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.