Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10447 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10447 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a PAVIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME a PAVIA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a MELZO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12.05.2023, la Corte di appello di Milano, ha confermato la pronuncia di primo grado del 14.11.2022 emessa dal Tribunale di Pavia – in sede di giudizio abbreviato – che aveva condanNOME gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, riconosciuta la continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche in equivalente alla contestata recidiva, alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed 1.200 di multa ciascuno, poiché riconosciuti responsabili dei reati pp. e pp. dagli art. 624-bis, 625 comma 1, n.5 e 7 cod. pen. di cui al capo 1); pp. e pp dagli artt.110, 337 c pen. di cui al capo 2); pp. e pp. dagli artt.110, 648, comma 2 cod. pen. di cui al capo 3)
Avverso la predetta sentenza, ricorrono autonomamente gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
L’imputato NOME COGNOME ricorre per cassazione tramite il proprio difensore d fiducia AVV_NOTAIO, affidando le censure ad un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’art.624-bis cod. pen.
La nozione di strappo usata dalla Corte per ritenere sussistente il reato di all’art.624-bis cod. pen. è giuridicamente errata.
Innanzitutto, il reato sarebbe stato provato sulla base delle dichiarazioni del COGNOME (l’addetto alla sicurezza che aveva tentato di riprendere uno dei beni, già caric sull’autovettura), dalle quali però non deriverebbe la configurabilità giuridica del fur strappo, in quanto l’art.624-bis presuppone un’azione violenta sulla cosa che determini l spossessamento della stessa a chi la detiene e non a chi sta cercando di recuperarla da chi se ne è già impossessato.
In secondo luogo, la Corte ha presupposto una nozione di strappo contraria al dato testuale dell’articolo 624-bis cod. pen. ed in contrasto sistematico con altre no dell’ordinamento, a tale riguardo la difesa prende in considerazione il rapporto tra ra propria ed impropria al fine di comprendere come l’una sia condotta diversa dall’altra, ta è che costituiscono due fattispecie autonome e distinte. Nel reato di rapina l’uso di viol o minaccia, dopo la sottrazione della cosa mobile altrui, per assicurarsi il possesso d cosa sottratta, è punito dall’art.628 comma 2 cod. pen., fattispecie distinta rispetto a que della rapina propria, in cui la violenza è indirizzata alla sottrazione dell detiene. Nel caso del furto con strappo, la condotta punibile ha una struttura quella rapina, distinguendosi da questa poiché la violenza dell’agente è indirizza e non alla persona; in tale caso però l’ordinamento non contiene una previsione ch
il furto con strappo, connotato da una violenza sulla cosa finalizzata non a sottrarre la a chi la detiene, ma ad assicurarsi il possesso della cosa già sottratta.
Infine, la motivazione della Corte è illogica laddove sostiene che lo strappo operato pervenuti fosse “contestuale” alla sottrazione della merce e finalizzato all’impossessament della stessa; se si può convenire che la resistenza al tentativo di recupero di parte merce fosse finalizzato a conservarne il possesso, appare evidente che il tratteniment forzoso della merce esercitato da uno dei pervenuti non fosse affatto contestuale al sottrazione della merce, in quanto la sottrazione è avvenuta alcuni minuti prima mediante una condotta distinta ed autonoma.
L’eventuale riqualificazione del fatto contestato da furto con strappo aggravato a fu aggravato consentirebbe di evitare l’impossibilità, sancita dall’art,624 bis comma 4 c pen., di effettuare un bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti cui all’art.635 comma 1 n.5 e 7 cod. pen, il quale è stato escluso proprio sulla base di rilievo; sarebbe dunque possibile una rideterminazione della pena in senso più favorevole a ricorrente.
L’imputato NOME COGNOME ricorre per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, articolando le censure con quattro motivi.
4.1. Con il primo motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione agli artt. e 624-bis cod. pen. con particolare riferimento alla errata qualificazione giuridica del contestato al capo 1) dell’imputazione.
La Corte ha evidenziato come lo strappo fosse contestuale alla sottrazione della merce e fosse chiaramente finalizzato all’impossessamento della stessa. Si ribadisce come l’azione perpetrata dagli imputati per impossessarsi dei beni fosse stata compiuta interamente all’interno dell’esercizio commerciale, senza che fosse necessario il ricorso ad alcuna for di violenza sui beni che erano stati sottratti. Le dichiarazioni rese dal vigilante Ch nell’immediatezza del fatto non facevano alcun riferimento ad un furto con strappo; il s intervento, volto a recuperare il possesso dei beni, si era verificato in un succes momento, all’esterno dell’esercizio commerciale, mentre due degli imputati erano impegnati a collocare la merce asportata all’interno del veicolo di cui avevano la disponibilità ed il era al posto di guida. Il travisamento si verifica nel punto in cui, nel caso di specie, l con cui gli imputati si erano impossessati dei beni si era già ‘precedenza conclusa momento dell’uscita degli stessi dall’esercizio commerciale senza che fosse stata esercitat alcuna forma di violenza, mentre la fattispecie di reato prevista e punita dall’art.62 cod. pen. pone la violenza sulle cose come dato caratterizzante dell’azione direttamente finalizzata allo spossessamento del bene.
Il fatto contestato agli imputati a! capo 1) avrebbe dovuto essere qualificato ai sen degli artt.624, 625 comma 1 nn. 5 e 7 cod. pen., così come correttamente ipotizzato dagli
operanti che hanno proceduto all’arresto nel relativo verbale. Quanto accaduto sul piazzal del supermercato costituirebbe un mero post factum non punibile, in quanto non coperto da alcuna norma di legge.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso contesta violazione di legge in relazio all’art.116 cod. pen. con particolare riferimento al mancato riconoscimento del cd concors anomalo rispetto al capo 1) dell’imputazione.
La Corte, rinviando alla motivazione espressa nella pronuncia di primo grado, ha escluso il riconoscimento in favore dell’imputato dell’applicazione dell’art.116 cod. p ritenendo che il reato concretamente commesso non poteva dirsi diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti trattandosi in realtà del medesimo reato chiamato con un diverso nomen iuris (furto con strappo invece che furto semplice). In realtà, l’imputato, an secondo quanto riferito da tutti i presenti sul piazzale del supermercato, una vo avviciNOMEsi alla Panda si sedeva immediatamente ai posto di guida e nulla poteva immaginare di quanto stava accadendo mentre i coimputati caricavano i beni sul mezzo. L’eventuale strappo operato da uno dei coimputati sullo scatolone del televisore si collo quindi in un momento successivo alla consumazione del concordato reato di furto aggravato da parte degli imputati e non rientrava nel novero dei fatti prevedibili dall’imputato NOME che con il suo comportamento ha dimostrato di essere determiNOME ad allontanarsi il prima possibile.
4.3. Con il terzo motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione in ordine al manca riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all’art.62, comma n.4 e 6 cod. pen.
La Corte ha escluso l’applicabilità in favore dell’imputato della circostanza attenuan considerando il valore di tutta la merce di cui gli imputati si erano impossessati uscendo supermercato ed argomentando che detta circostanza trova applicazione soltanto quando il soggetto abbia agito per conseguire un lucro di particolare tenuità.
A parere della difesa, l’attenuante sarebbe da valutare non solo in considerazione del valore dei beni, bensì anche in riferimento al fatto che i suddetti beni, nel corso di un b arco temporale, non solo sono tornati nella piena disponibilità dell’avente diritto, ma anche stati restituiti in perfette condizioni e subito ricollocati in vendita azzer comunque riducendo, l’entità del danno patrimoniale che la persona offesa avrebbe subito. La Corte ha precisato che la restituzione non sarebbe avvenuta spontaneamente; a tal riguardo, la Sent. n.46758/2021 Cass. Sez. Il Pen. ha affermato che ai fini d riconoscimento della sussistenza dell’attenuante di cui all’art.62, comma primo, n.6 cod pen. non è necessario che l’attività del reo sia spontanea, in quanto è sufficiente che si di una attività volontaria.
La condotta posta in essere dall’imputato COGNOME dopo la commissione del furto, volta a garantirsi la fuga volontariamente abbandonando la merce rubata sul piazzale del posteggio del supermercato, integra la volontaria restituzione almeno di parte della stessa
dunque può essere e deve essere valutata in favore dell’imputato COGNOME ai fini d riconoscimento dell’attenuante di cui all’art.62 comma 1 n.6 cod. pen.
4.4. Con il quarto motivo di ricorso contesta vizio di motivazione in relazione all’ar comma 4 cod. pen., con particolare riferimento alla mancata disapplicazione della recidiv reiterata in capo all’imputato.
La Corte ha richiamato la pronuncia di primo grado, non fornendo una adeguata motivazione in ordine alle articolate contestazioni mosse sul punto nell’atto di appell difesa sottolinea come la ridotta caratura criminale dell’imputato e la risalente datazione suoi precedenti penali avrebbero dovuto essere quantomeno valutati dalla Corte, così come richiesto nell’atto di appello, nell’ottica di una rivalutazione dell’effettiva sussiste contestata e ritenuta recidiva, tanto più che il Tribunale, mentre da un lato aveva rite sussistente la contestata recidiva sulla base dei precedenti dell’imputato (risalenti nel t ed oggettivamente non idonei a supportare quella valutazione di maggiore censurabilità della condotta e pericolosità dell’imputato richieste dalla legge e dalla giurispruden dall’altro aveva poi considerato l’assenza, tra i suoi precedenti, di reati connotati da vio contro la persona nonché il ridottissimo spessore criminale dell’imputato, alla b dell’ordinanza del 16.11.2023 con cui, all’esito del processo di primo grado, ave provveduto alla sostituzione della misura custodiale all’epoca in corso con quel decisamente meno afflittiva dell’obbligo di prestazione alla P.G. (mentre i due coimputat alla luce dei rispettivi precedenti penali, erano stati mandati agli arresti domiciliari).
L’imputato COGNOME ricorre per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure a quattro motivi di ricorso.
5.1. Con il primo denuncia erronea applicazione della legge penale con riferimento alla qualificazione del fatto in furto con strappo ed in particolare alla nozione di concor reato.
La Corte si è limitata a richiamare la pronuncia di primo grado, affermand l’irrilevanza della circostanza che la condotta violenta posta in essere dagli imputati f avvenuta in un momento successivo all’asportazione dei beni dagli scaffali dell’eserciz commerciale, ritenendo che lo strappo anche se non contestuale sarebbe stato pur sempre finalizzato all’impossessamento della merce.
La difesa evidenzia che affinché possa sussistere la fattispecie di cui all’art.624-bi condotta debba essere caratterizzata da una forma di violenza, seppure esercitata sulle cose e non sulle persone, direttamente finalizzata allo spossessamento del bene (Cass. Pen. Sez. V sent. 4497/2016). Nel caso di specie, non vi è tale requisito in quanto la violenza è st esercitata in un momento successivo nei confronti dell’addetto alla vigilanza, il quale intervenuto per cercare di recuperare la merce precedentemente asportata.
Il reato dovrebbe dunque essere riconfigurato in furto semplice, dunque anche il trattamento sanzioNOMErio dovrebbe essere ridetermiNOME.
5.2. Con il secondo motivo contesta erronea applicazione della legge penale in riferimento all’ipotesi di concorso di persone.
La Corte, confermando la pronuncia di primo grado, estendeva la fattispecie aggravata di cui all’art.624-bis a tutti gli imputati, nonostante fosse emerso con certezza c soltanto uno dei partecipanti avesse realizzato la condotta dell’impossessamento dei beni sottraendoli dagli scaffali dell’esercizio commerciale. Per configurarsi concorso moral materiale è necessaria la coscienza e volontà del fatto criminoso con la consapevolezza di concorrere nella realizzazione del reato; la fattispecie di cui all’art.110 cod. pen. richi contributo causale alla realizzazione del fatto tipico che può concretizzarsi nell’aver sorgere l’altrui proposito criminoso e nell’averlo rafforzato, ovvero nell’aver agev l’azione illecita materialmente posta in essere da altri.
Non si possono ritenere condivisibili le argomentazioni della Corte per cui la condot violenta di uno dei correi fosse prevista e considerata dagli altri quale conseguenza ulteri della condotta concordata; proprio per le modalità in cui si realizzava il disegno crimino le circostanze in cui si svolgevano i fatti, sembra inverosimile la prevedibilità degli eve parte di tutti i correi.
5.3. Con il terzo deduce vizio di motivazione in ordine alla configurazione del reato resistenza di cui all’art. 337 cod. pen.
La Corte non ha preso in considerazione le censure proposte in appello secondo cui a condurre l’autovettura fosse il coimputato e che di conseguenza lo stesso avrebbe dovuto essere considerato l’unico responsabile del reato contestato. La motivazione della Corte non contiene l’iter logico seguito dal giudice per il proprio convincimento, dunque si presenza di motivazione apparente per cui la sentenza deve considerarsi nulla (Cass. Ord. n.5927 del 7 feb 2023).
5.4. Con il quarto motivo contesta vizio di motivazione con riferimento sia a contestazione di cui all’art.624-bis, sia nel punto riguardante l’ipotesi di ricettazione.
La Corte estende la fattispecie di cui all’art.624-bis a tutti gli imputati, affermand la condotta violenta di uno dei correi fosse prevista e considerata dagli altri conseguenza ulteriore della condotta concordata. Tale assunto è illogico in quanto proprio l modalità e le circostanze in cui si realizzava la condotta criminosa, potendo essere la stes interrotta in qualsiasi momento dagli addetti alla sicurezza, difficilmente avrebb consentito ai partecipanti di prevedere tutti gli sviluppi successivi al momento d sottrazione della merce degli scaffali.
La motivazione è carente con riferimento alla parte riguardante la contestazione della ricettazione, in particolare per quanto concerne la consapevolezza della provenienza illeci dell’auto su cui venivano ritrovati gli imputati.
La Corte ha fondato il proprio convincimento sulla colpevolezza del COGNOME sulla base di un ragionamento presuntivo, privo di fondamento o di riscontri oggettivi, condizioNOME dai precedenti penali dello stesso e sulla circostanza che COGNOME e COGNOME si fossero frequent nei giorni immediatamente precedenti ai fatti.
I ricorsi sono stati trattati – ai sensi dell’art., 23, comma 8, del d. I. n. 137 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, co modificato dall’art. 17 dl. 22 giugno 2023 n. 75, per le impugnazioni proposte sino quindicesimo giorno successivo al 31.12.2023 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi;
i difensori degli imputati COGNOME e COGNOME hanno insistito nell’accoglimento dei risp ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1.11 ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME.
Quanto all’unico motivo articolato sulla qualificazione giuridica del fatto di cui al imputazione n. 1), ricondotto all’ipotesi delittuosa del furto con strappo prevista dall’a bis c.p., si osserva che esso è indeducibile nella presente sede di legittimità pe attraverso i vizi denunciati – violazione di legge e vizio di motivazione – mira ad una di valutazione del fatto che è stato già oggetto di puntuale disamina da parte dei giudi merito, disamina che ha condotto, nelle conformi pronunce di primo e secondo grado, ad una ricostruzione differente da quella offerta in ricorso, con la quale, in definitiva, l mostrano di non essersi adeguatamente confrontate.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entr i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte, Sez dicembre 2003, n. 4842, Elia, rv. n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato ne sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze e dal ricorrente, benché prospettati come vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbit delle censure di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla con il ricorso per cassazione, sono inammissibili ai termini dell’articolo 606, comma 3, proc. pen.
In tema di motivi di ricorso non sono deducibili censure attinenti a vizi della motiva diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità e dalla sua contradditor (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), quanto ad aspetti essenziali ad imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza , la manca di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle d prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del elemento” (cfr., da ultimo, Cassazione, Sez.2 , n. 9106 del 12/2/2021, COGNOME, Rv 280747 e Cassazione, Sez. 6, n. 13809 del 17/3/20:15, 0, Rv. 262965).
Ciò posto va, per altro verso, rilevata la manifesta infondatezza dell’impostazione seguit fini della diversa qualificazione giuridica del fatto proposta dal ricorso. Ed invero, va p che lo “strappo”, che contraddistingue la fattispecie di furto prevista dall’art. 624-b consiste in una condotta connotata da un qualche grado di violenza, esercitata sulla cosa non sulla persona (visto che, altrimenti, concreterebbe il più grave delitto di rapina: tante, Sez. 2, n. 2553 del 19/12/2014, dep. 2015, Rv. 262281), come diretto strumento dell spossessamento del bene (cfr. 2 Sez. 5, n. 44976 del 09/06/2016, Rv. 268148); e nel caso di specie i giudici di merito hanno ritenuto acclarato alla stregua delle emergenze in oggetto di valutazione congrua non specificamente contestata ma unilateralmente modificata – che uno degli imputati ha afferrato lo scatolone contenente un televisore, strappand dalle mani dell’addetto alla sicurezza che stava cercando di tirarlo fuori dal cofano autovettura da essi utilizzata.
Per tale ragione, appare pienamente condivisibile la qualificazione giuridica del fatto di capo 1) compiuta dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto integrata la fattispecie previs dall’art. 624-bis c.p. osservando che lo strappo era contestuale alla sottrazione della merc finalizzato all’impossessamento della stessa, non ancora intervenuto. Lo strappo, infat secondo la ricostruzione dei giudici di merito è avvenuto in un momento in cui la refur non era ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo ed ent nell’autonoma ed effettiva disponibilità degli imputati. Proprio alla realizzazione risultato era, infatti, finalizzata l’azione violenta esercitata sulla cosa allo scopo di c l’intervento difensivo “in continenti” da parte dell’addetto alla sicurezza; né d’altronde contestato o ravvisato altro, se non tale condotta risoltasi nel momento cruci dell’impossessamento.
2.11 ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME.
2.1. Quanto al primo motivo valgono le considerazioni già svolte al punto 1.1. presente considerato con riferimento allo speculare motivo del ricorso proposto nell’intere del COGNOME.
2.2. Quanto al secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento del concorso anomalo di cui all’art. 116 c.p. per il capo di imputazione n. 1), devono richiamarsi innanz principi di questa Corte in tema di limiti che connaturano il ricorso per cassazione ripor premessa al punto 1.1. del presente considerato, risultando anche le censure sollevate co motivo in scrutinio dirette, nella sostanza, a sollecitare una diversa valutazione de ruotando esse direttamente intorno a determinate circostanze che risultano peralt estrapolate dal ben più ampio contesto ricostruttivo tracciato dai giudici di merito; hanno in particolare tra l’altro evidenziato come nel caso di specie il reato commesso non affatto del tutto diverso da quello programmato, trattandosi unicamente di nomen iuris diverso a fronte di una fattispecie che è comunque quella di furto.
Esso è in ogni caso anche manifestamente infondato. Infatti, la responsabilità d compartecipe ex art. 116 c.p. può essere configurata solo quando l’evento diverso non si stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indetermiNOME, alterna eventuale) e, dunque, a condizione che tale evento non sia stato considerato come possibil conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata (Sez. 2, n. 48330 del 26/11/2015, Rv. 265479, relativa ad una rapina di cui l’imputato, pur rimasto in automobi è stato ritenuto colpevole a titolo di concorso ordinario ex art. 110 c,p. con l’autore mat rientrando in uno sviluppo dinamico prevedibile il passaggio dalla violenza sulle cose, ti della concordata fattispecie di furto con strappo, alla violenza sulle persone).
Deve quindi ritenersi del tutto corretto il riconoscimento della configurabilità del co ordinario, e non anomalo, nel caso di specie, in cui la condotta di strappo era certamente sviluppo dinamico pienamente prevedibile, e sicuramente rappresentato quanto meno sotto il profilo del dolo indiretto, nell’ambito del furto programmato.
2.3.Deve ritenersi manifestamente infondato anche il terzo motivo, relativo al mancat riconoscimento delle attenuanti previste dall’art. 62, comma 1, nn. 4 e 6, c.p.
Appare pienamente condivisibile, anzitutto, la valutazione compiuta nella sentenza di meri che ha escluso la prima attenuante sulla base della considerazione che il valore della mer sottratta ammontava a quasi 2.000 euro e ha considerato irrilevante la circostanza che i be siano poi tornati nella disponibilità dell’avente diritto.
Sul punto, va richiamata la giurisprudenza di questa Corte che ha chiarito che, in tema furto, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di particolare l’entità del danno cagioNOME alla persona offesa deve essere verificata al momento del consumazione del reato; ciò nondimeno assume tuttavia rilievo, ove il bene risulti ritorNOME nella disponibilità dell’avente diritto, la durata dell’impossessamento da dell’autore del reato. Si è infatti condivisibilnnente affermato che agli effetti della cir
attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 cod. pen. la durata del danno nel reato di furto assume rilevanza solo come elemento complementare – e non alternativo – di quello del valore del cosa sottratta. Ne consegue che, se la cosa è di grande valore in sé, a nulla rileva che stata sottratta soltanto per brevi momenti: il danno è obiettivamente grave per il solo dello spossessamento, sia pure limitato nel tempo. Al contrario, nel caso di recupero brevissimo tempo di una somma sottratta di non grossa entità, il danno di speciale tenui può ravvisarsi, nella indifferenza del valore della cosa sottratta, in ragione del pregiudizio che la breve sottrazione ha causato. E nel caso di specie il mantenimento del be per un lasso di tempo non trascurabile a fronte del valore dello stesso ha evidentement inciso sulla decisione di non riconoscere l’attenuante in argomento.
Altrettanto corretta risulta l’esclusione della seconda attenuante, essendo evidente che circostanza (la quale esige che la riparazione del danno – mediante le restituzioni risarcimento – sia integrale) non è ravvisabile nell’ipotesi di abbandono di parte della re allo scopo di darsi alla fuga, a causa del sopravvenuto intervento — nel caso di specie sorvegliante, prima, e dei Carabinieri, poi (cfr. per tutte, Sez. 2, n. 1789 del 07/07/19 180400 – 01 che ha affermato che per l’applicabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 n. pen., si richiede che la riparazione del danno, tanto nella Forma specifica della restitu quanto in quella del risarcimento, sia effettiva, integrale e volontaria. La detta circo pertanto, non può trovare applicazione in tema di furto, allorché la cosa sottratta sia restituita per effetto dell’intervento della forza pubblica ed indipendentemente dalla vo del colpevole, e cioè senza la sua partecipazione, a nulla rilevando che il medesimo abb risarcito, successivamente, gli eventuali danni residui).
2.4. Infine, deve rilevarsi la manifesta infondatezza anche del quarto motivo, dato che motivazione della sentenza impugnata in ordine all’applicabilità della recidiva appare del congrua alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. S 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878), e ciò senza considerare che già la pronuncia di primo grado aveva indicato le ragioni che militano per la sussistenza della recidiva c correttamente fa rilevare la Corte di appello; questa, rimandando ai precedenti per fur ricettazione risultanti a carico del COGNOME ha ritenuto che per la loro vicinanza temp perfetta omogeneità coi reati oggetto del presente procedimento, fossero idonei a fondare giudizio di recidiva espresso, risultando in definitiva la qualificata relazione ravvisata far ritenere gli ultimi delitti di maggiore riprovevolezza della condotta e di pericolosit autore; e ciò evidentemente con valutazione distinta rispetto a quella svolta in sede caute che portava, in ogni caso, appunto, e solo in una fase successiva alla sua applicazione, una sostituzione della misura applicata non già alla revoca.
3.11 ricorso presentato nell’interesse di NOME.
3.1. Quanto al primo motivo valgono le considerazioni già svolte al punto 1.1. presente considerato con riferimento al ricorso proposto nell’interesse di COGNOME.
3.2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, in quanto dalla ricostruzion della sentenza impugnata ha emergono con chiarezza i requisiti oggettivi e soggettivi d concorso di persone nel reato; in proposito, possono richiamarsi le argomentazioni sviluppa nell’esame del secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME.
3.3. Il terzo motivo è anch’esso aspecifico e manifestamente infondato poiché l motivazione della sentenza impugnata dà congruamente conto delle ragioni per le quali deve ritenersi configurato il reato di resistenza a pubblico ufficiale e il relativo concorso imputati, compreso il COGNOME.
D’altra parte, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che Non configur cosiddetto concorso “anomalo” di cui all’art. 116 cod. pen., ma rientra nella comune discipl del concorso di persone l’ipotesi in cui vengano commessi reati ulteriori rispetto a q programmato, sia pure ad esso collegati (Sez. 4, n. 49897 del 18/10/2018, Rv. 273998 – 01.
Fattispecie in cui all’accordo fra i correi per commettere un furto avevano fatto segui ulteriori reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie, commessi durante l seguito dell’intervento della polizia giudiziaria; conf. Sez. 6, Sentenza n. 254 02/05/2013, Rv. 255474 – 01).
3.4. Infine, quanto al quarto motivo, esso è generico dal momento che a pag. 24 l sentenza impugnata ha adeguatamente già indicato gli elementi, anche in fatto, che depongono pienamente per la configurazione, anche sotto il profilo soggettivo, del reato ricettazione in capo a tutti gli imputati, compreso il COGNOME. Sicché il motivo oltre che g è indeducibile anche perché teso a sollecitare una diversa valutazione di merito.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità dei ricor consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugNOMErio, al versamento, in favore dell cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6/2/2024.