Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35506 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35506 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Bari ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di furto con strappo.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su 4 motivi (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deduce la violazione di legge per aver la Corte territoriale omesso di considerare adeguatamente le circostanze addotte dalla difesa a sostegno dell’invocata riqualificazione in delitto tentato, stanti l’inseguimento operato dall persona offesa e il successivo arresto in flagranza (motivo primo). Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione in merito alla ritenuta insussistenza delle attenuanti generiche. Il giudice d’appello si sarebbe limitato a ripetere le argomentazioni della sentenza di primo grado senza motivare in ragione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. Con i motivi terzo e quarto si deducono, rispettivamente, la violazione di legge per l’omessa sostituzione della pena con una delle pene sostitutive introdotte dalla c.d. «Riforma Cartabia» (d.lgs. 150 del 2022) e l’omessa valutazione in merito all’applicabilità nella specie dell’art. 131bis cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
4. Il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01 si vedano altresì: Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione). Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali il ricorren vorrebbe sostituirsi alla valutazione del giudice di merito in merito circa la qualificazione giuridica dei fatti accertati. La Corte d’appello, con motivazione coerente e non manifestamente illogica, ha difatti valorizzato, ai fini della ritenuta consumazione del reato in ragione dell’avvenuto impossessamento, la circostanza dell’avere la persona offesa seguito il reo in funzione recuperatoria del borsello ormai fuoriuscito dalla propria sfera di controllo e le modalità del successivo arresto: eseguito dalle forze dell’ordine in modo ritenuto del tutto casuale e quindi non all’esito di predisposizione di un servizio di polizia giudiziaria con modalità tali da escludere l’impossessamento.
Sul punto, peraltro, la Corte territoriale ha mostrato corretta applicazione del principio, con il quale invece il ricorrente non si confronta con censura che, quindi, sul punto di mostra altresì manifestamente infondata, per cui il reato di furto si consuma quando il bene passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente, sicché sono irrilevanti sia il fatto che la res furtiva rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa, con la possibilità del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalità di custodia e di trasporto (Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, T., Rv. 283544 01).
Parimenti inammissibile è la seconda censura, con la quale il ricorrente, non confrontandosi con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata, deduce l’assenza di motivazione del rigetto del motivo d’appello sindacante la ritenuta insussistenza delle attenuanti generiche (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano i riferimenti giurisprudenziali di cui al precedente paragrafo n. 4, anche con particolare riferimento all’inammissibilità
del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata). Diversamente da quanto prospettato dal ricorso, la Corte territoriale, è lungi dal non aver motivato. Confrontandosi con le specifiche deduzioni difensive di cui al relativo motivo d’impugnazione, i giudici di merito hanno escluso le citate attenuanti per la ritenuta insussistenza di elementi fattuali positivamente apprezzabili in tal senso, tra cui anche una particolare condotta processuale essendosi essa sostanziata solo nell’esercizio (pur legittimo) della facoltà di non rispondere e nella definizione con le forme del giudizio abbreviato. Scelta, quest’ultima, è stata ritenuta dal giudice d’appello inidonea, di per sé, a fondare un giudizio positivo ai fini delle attenuanti generiche in conformità a principio di legittimità con il quale il ricorrente non confronta il proprio dire con motivo che, pertanto, sotto tale profilo si mostra anche manifestamente infondato (ex plurimis, Sez. 3, n. 46463 del 17/09/2019, Puccio, Rv. 277271 – 01).
Sono infine inammissibili i motivi terzo e
6.1. Il primo di essi deduce l’omessa sostituzione della pena con una delle pene sostitutive introdotte dalla c.d. «Riforma Cartabia» (d.lgs. 150 del 2022), non solo in termini aspecifici circa la pena sostitutiva e i relativi presupposti d fatto ma anche in assenza di deduzioni difensive in merito prospettate al giudice d’appello, per quanto emerge dalla sentenza impugnata sul punto non sindacata dal ricorrente (in merito si vedano, ex plurimis: Sez. 6, n. 25199 del 04/04/2025, G., Rv. 288314 – 01; Sez. 2, n. 14168 del 25/03/2025, Messini, Rv. 287820 – 01).
6.2. Con l’ultimo motivo si deduce invece l’omessa valutazione dell’applicabilità nella specie dell’art. 131-bis cod. pen. (non dedotta in appello) senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata dal cui apparato emerge anche sul punto il sotteso iter logico-giuridico, laddove a pag. 3 si esplicita la complessiva gravità del fatto tanto da escludere il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale (in tema si veda, ex plurimis, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096 01).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen. (equa in ragione dell’evidenziata causa d’inammissibilità).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 settembre 2025 Il GLYPH igliefrestensore GLYPH
Il Presidente